Cari antibergogliani, imparate da S. Pio X come si ama il Papa

In un momento così buio, mentre la bianca veste di Pietro viene lordata dagli schizzi di fango e dal veleno di processi sommari celebrati da improvvisati tribunali del popolo mediatico, penso a san Pio X, il Papa simbolo della lotta antimodernista per il quale un certo giro cattolico tradizionalista nutre una venerazione che sconfina talora nell’adorazione.

Cosa avrebbe detto san Pio X di chi afferma di amare la Chiesa di Cristo mentre la sporca col fango del discredito? Perché non c’è dubbio che non può dire di amare la Chiesa chi non ama Pietro. «Credere nella Chiesa significa credere nel Papa», così ha scritto il Cardinale Newman1John Henry Newman, Lettera al duca di Norfolk, tr. it. San Paolo, 1999 (ed. or. 1874), p. 166..

Secondo papa Sarto il Romano Pontefice non va semplicemente ubbidito, giacché l’ubbidienza cristiana transita attraverso l’amore. Perciò il Papa va amato, come diceva nel 1912 rivolgendosi ai sacerdoti dell’Unione Apostolica, e attraverso l’amore per il Papa ci si santifica. «Amate il Papa!», esortava san Pio X.

Per amare il Papa, proseguiva Pio X, è sufficiente riflettere sulla figura del Santo Padre, modellata su una autorità naturale come quella paterna:

Il Papa è il guardiano del dogma e della morale; è il depositario dei principi che formano onesta la famiglia, grandi le nazioni, sante le anime; è il consigliere dei principi e dei popoli; è il capo sotto del quale nessuno sentesi tiranneggiato, perché rappresenta Dio stesso; è il padre per eccellenza che in sé riunisce tutto che vi può essere di amorevole, di tenero, di divino.

Ma non si ama soltanto nel segreto dei cuori. Anche l’amore per il Papa ha necessità di manifestarsi visibilmente. E cioè, secondo le parole di Maritain, «se si ama la Chiesa si ama il Papa, non solamente in modo astratto ed inefficace, ma praticamente, come l’evidente immagine di Cristo in mezzo a noi. Se si ama il Papa non si è tentati di misconoscerlo, si ha fiducia in lui, si oltrepassano d’un colpo tutti gli intermediari umani per unirsi alle sue intenzioni apostoliche»2Jacques Maritain, Primato dello spirituale, tr. it. Logos, Roma 1980 (ed. or. 1927), p. 106..

E come si deve amarlo il Papa? Non verbo neque lingua, sed opere et veritate. Quando si ama una persona si cerca di uniformarsi in tutto ai suoi pensieri, di eseguirne i voleri, di interpretarne i desideri. E se nostro Signor Gesù Cristo diceva di sé: si quis diligit me, sermonem meum servabit, così per dimostrare il nostro amore al Papa è necessario ubbidirgli.
Perciò quando si ama il Papa, non si fanno discussioni intorno a quello che Egli dispone od esige, o fin dove debba giungere l’obbedienza, ed in quali cose si debba obbedire; quando si ama il Papa, non si dice che non ha parlato abbastanza chiaro, quasi che Egli fosse obbligato di ripetere all’orecchio d’ognuno quella volontà chiaramente espressa tante volte non solo a voce, ma con lettere ed altri pubblici documenti; non si mettono in dubbio i suoi ordini, adducendo il facile pretesto di chi non vuole ubbidire, che non è il Papa che comanda, ma quelli che lo circondano; non si limita il campo in cui Egli possa e debba esercitare la sua autorità; non si antepone alla autorità del Papa quella di altre persone per quanto dotte che dissentano dal Papa, le quali se sono dotte non sono sante, perché chi è santo non può dissentire dal Papa3Pio X, Ai sacerdoti dell’Unione Apostolica in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione, 18 novembre 1912.

Parole esagerate, che valorizzano eccessivamente la funzione del papato pagando prezzo al clima ultramontanista dell’epoca? Forse. Ma mi chiedo quali parole rivolgerebbe oggi un redivivo san Pio X a quell’area tradizionalista che — coi suoi “dotti” in prima fila — ama un Pietro astratto ma non sembra amare affatto il Pietro vivente, concreto, in carne e ossa.

