«We are glorious»: l’(insidiosa) via della carne verso il Mistero

I am not a stranger to the dark
Hide away, they say
‘Cause we don’t want your broken parts
I’ve learned to be ashamed of all my scars
Run away, they say
No one’ll love you as you are
But I won’t let them break me down to dust
I know that there’s a place for us

For we are glorious

When the sharpest words wanna cut me down
I’m gonna send a flood, gonna drown them out
I am brave, I am bruised
I am who I’m meant to be, this is me
Look out ’cause here I come
And I’m marching on to the beat I drum
I’m not scared to be seen
I make no apologies, this is me

Oh-oh-oh-oh (x4)
Oh-oh-oh, oh-oh-oh, oh-oh-oh, oh, oh

Another round of bullets hits my skin
Well, fire away ’cause today, I won’t let the shame sink in
We are bursting through the barricades and
Reaching for the sun (we are warriors)
Yeah, that’s what we’ve become (yeah, that’s what we’ve become)
I won’t let them break me down to dust
I know that there’s a place for us

For we are glorious

When the sharpest words wanna cut me down
I’m gonna send a flood, gonna drown them out
I am brave, I am bruised
I am who I’m meant to be, this is me
Look out ’cause here I come
And I’m marching on to the beat I drum
I’m not scared to be seen
I make no apologies, this is me

Oh-oh-oh-oh (x4)
Oh-oh-oh, oh-oh-oh, oh-oh-oh, oh, oh

This is me
and I know that I deserve your love

(Oh-oh-oh-oh) ’cause there’s nothing I’m not worthy of
(Oh-oh-oh, oh-oh-oh, oh-oh-oh, oh, oh)

When the sharpest words wanna cut me down
I’m gonna send a flood, gonna drown them out
This is brave, this is proof
This is who I’m meant to be, this is me

Look out ’cause here I come (look out ’cause here I come)
And I’m marching on to the beat I drum (marching on, marching, marching on)
I’m not scared to be seen
I make no apologies, this is me

When the sharpest words wanna cut me down
I’m gonna send a flood, gonna drown them out
I’m gonna send a flood
Gonna drown them out
Oh
This is me.

Chi ha visto il film musical “The Greatest Showman” avrà riconosciuto il testo di una delle canzoni che compongono la storia del musical. Cosa c’entra con la Pasqua di Resurrezione? Cosa con la Gloria di Cristo a Pasqua?

[SPOILER ALERT: racconterò la trama del film fino alla fine!]

Dall’ombra alla luce: la gloria dei reietti

Nell’Ottocento Phineas Barnum, il protagonista (Hugh Jackman), conduce una vita faticosa e dedita, circondato dall’amore della moglie, che ha abbandonato una vita di agii per sposarlo, e delle figlie1Il personaggio è realmente esistito, il film “The Greatest Showman” è il racconto romanzato di una parte della vita e delle azioni di quest’uomo, uomo di spettacolo – forse il primo – dell’Ottocento, negli U.S.A.. Dopo l’ennesimo licenziamento ottiene un prestito per comprare un museo nel quale mette su la sua impresa di spettacolo composta da reietti che ogni sera inscenano “il più grande degli spettacoli”. Reietti: la donna barbuta, l’uomo “più grasso del mondo”, il più alto, l’uomo coperto di tatuaggi, due trapezisti neri, il nano e altri. Phineas vede in loro un potenziale dove tutti vedono pure deformità o scherzi della natura. In questo spettacolo gli uomini e le donne del “circo” – così un critico chiamerà con disprezzo la compagnia – trovano un luogo e un modo in cui manifestare se stessi senza nascondersi. Non solo, lì dentro sembrano trovare una famiglia dove essere trattati con rispetto, dai colleghi e da Phineas stesso. Il quadro idilliaco viene spezzato dal lento scivolare di Phineas Barnum nella vanità. I dubbi espressi dal critico severo su di lui, l’accusa di essere un truffatore teso soltanto all’incasso dello spettacolo, sembrano trovare una conferma. Phineas viene irretito dalle luci delle approvazioni quando riesce  portare la cantante Lind nei suoi spettacoli. Finalmente Phineas viene accolto nelle cerchie di coloro che valgono offrendo un concerto, quindi un evento dal valore artistico riconosciuto. La sua discesa inizia da quella sera e lo porterà a trascurare la famiglia e i suoi circensi e a rischiare un azzardo finanziario senza consultare la moglie – anzi a rischiare la relazione con lei per la cantante innamorata di lui. Prima ancora di percorrere la china discendente un evento segna in particolare questo successivo percorso. Dopo il concerto della Lind Phineas ha organizzato una festa a base di champagne, presente la crema della società. I suoi circensi, dopo esser già stati posti in un lato oscuro del teatro, sono chiusi fuori da Phineas, che non vuole sfigurare davanti alla sua nuova cerchia. La compagnia, delusa, si allontana dal teatro verso l’edificio in cui si esibisce tutte le sere. In questo tragitto troviamo la canzone il cui testo si trova in apertura dell’articolo.

