Vita, morte, tecnica, progresso: l’avvenire della vita secondo J. Attali (1981)

È dunque un problema di tecnologia della pensione che determina l’accettabilità della durata in vita.

Da parte mia, in quanto socialista, sono obiettivamente contro l’allungamento della vita perché si tratta di uno specchietto per le allodole, di un falso problema. Io credo che porsi questo tipo di problemi permetta di evitare le questioni più essenziali, come quella della liberazione del tempo realmente vissuto nella vita presente. A che serve vivere fino a 100 anni se guadagniamo 20 anni di dittatura?

M.S.: Il mondo a venire, “liberale” o “socialista”, avrà bisogno di una morale “biologica”, di crearsi un’etica della clonazione o dell’eutanasia, per esempio.

J.A.: L’eutanasia sarà uno degli strumenti essenziali delle nostre società future, qualunque cosa possa capitare. In una logica socialista, per cominciare, il problema si pone come segue: la logica socialista è la libertà, e la libertà fondamentale è il suicidio; di conseguenza, il diritto al suicidio diretto o indiretto è quindi un valore assoluto in questo tipo di società. In una logica capitalista, delle macchine per uccidere – delle protesi che permetteranno di eliminare la vita quando essa sarà troppo insopportabile o economicamente troppo costosa, vedranno la luce e saranno cose di pratica quotidiana. Io penso quindi che l’eutanasia, che sia un valore di libertà o una merce, sarà una delle regole della società futura.

M.S.: Gli uomini di domani non saranno condizionati dalle sostanze psicotrope e sottomesse a manipolazioni di tipo psichico? Come premunirsi?

J.A.: Le sole precauzioni che si possano prendere sono legate al sapere e alla conoscenza. Oggi è essenziale proibire un grandissimo numero di droghe, arrestare la proliferazione di droghe del condizionamento; ma forse la diga s’è già rotta…

Forse che la televisione, sul suo piano, non è una droga eccessiva?

Forse che l’alcool non è sempre stato una droga eccessiva? La peggiore delle droghe è l’assenza di cultura. Gli individui vogliono le droghe perché non hanno cultura. Perché ricercano l’alienazione a mezzo delle droghe? Perché hanno preso coscienza della loro impotenza a vivere e questa impotenza si traduce concretamente nel rifiuto totale della vita.

Una scommessa ottimistica sull’uomo sarebbe dire che se l’uomo avesse la cultura, nel senso degli strumenti del pensiero, potrebbe sfuggire alle soluzioni di impotenza. Dunque affrontare il male alle radici significa dare agli uomini un formidabile strumento di sovversione e di creatività.

Io non credo che l’interdizione delle droghe sarebbe sufficiente, perché se non si attacca un problema alle sue radici si ricade inevitabilmente nell’ingranaggio poliziesco, ed è peggio.

M.S.: Per l’avvenire come fronteggeremo la malattia mentale?

J.A.: Affronteremo il problema dell’evoluzione della medicina delle malattie mentali in due tempi. In un primo tempo ci saranno ancora delle droghe, gli psicotropi, che da 30 anni corrispondono a un vero progresso della medicina mentale.

Mi sembra che in un secondo tempo, e per ragioni economiche, si metteranno in opera un certo numero di mezzi elettronici, che saranno sia metodi di controllo del dolore (bio-feedback eccetera) sia un sistema informatico di dialoghi psicanalitici.

Questa evoluzione avrà per conseguenza il condurre a quello che io chiamo l’esplicitazione del normale; vale a dire che i mezzi elettronici permetteranno di definire con precisione il normale e di quantificare il comportamento sociale. Quest’ultimo diventerà economicamente consumabile perché esisteranno i mezzi e i criterî di conformità alle norme. A lungo termine, quando la malattia sarà vinta, insorgerà la tentazione di conformità al “normale biologico” che condiziona il funzionamento di una organizzazione sociale assoluta.

La medicina è rivelatrice dell’evoluzione di una sovietiche si orienta domani verso un totalitarismo decentralizzato. Si avverte già un certo desiderio, conscio o inconscio, di conformarsi il più possibile a delle norme sociali.

M.S.: Questa normalizzazione coatta la vede reggere per tutti i dominî della vita, compresa la sessualità, visto che la scienza permette oggi la dissociazione pressappoco totale della sessualità e della concezione?…

J.A.: Da un punto di vista economico, ci sono due ragioni che mi permettono di pensare che si andrà molto lontano.

La prima riguarda il fatto che la produzione degli uomini non è ancora un mercato come gli altri. Seguendo la logica del mio ragionamento generale, non si vede perché la procreazione non dovrebbe diventare una produzione economica come le altre.

Si può perfettamente immaginare che la famiglia o la donna non siano che dei mezzi di produzione di un oggetto particolare, il bambino.