Non si tratta soltanto della contestazione sempre più aperta del suo insegnamento e della sua autorità. È qualcosa di più della semplice ribellione. Sempre Maritain ha parlato dell’idea-vampiro: l’idea che unisce nell’odio la carne e lo spirito legandoli come la carne e le ossa. Così uniti, l’idea e l’odio salgono dai bassifondi dell’anima per impadronirsi di tutto il soggetto umano4J. Maritain, La Chiesa del Cristo, tr. it. Morcelliana, Brescia 1972, pp. 186-187 e ss.. Dal sottosuolo dell’inconscio animale, l’idea-vampiro arriva col suo veleno a investire l’anima umana per asservirla alla menzogna e a una malvagia volontà di annientamento. L’idea-vampiro racchiude in sé un cuore di tenebra, ed è tanto più subdola quanto più si ammanta dei panni della virtù religiosa — so di chi è arrivato a offrire a Dio le proprie mortificazioni per vedere distrutte le attuali gerarchie ecclesiastiche, come se il Dio cristiano fosse un Wotan qualunque, la divinità germanica votata alla distruzione.

In questa sorda ostilità verso Pietro, non ho più dubbi, rivive l’antico odio gnostico per l’Incarnazione. Infatti il sommo pontefice è, per dirla con Fabrice Hadjadj,

la massima punta dell’Incarnazione, il contrappeso della materia a qualsiasi ideologia, ciò che spinge i fedeli a raccogliersi non soltanto intorno a una dottrina, ma anche intorno a un uomo con un volto e una storia, perché l’amore di Dio è indissociabile dall’amore del prossimo, e perché la voce di Cristo maestro deve ancora essere udita nella voce di questo magistrale prossimo — il Santo Padre5Fabrice Hadjadj, La fede dei demoni, tr. it. Marietti, Genova-Mlano 2010, p. 40..

Pietro, prossimo nostro, nell’ora più buia vogliamo stare al tuo fianco. Perché ubi Petrus, ibi Ecclesia.

Note

Note
1 John Henry Newman, Lettera al duca di Norfolk, tr. it. San Paolo, 1999 (ed. or. 1874), p. 166.
2 Jacques Maritain, Primato dello spirituale, tr. it. Logos, Roma 1980 (ed. or. 1927), p. 106.
3 Pio X, Ai sacerdoti dell’Unione Apostolica in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione, 18 novembre 1912
4 J. Maritain, La Chiesa del Cristo, tr. it. Morcelliana, Brescia 1972, pp. 186-187 e ss.
5 Fabrice Hadjadj, La fede dei demoni, tr. it. Marietti, Genova-Mlano 2010, p. 40.

3 commenti

  1. Ti seguo sempre a Radio Maria, mi aiuti sempre molto a riflettere e a calmarmi. Ho 58 anni, sono moglie e madre. Sono una convertita, ex atea, ex anticlericale, ex femminista, molti molti ex…Capisco ciò che dici, so che hai ragione. Ma il Papa per me ha fatto e detto in questi cinque anni cose che mi hanno colpito e ferito molto, sarebbe molto lungo…
    Piace troppo al mondo, troppo ai radicali, troppo agli scalfari e agli augias, troppo ai gay, troppo a peccatori che non hanno nessuna intenzione di rinunciare al proprio peccato. La mia conversione mi è costata lacrime e sangue, ho perso amici, parenti, persino la mia famiglia mi ha attaccato duramente. Uno dei miei più cari ex amici, entusiasta del Papa, mi ha detto :”Questo Papa ci piace, perchè non ci dice come dobbiamo vivere”
    Il suo messaggio è distorto dai media? Sì, senz’altro. Ma gli basterebbe poco per disilluderli…e spesso non lo fa.
    Continuo a soffrire e cerco di accettarlo, ma mi è molto difficile. Prego perchè ciò avvenga.
    Grazie di tutto
    Luciana

    • Grazie di cuore, Luciana, per questo spaccato del suo cuore che ha voluto regalarci.
      Quando si approda alla pace di Gesù da molte burrasche, vorremmo poterci assicurare di poter conservare per sempre quella consolazione a qualunque costo, e alle volte arriviamo a fare cose che suonano un po’ come conservare la brezza in un barattolo. È chiaro che non funziona, non è possibile. Mano a mano che avanziamo nel cammino dei discepoli di Gesù impariamo a lasciar cadere anche i doni con cui Cristo ci ha attratti da principio (il fascino della Chiesa, della “sua” bellissima dottrina…): Egli ci arricchisce con la sua povertà (cf. 2Cor 8,9), e questo non è un modo di dire.