Il canto è una protesta in più tempi. I protagonisti del canto ben conoscono lo sguardo scarnificante e graffiante che li accoglie quando si mostrano e i saggi consigli di chi gli suggerisce di nascondersi, così come la disperante sensazione di annegare nel disprezzo e nella vergogna. A questo però i protagonisti reagiscono rivendicando di avere trovato un posto per sé, di essere pronti a combattere abbattendo le barricate e raggiungendo il sole, fuori dall’ombra: sono diventati guerrieri e non si lasceranno affondare. A concludere questa reazione di fierezza è un grido: «this is me» – questo sono io. In mezzo al passaggio dalla constatazione della profonda prostrazione in cui sono vissuti e a cui hanno pensato di essere destinati e la loro rivolta contro chi li vuole affondare e l’esibizione di sé, senza più vergogna, sta un’affermazione. «For we are glorious» – perché siamo gloriosi: questa frase è ripetuta due volte per poi perdersi nell’estasi della rivendicazione della luce e della lotta.

La potenza di queste parole è straordinaria e sembra essere il gradino di appoggio che permette a queste donne e a questi uomini di passare dalla prostrazione dalla commiserazione ad una fierezza inaspettata. Essi scoprono di essere degni di essere visti, scoprono di avere una propria casa e perciò un proprio compito – visibilità e peso: il senso della gloria. In questo periodo pasquale questa canzone e questa piccola frase in particolare possono essere raccolti con un significato particolare. La Resurrezione è il momento della glorificazione di Gesù, il Crocifisso, che si presenta agli apostoli con i segni della passione, con piaghe e ferite. Infatti uno degli aspetti su cui i testi del Nuovo Testamento insistono molto è che il Gesù risorto che appare loro non è un fantasma (uno pneuma, cf. Lc 24, 37.39), ma un uomo in carne ed ossa, che addirittura mangia con loro. Non solo, il corpo del Risorto presenta appunto i segni della passione, non è un corpo rifatto a nuovo, che cancelli le impronte della vita.

Corpo del Risorto e corpi del mistero cristiano

L’importanza di questo dato offerto dalla Rivelazione cristiana non può essere sopravvalutato. Secondo Tommaso d’Aquino era conveniente che il corpo del Risorto conservasse le cicatrici delle ferite subite nella Passione perché quelle ferite non erano segno di deformità o di impotenza, ma di trionfo e dignità e perché in eterno sia mostrata al Padre quale genere di morte Gesù abbia sofferto in favore dell’uomo2Possiamo trovare questo articolo nella Summa Theologiae, III, q. 54 a. 4.. La persistenza delle ferite non è semplicemente compensata dalla gloria o dalla vittoria finale3I lettori più attenti di Tommaso noteranno che proprio nello stesso articolo citato, nella risposta alla seconda obiezione, si trova scritto che «sebbene vi sia una certa soluzione di continuità [nel corpo di Gesù, a causa delle ferite], tutto ciò è compensato dal maggiore splendore della gloria» (S. Th. III, q. 54, a. 4, ad 2 traduzione e corsivo miei). In quanto risposta ad un’obiezione essa assume l’orizzonte dell’obiezione. Ebbene l’obiezione riprende la questione discussa nell’articolo precedente, la convenienza che Cristo risorga con un corpo integro, ma la riprende in senso materialistico, come se fosse un rozzo conteggio di carne mancante. Là invece Tommaso difende la reale integrità del corpo di Cristo come corpo umano, fatto di carne ed ossa, rispetto alle ipotesi volatilizzanti di un corpo celeste, quindi non umano., perché esse stesse sono il segno della potenza operante in Cristo durante la passione. Soprattutto esse sono in eterno il segno del valore attribuito da Dio all’uomo, in un duplice senso: -perché sono le ferite sopportate in favore dell’uomo, -perché ciò per cui Cristo è morto, l’uomo, è lì in eterno, completo delle ferite della passione.

