La vorreste una sacca di sangue “forse” infetto di HIV?

Va a finire che faremo tutti come i testimoni di Geova e rifiuteremo le trasfusioni di sangue. Idea assurda? Insomma, mica tanto: dipende da cosa ci possiamo trovare, in quel sangue.

Infatti la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) è stata chiamata a pronunciarsi su un caso francese che farà scuola, nel bene e nel male: è discriminatorio o no vietare agli omosessuali di donare sangue se hanno avuto rapporti sessuali entro un anno?

Laurent Drelon, 48 anni, omosessuale francese, ha incassato ripetuti divieti di donare il sangue, dal 2004 ad oggi, perché la legge francese per l’appunto considera i rapporti omosessuali come gravemente a rischio per la trasmissione dell’HIV e quindi, in via cautelativa, vieta le donazioni di chi dichiara di averne avuti entro l’anno. Prima del 2016 vigeva addirittura un divieto assoluto per gli omosessuali (per una legge promulgata nel 1983, in piena esplosione emergenza AIDS). Dal 5 aprile 2016, gli omosessuali francesi possono essere formalmente donatori, a condizione che dichiarino nel colloquio preliminare di aver mantenuto una ferrea astinenza da almeno un anno.

Questo decreto si applica “indipendentemente dal fatto che il rapporto sia protetto o stabile, occasionale, multiplo o anonimo, o la condizione di sieropositività del partner”, e quindi, secondo l’avvocato di Drelon, Patrice Spinosi, determina di fatto una discriminazione degli omosessuali e dei bisessuali, oltre che violare il diritto al rispetto della vita privata, garantito dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Alla fine del 2017, il Consiglio di Stato francese aveva respinto la richiesta di quattro associazioni (Mousse, Stop Homophobie, Idaho Committee France e funzionari locali eletti contro l’AIDS) di eliminare questa condizione di astinenza.

Secondo il Consiglio di Stato, imponendo l’astinenza, il Ministero della Salute «non si basava sull’orientamento sessuale ma sul comportamento sessuale e non adottava una misura discriminatoria illegale».

Tale misura si imponeva per ragioni assolutamente scientifiche, scevre da ogni pregiudizio: secondo il lavoro dell’Istituto di monitoraggio della salute francese, la prevalenza dei portatori di HIV è circa 70 volte più alta tra gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini, rispetto a chi ha comportamenti eterosessuali. Non opinioni, ma fatti.

Il mondo ha già visto un’epidemia di HIV a causa delle donazioni di sangue: negli anni ’80 scoppiò uno scandalo in Canada che si concluse ufficialmente solo nel 1997, quando il giudice Horace Krever pubblicò un importante rapporto della commissione sui fallimenti sistemici nel sistema di donazione di sangue nel quale si può leggere come in Canada furono contagiati circa 2000 persone dal virus dell’HIV con sangue contaminato, a causa di diversi fattori, tra cui la decisione di importare plasma raccolto da popolazioni ad alto rischio negli Stati Uniti.

Urge ricordare che in Francia, come in Italia, vige il divieto di donare il sangue anche per tutti coloro che hanno vissuto in Gran Bretagna o in Irlanda per più di un anno tra il 1982 e il 1996, a causa del rischio teorico di trasmissione dell’encefalopatia spongiforme bovina, (la cosiddetta mucca pazza).

Pure in Italia, per donare il sangue, bisogna rispondere alle domande del medico sulle proprie abitudini sessuali, nonché sull’uso e abuso di alcool, droghe e farmaci, perché ciascuno è senz’altro libero di danneggiarsi la salute come preferisce, ma nel momento in cui ci si propone per aiutare il prossimo donando del proprio materiale biologico, è ovvio che bisogna garantire una qualità minima di ciò che si dà. Regalare una malattia ad una persona che si vorrebbe salvare non è propriamente un gesto altruistico.

Tra l’altro non c’è nessun bisogno di donare il sangue, da parte di chi non vuole o non può farlo: non è che si venga esclusi per questo dalla grande lotteria di fine anno.

È difficile comprendere l’accanimento di chi voglia donare il proprio sangue a tutti i costi, tanto da scomodare la CEDU, pur di vedersi accettare la propria sacca. O meglio, è assai facile capire che l’altruismo non c’entra proprio niente: qui qualcuno vuole giocare con la salute pubblica per ottenere l’ennesimo atto di riconoscimento ufficiale dell’omosessualità come orientamento sessuale equivalente all’eterosessualità.

1 commento

  1. Salve!

    30 anni fa quando ero giovane (27 anni) e quasi in perfetta salute
    avevo deciso, per seguire le orme di mio zio grande donatore Avis,
    di divenire donatore.

    Mi feci fare un esame completo del sangue -a mie spese-
    e lo portati al centro Avis più vicino per chiedere l’iscrizione a donatore.

    L’impiegato (o medico non saprei) controllò gli esami e mi rifiutò
    l’iscrizione per “trigliceridi troppo alti” (ecco perché ho scritto:
    quasi in perfetta salute) e vista la mia delusione aggiunse due
    frasi:
    “non vorrai che persone bisognose di sangue, quindi in difficoltà,
    ricevano sangue che gli causi altre difficoltà… vero?!”
    eppoi
    “molti si vogliono iscrivere solo per avere gli esami gratis!”
    (ma io me li ero pagati proprio per non passare da scroccone)

    Come nota a parte dovrei anche aggiungere che io ho
    il gruppo sanguigno “universale” ed anche se oggi
    ci sono tecnologie raffinate in merito, ai quei tempi il mio sangue
    avrebbe potuto essere donato ad una vasta platea di persone.

    …quindi direi al signor Drelon di mettersi il cuore in pace…

    saluti

    RA

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