Si può, in qualche modo, immaginare delle “matrici di locazione” che già fin d’ora sono tecnicamente possibili. Quest’idea corrisponde precisamente a un’evoluzione economica nel senso che la donna o la coppia si iscrivono nella divisione del lavoro e nella produzione generale. Così sarà possibile comprare bambini come si comprano delle noccioline o un televisore.

Una seconda ragione, importante e legata alla prima, potrebbe spiegare questo nuovo ordine famigliare. Se sul piano economico il bambino è una merce come le altre, la società lo considera ugualmente tale, ma per delle ragioni sociali. In effetti, la sopravvivenza delle collettività dipende da una demografia sufficiente per la sua sussistenza. Se per delle ragioni economiche la famiglia non desidera avere più bambini, quest’attitudine si oppone evidentemente all’interesse della collettività. Appare così una contraddizione assoluta fra l’interesse della famiglia e quello delle società. Il solo mezzo per risolvere questa contraddizione è immaginare che la società possa comprare dei bambini a una famiglia che verrebbe a sua volta pagata. Non penso a degli assegni famigliari, che sono degli incentivi deboli. Una famiglia accetterebbe di avere molti bambini se lo Stato garantisse loro da una parte il versamento di assegni sostanziali progressivi, e d’altra parte la totale presa in carico della vita materiale di ogni bambino. In questo schema, il bambino diventerebbe una sorta di moneta di scambio nei rapporti tra l’individuo e la collettività.

Quello che sto dicendo non è da parte mia una sorta di accondiscendenza a quello che pare essere l’inevitabile. È un avvertimento. Io credo che il mondo che si prepara sarà talmente spaventoso da significare la morte dell’uomo. Bisogna dunque prepararsi a resistergli e mi sembra che oggi il miglior modo di farlo sia comprendere, accettare la battaglia per evitare il peggio. Ecco perché tiro le conseguenze del mio ragionamento…

Informazioni su Giovanni Marcotullio 296 articoli
Classe 1984, studî classici (Liceo Ginnasio “d'Annunzio” in Pescara), poi filosofici (Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, PhD RAMUS) e teologici (Pontificia Università Gregoriana, Pontificio Istituto Patristico “Augustinianum”, Pontificia Università “Angelicum”, PhD UCLy). Ho lavorato come traduttore freelance dal latino e dal francese, e/o come autore, per Città Nuova, San Paolo, Sonzogno, Il Leone Verde, Berica, Ταυ. Editor per Augustinianum dal 2013 al 2014 e caporedattore di Prospettiva Persona dal 2005 al 2017. Giornalista pubblicista dal 2014. Speaker radiofonico su Radio Maria. Traduttore dal francese e articolista per Aleteia Italiano dal 2017 al 2023.

2 commenti

  1. Salve!
    Non sono riuscito a leggere tutto quando parla di cristiani e di ‘cannibalismo’ non mi sembra così profondo o geniale. Ma sicuramente sono io che non comprendo e forse non ne ho nemmeno le capacità.
    Ma quando dice che la libertà porterà all’eutanasia pur se come ragionamento ha una logica mi sembra che gli sfugga che il suo ‘cannibalismo’ o le sue previsioni sull’eutanasia hanno il limite proprio nel concetto di vita. La mia personale e certamente semplice idea è duplice:
    — lui , come molti altri, ha voluto -grazie alle grandi capacità della sua mente-
    scandagliare un po’ troppo e forse ha perso di vista le “basi”;
    — il concetto di vita -che mi sembra lui non provi mai nemmeno a sfiorare- è
    molto più che semplicemente antitetico al concetto di morte o di cannibalismo o di eutanasia o di Male…
    scusate se esprimo un mio concetto molto basico ma la vita è sempre superiore alla Morte, al Male eccetera perché questi -tutte questi aspetti antagonisti- esistono perché è la Vita che li fa esistere.
    Insomma ho come l’impressione che il sig. Attali pur di radici e pensiero molto lontani da Nietzche, leggendo il testo proprosto ho avuto l’impressione -forse sbagliata per i miei limiti- che alla fin fine i concetti di Attali non fossero altro che una nuova versione del nichilismo…
    Vabbè per me esercitarsi in elucubrazioni tali ha l’utilità e la durata di un ghiacciolo al sole di Agosto ergo tanto di cappello alla bravura ed alla genialità e va bene anche che “qualcosa si deve pur fare per mangiare” ma nemmeno lui può vedere il futuro e per questo assolutamente mai prevederlo anche se è un esercizio, la previsione, più amato ed assolutamente sopravvalutato dagli uomini.
    saluti
    RA

  2. scusate ho scritto nel box senza rileggermi e di fretta…la fretta fa compiere un bel po’ di errori di sintassi..

Di’ cosa ne pensi