Nel Cristianesimo questo corpo glorioso alla destra del Padre non è isolato, perché un legame sacramentale e misterioso unisce queste diverse realtà: -Gesù nel suo corpo fisico; -il corpo ecclesiale; -il singolo uomo e credente; -l’uomo come prossimo; -i sacramenti come azioni di incorporazione e liberazione; – la Parola di Dio scritta; -la vita del credente4Sulla circolarità di rapporti, ma anche sull’ordine loro proprio, tra il credente, Cristo e il suo corpo, la Chiesa e la Scrittura (come corpo!) vale la pena leggere il libricino di Hans Urs Von Balthasar, Parola e mistero in Origene, Jaca Book, Milano 1991: si trova bene in giro, e a poco prezzo. Non si legge a poco impegno, ma tralasciando le note si legge scorrevolmente, e quando si legge di un gigante che legge un altro gigante non si può mai dire di aver sprecato sudore. Se state leggendo questo articoletto, come rapporto qualità/sudore farete un affare molto maggiore.. Quando si allude alla “misteriosità” di questo legame non si intende usare un termine equivalente ad “oscuro” o “ignoto”, ma spolverato di religiosità. In senso cristiano se si dice “mistero” non si intende semplicemente un qualcosa non-conosciuto, sicché rispetto ad esso, come per gli interruttori, varrebbero semplicemente due possibilità: yes/not, on/off, acceso/spento. E siccome non si può passare da off a on allora non rimane che credere – come fosse acceso – qualcosa che è spento, che non sappiamo. Il mistero è una realtà agibile ovvero in cui si entra, che si realizza, di cui si partecipa, che si approfondisce per una strana sinergia tra due agire: -una chiamata che noi non possiamo produrre e -l’operare della nostra libertà.

E qual è l’oggetto del mistero per cui debbano valere queste condizioni, invece della rassicurante yes/not on/off? Gesù Cristo? Sicuramente, ma non al di fuori del legame con le altre realtà5Il Nuovo Testamento e la teologia lungo i secoli hanno evidenziato la presenza e l’agire di Cristo nella creazione e nella storia della Chiesa e dell’uomo. La creazione in Cristo, Gesù – Logos che agisce nella storia per attirare al Padre, l’azione dello Spirito che dà forma cristica all’uomo, alla Chiesa e all’umanità: ecco alcuni dei fondamenti dogmatici di questa concezione del Mistero cristiano.. Il mistero riguarda una realtà personale, è conoscenza ed amicizia e in questo senso si può capire perché non possa valere per esso il codice binario, se non agli estremi, in rare occasioni. Il legame tra i “corpi” – della Scrittura, della Chiesa, dell’uomo come prossimo, del singolo, della sua vita, di Gesù stesso – va penetrato vivendoli e attuandoli, purché si abbia ricevuto la chiamata e si impegni la propria libertà nel farlo. Per questo si è detto che il mistero cristiano è agibile in quanto è compito affidato alla libertà, ma è pure sinergia con l’agire di un Altro e di molti altri. Ciò significa che il mistero è, contemporaneamente, “oggetto” di azione e azione trascendente. In quanto oggetto di azione esso non può essere contemplato oziosamente, in quanto azione trascendente (che viene dall’alto) esso non è manipolabile: due deviazioni dal corretto modo di appropriarsi del mistero. In particolare la gloria del Corpo del Risorto – e di tutti i “corpi” legati a quello – non può diventare un puro oggetto di fruizione “estetica”, insieme oziosa e strumentale.

