La teologia è un sapere scientifico? Un percorso (parte 2ª) – Intermezzo filosofico

La teologia è un sapere scientifico? In questo percorso che va dal XIII al XX secolo è il momento di un intermezzo filosofico. A funger da intermezzo è il criterio di demarcazione di Popper. È utile per due motivi:

  • esporre le conseguenze della rivoluzione che agli l’intervallo tra Tommaso e Popper: la nascita della scienza;
  • capire meglio alcune delle idee di Pannenberg.

Quale criterio per riconoscere una scienza?

Il contributo di Popper che prenderemo in esame è quello fornito all’epistemologia. Il nostro pensatore si interroga sullo statuto della scienza, cioé si chiede cosa sia che distingue una scienza da una pseudo-scienza. Popper si domanda quale sia il criterio di demarcazione, quello che distingue un sapere scientifico da uno non-scientifico – in particolare Popper è preoccupato dalle pseudoscienze. Facendosi questa domanda riprende un problema che diversi filosofi suoi compatrioti a Vienna credevano di aver risolto facendo appello al principio di induzione.

Tali studiosi pensavano di aver fondato in maniera inequivocabile la scienza sull’empiria, cioè sui fatti verificabili tramite esperimento. In questo modo peraltro ritenevano di aver anche espulso per sempre la metafisica dalla vera filosofia – la scienza. Infatti per loro tutte le affermazioni non fondate sulla verifica empirica erano non solo non passibili di verificazione, ma addirittura non significanti. Le asserzioni scientifiche (leggi e teorie) erano invece fondate sull’esperienza. Infatti per essi derivavano la loro validità da un numero sufficientemente elevato di osservazioni, dalle quali era lecito inferire validamente la legge (o la teoria). Così secolari osservazioni delle traiettorie dei pianeti potevano giustificare le leggi newtoniane della gravitazione.

Contro il principio di induzione

Popper ritene però logicamente infondata questa pretesa di giustificazione. Riprendendo la critica di Hume all’induzione nota che le osservazioni che giustificano le teorie sono sempre singolari, mentre leggi e teorie sono universali. Aver osservato cigni bianchi (finora) non permette di concludere in maniera incontrovertibile che tutti i cigni siano bianchi e soltanto bianchi. Infatti potrebbe capitare sempre un cigno nero (o nel caso del cigno più titolato d’Italia, bianconero). Se però si presume:

  • che (a) le teorie scientifiche siano fondate nell’esperienza per il principio di induzione;
  • ma (b) il principio di induzione non è valido perché lascia non fondate in maniera decisiva le leggi universali;
  • allora (c) le teorie scientifiche non sono fondate nell’esperienza.

Per Popper i positivisti che abbracciavano l’induzione invece che distinguere la fisica (la scienza) dalla metafisica rendevano ugualmente senza significato (logicamente fondato) entrambe.

Popper esce da questo impasse con la sua opzione di abbandono dell’ambizione di poter verificare le teorie o leggi scientifiche in maniera definitiva e bi-laterale. I positivisti infatti pretendevano che gli esperimenti potessero decidere una volta per tutte delle teorie: sia della loro verità come della loro falsità. Se dunque le osservazioni dei pianeti confermano le previsioni della teoria della gravitazione universale allora essa è vera (una volta per tutte). Se invece le osservazioni non corrispondono alle previsioni, essa è falsa. La verificazione definitiva però, come abbiamo visto prima per la critica al principio di induzione, è impossibile.

La falsificabilità come criterio

Il filosofo viennese tuttavia nota che c’è un’asimmetria logica tra il verificare e il falsificare una legge universale a partire da osservazioni singolari. Infatti un numero anche elevato di osservazioni corroboranti (confermanti) non fonda in maniera definitiva una legge universale. Al contrario basta un numero limitato di osservazioni singolari per dimostrare falsa una legge universale. La teoria newtoniana prevede certe orbite ellittiche dei pianeti del nostro sistema. Ebbene: l’osservazione di migliaia di traiettorie di questo tipo non toglie il rischio di osservare un’orbita deviante la prossima volta. Al contrario basta osservare un numero finito di orbite non ellittiche per confutare la teoria.

Da questa asimmetria Popper conclude che la falsificazione di una teoria ha una base logica consistente, al contrario del principio di induzione. Dunque si può utilizzare la falsificabilità di una legge o teoria come criterio di demarcazione. Criterio con cui si riesce a dare ragione della distinzione tra saperi scientifici e saperi non-scientifici. La falsificabilità individua i saperi che forniscono informazioni sul mondo empirico proprio per il fatto che “collidono” con l’esperienza. Quest’ultima può cioé invalidare teorie o leggi scientifiche perché queste possono essere controllate in maniera sistematica – tramite la pratica scientifica.

Ma io ammetterò certamente come empirico, o scientifico, soltanto un sistema che possa essere controllato dall’esperienza. Queste considerazioni suggeriscono che, come criterio di demarcazione, non si deve prendere la verificabilità, ma la falsificabilità di un sistema. In altre parole: da un sistema non esigerò che sia capace di essere valutato in senso positivo una volta per tutte; ma esigerò che la sua forma logica sia tale che possa essere valutato, per mezzo di controlli empirici, in senso negativo: un sistema empirico per essere scientifico deve poter essere confutato dall’esperienza.

Karl R. Popper, Logica della scoperta scientifica. Il carattere autocorrettivo della scienza, trad. it. di Mario Trinchero, Einaudi, Torino 2010, pagina 22 (parte I, capitolo 1, §

La preoccupazione di Popper come si può vedere è quella di conservare il riferimento all’esperienza – la controllabilità di una teoria – senza indulgere in atteggiamenti dogmatici. Ancora oggi nella divulgazione scientifica odierna lo scienziato è colui che sottopone a controllo le proprie teorie. Controllo che è in qualche modo ricerca (anche) di ciò che le può mettere in crisi. Così facendo è salva la distinzione della scienza da tutte quelle discipline che si presentano come scientifiche, ma non lo sono. Popper infatti è preoccupato non tanto di distinguere la fisica (scienza) dalla metafisica. Al nostro filosofo preme distinguere le scienze dalle pseudoscienze. Le pseudoscienze sono tutte quelle teorie e quei metodi che presentano un nucleo di caratteri accettati e difesi senza e contro ogni possibilità di controllo. (Pensiamo alle polemiche odierne sull’omeopatia o alle medicine alternative).

Limiti della proposta popperiana

Alludo soltanto ad un paio di critiche alla proposta di Popper. La prima afferma che di fatto la scienza (la comunità scientifica) reale non lavora come Popper ritenga che lo scienziato operi. Nessuno scienziato ricerca come distruggere la propria teoria. Né basta un numero limitato di osservazioni a decretare la fine di una teoria.

La critica forse più fondamentale è un’altra. Si è notato che il falsificazionismo non aggiunge alcuna certezza all’operare scientifico. Anzi, esso, come già il principio di induzione, si fonda. su una credenza implicita. Anche il falsificazionismo prevede che il mondo sia stabile e regolare, altrimenti le teorie non si potrebbero falsificare. In questo senso Popper avrebbe soltanto aggirato il problema posto dall’induzione, ma avrebbe fornito alla scienza un ideale regolativo, un argine contro le pseudoscienze.

Popper rinuncia dunque al carattere definitivo della verificazione scientifica mettendo in primo piano il riferimento alla controllabilità delle teorie sull’esperienza. Questo aspetto è passibile di un’estensione ad altri saperi, ciò che infatti verrà realizzato da Pannenberg, come vedremo.

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