  2. Al bell’articolo di Emiliano che non vuole essere risolutivo ma aiutare una corretta visione su Pietro e “sotto” Pietro si potrebbe aggiungere alcuni scritti di San Francesco.
    Anzitutto nell’ammonizione terza leggiamo:

    “Abbandona tutto quello che possiede e perde il suo corpo colui che sottomette totalmente se stesso all’obbedienza nelle mani del suo superiore. E qualunque cosa fa o dice che egli sa non essere contro la volontà di lui, purché sia bene quello che fa, è vera obbedienza.

    E se qualche volta il suddito vede cose migliori e più utili alla sua anima di quelle che gli ordina il superiore, volentieri sacrifichi a Dio le sue e cerchi invece di adempiere con l’opera quelle del superiore. Infatti questa è l’obbedienza caritativa, perché compiace a Dio ed al prossimo.

    Se poi il superiore comanda al suddito qualcosa contro la sua coscienza, pur non obbedendogli, tuttavia non lo abbandoni. E se per questo dovrà sostenere persecuzione da parte di alcuni, li ami di più per amore di Dio. Infatti, chi sostiene la persecuzione piuttosto che volersi separare dai suoi fratelli, rimane veramente nella perfetta obbedienza, poiché sacrifica la sua anima per i suoi fratelli.

    Vi sono infatti molti religiosi che, col pretesto di vedere cose migliori di quelle che ordinano i loro superiori, guardano indietro e ritornano al vomito della propria volontà. Questi sono degli omicidi e sono causa di perdizione per molte anime con i loro cattivi esempi”(FF 148-149)

    Quando Francesco dice “.. pur non obbedendogli, tuttavia non lo abbandoni.” ovviamente non si attiene al caso del Sommo Pontefice però indica una via della Carità fondamentale e, qui, occorre chiedersise certe critiche reiterate che potrebbero avere anche un fondo di verità nei confronti di Pietro siano una forma o meno di “non-appartenenza” e di abbandono.

    Personalmente mi espongo oltre ricordando, anche se su altro contesto, quello non parenetico, sia chiaro, ma simbolico-dogmatico di Ef. 5, ove si richiama la logica dell’incarnazione portata nell’articolo, che Pietro è un “mistero nel mistero grande” e che necessita di grande attenzione caritativa. Anche se lo stesso Pietro, paradossalmente, obnubilasse sé stesso.
    Il legame con Cristo, la simbologia della grazia di stato è così importante che è compito di ogni fedele difenderla, anzitutto con la propria docilità, umiltà e mitezza. Per cui le “critiche” se necessarie, nei modi e nei contesti giusti devono salvaguardare di non spezzare questo legame questo “mistero grande”.

    San Francesco d’altronde illumina anche il “ministro” con uno scritto straordinario:
    “Io ti dico, come posso, per quello che riguarda la tua anima, che quelle cose che ti sono di impedimento nell’amare il Signore Iddio, ed ogni persona che ti sarà di ostacolo, siano frati o altri anche se ti coprissero di battiture, tutto questo devi ritenere come una grazia. E così tu devi volere e non diversamente.

    E questo tieni in conto di vera obbedienza da parte del Signore Iddio e mia per te, perché io fermamente riconosco che questa è vera obbedienza.

    E ama coloro che agiscono con te in questo modo, e non esigere da loro altro se non ciò che il Signore darà a te. E in questo amali e non pretendere che diventino cristiani migliori.

    E questo sia per te più che stare appartato in un eremo.

    E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se ti diporterai in questa maniera, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato.

    E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli”(FF 234-235).

    Dunque.. “Il suddito deve considerare nel suo superiore non l’uomo, ma Colui per amore del quale si è reso suddito”(FF 735). E deve porre come unico limite all’obbedienza la propria coscienza (anche se anch’essa necessita sempre di essere formata, specie dal “senso di chiesa” nell’appartenenza), pur muovendosi a 360 gradi nella carità paolina verso le fragilità di Pietro.

Di’ cosa ne pensi