Manipolare o imitare: alternative davanti al mistero

Il film “The Greatest Showman” può venire di nuovo in soccorso a riflettere su questo aspetto6Dopo esser stato un’occasione di riflettere sulla Resurrezione di Gesù a partire da una storia nella quale donne e uomini ai margini hanno guadagnato coscienza di essere gloriosi. Si potrebbe senz’altro dire che oggi è possibile presentare questa coscienza di sé grazie al Cristianesimo. In altri tempi e altre culture il racconto di un gruppo di emarginati e de-formi che si fosse esposto fieramente sarebbe rimasto senza ascoltatori o sarebbe entrato di diritto nella sfera del comico. Invece del risibile o del ridicolo che spetterebbe di diritto ad una storia che coinvolge (anche) persone “peggiori di noi”, per esprimerci secondo i canoni aristotelici, abbiamo qui addirittura dei toni epici senza che ciò appunto susciti il riso amaro dello scherno o del sarcasmo. ovvero sulle deviazioni che possono affliggere persino l’annuncio che i nostri corpi (possono) essere destinati alla resurrezione7Per gli amici giustamente pignoli: secondo il Cristianesimo tutti sono destinati alla resurrezione, se alludiamo alla reintegrazione nella completezza della natura umana (i corpi che risorgeranno). Ma se intendiamo alla resurrezione nella quale parteciperemo alla glorificazione di Cristo, allora “possiamo” risorgere nella speranza fondata sulla nostra fede, purché operante nella carità.. Gli eventi in questa storia sono raccontati attraverso il medium del cinema (immagini, voci, musica) e ha per contesto sociale proprio il mondo dello spettacolo. Sia il mezzo che il contesto non sono indifferenti. La potenza visiva, gestuale e sonora del cinema e il contesto dello spettacolo esprimono alla seconda potenza il tema della glorificazione nella direzione della visibilità. Quei corpi disprezzati e deformi sono esposti, resi spettacolo. Qui sta la possibile ambiguità della resa della gloria in senso estetico. La fruizione secondo il piacere e il gusto del bello, pur paradossale in quanto riguardo a ciò che non è ritenuto né bello né desiderabile, rischia di essere un allontanamento di ciò che appare glorioso e che perciò, per la potenza del consenso che genera, può diventare oggetto e strumento di manipolazione. La compagnia di teatranti rimane pur sempre distante dalla vita di chi gode del loro spettacolo. Così, allo stesso modo, Phineas Barnum sembra aver sfruttato il grottesco della sua compagnia per procurarsi fama e riconoscimento.

Tuttavia, mentre in questa storia l’errore è morale e nel finale il protagonista riscatta se stesso, riguardo alla gloria del Risorto l’errore è tale da compromettere alle radici l’appropriazione nel rapporto di fede del corpo del Crocifisso Risorto e dei corpi ad esso legati. Ovvero, per sciogliere l’enigma: la gloria – visibilità e peso – viene dalla potenza di quel Risorto nella carne che è tale in quanto porta i segni della Passione e viene riconosciuto proprio in quanto colui che ha donato se stesso nella sconfitta. Tale gloria quindi deve spingere all’imitazione della potenza di Dio secondo la forma resa visibile in quel Corpo, e in tutti i corpi ad esso legati: la Scrittura, la Chiesa, il prossimo, i Sacramenti, l’esistenza di ognuno. La donazione di sé per portare tutti al Padre, la cura del prossimo, la frequentazione della Scrittura come storia di Dio con e per l’uomo, un’esistenza sotto la legge della grazia: in ordine sparso alcuni di questi richiami secondo la forma in cui la gloria si manifesta ed agisce in questi altrettanti corpi. Richiami che agiscono a partire dal centro e fonte di tutti questi corpi istituiti dallo Spirito nel Figlio: il corpo del Risorto, prova che le nostre storie non sono né senza senso, né in sé non glorificabili8Come se servisse una ri-creazione dal nulla per renderle “accettabili”: senza intento polemico, questa sembra più una prospettiva tradizionalmente luterana, alla Barth., né senza destinazione, ma chiamati e formati verso la gloria con Gesù, primogenito di una moltitudine di fratelli.

Ciò che non è esatto assunto, non è stato guarito.

Gregorio Nazianzeno, Epistola 101

Note

Note
1 Il personaggio è realmente esistito, il film “The Greatest Showman” è il racconto romanzato di una parte della vita e delle azioni di quest’uomo, uomo di spettacolo – forse il primo – dell’Ottocento, negli U.S.A.
2 Possiamo trovare questo articolo nella Summa Theologiae, III, q. 54 a. 4.
3 I lettori più attenti di Tommaso noteranno che proprio nello stesso articolo citato, nella risposta alla seconda obiezione, si trova scritto che «sebbene vi sia una certa soluzione di continuità [nel corpo di Gesù, a causa delle ferite], tutto ciò è compensato dal maggiore splendore della gloria» (S. Th. III, q. 54, a. 4, ad 2 traduzione e corsivo miei). In quanto risposta ad un’obiezione essa assume l’orizzonte dell’obiezione. Ebbene l’obiezione riprende la questione discussa nell’articolo precedente, la convenienza che Cristo risorga con un corpo integro, ma la riprende in senso materialistico, come se fosse un rozzo conteggio di carne mancante. Là invece Tommaso difende la reale integrità del corpo di Cristo come corpo umano, fatto di carne ed ossa, rispetto alle ipotesi volatilizzanti di un corpo celeste, quindi non umano.
4 Sulla circolarità di rapporti, ma anche sull’ordine loro proprio, tra il credente, Cristo e il suo corpo, la Chiesa e la Scrittura (come corpo!) vale la pena leggere il libricino di Hans Urs Von Balthasar, Parola e mistero in Origene, Jaca Book, Milano 1991: si trova bene in giro, e a poco prezzo. Non si legge a poco impegno, ma tralasciando le note si legge scorrevolmente, e quando si legge di un gigante che legge un altro gigante non si può mai dire di aver sprecato sudore. Se state leggendo questo articoletto, come rapporto qualità/sudore farete un affare molto maggiore.
5 Il Nuovo Testamento e la teologia lungo i secoli hanno evidenziato la presenza e l’agire di Cristo nella creazione e nella storia della Chiesa e dell’uomo. La creazione in Cristo, Gesù – Logos che agisce nella storia per attirare al Padre, l’azione dello Spirito che dà forma cristica all’uomo, alla Chiesa e all’umanità: ecco alcuni dei fondamenti dogmatici di questa concezione del Mistero cristiano.
6 Dopo esser stato un’occasione di riflettere sulla Resurrezione di Gesù a partire da una storia nella quale donne e uomini ai margini hanno guadagnato coscienza di essere gloriosi. Si potrebbe senz’altro dire che oggi è possibile presentare questa coscienza di sé grazie al Cristianesimo. In altri tempi e altre culture il racconto di un gruppo di emarginati e de-formi che si fosse esposto fieramente sarebbe rimasto senza ascoltatori o sarebbe entrato di diritto nella sfera del comico. Invece del risibile o del ridicolo che spetterebbe di diritto ad una storia che coinvolge (anche) persone “peggiori di noi”, per esprimerci secondo i canoni aristotelici, abbiamo qui addirittura dei toni epici senza che ciò appunto susciti il riso amaro dello scherno o del sarcasmo.
7 Per gli amici giustamente pignoli: secondo il Cristianesimo tutti sono destinati alla resurrezione, se alludiamo alla reintegrazione nella completezza della natura umana (i corpi che risorgeranno). Ma se intendiamo alla resurrezione nella quale parteciperemo alla glorificazione di Cristo, allora “possiamo” risorgere nella speranza fondata sulla nostra fede, purché operante nella carità.
8 Come se servisse una ri-creazione dal nulla per renderle “accettabili”: senza intento polemico, questa sembra più una prospettiva tradizionalmente luterana, alla Barth.

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