Vincenzo di Lerino e “i Papi inflitti da Dio”. Debunking

Ieri sera una lettrice è venuta a scrivere sulla nostra pagina Facebook che «Alcuni papi Dio li dona, altri li tollera, altri ancora li infligge»: era un commento al post di Emiliano Fumaneri in cui si riporta un discorso di san Pio X su come si debba amare il Romano Pontefice.

L’affermazione in sé è decisamente graffiante, ma quel che mi ha colpito è stata l’attribuzione a Vincenzo di Lérins, monaco di origini belghe morto in un anno imprecisato delle prime decadi del V secolo. Mi ha colpito sia perché Vincenzo è uno dei Padri che mi è più caro e a cui mi lega un particolare senso di comunione ecclesiale… sia perché – comunque la si pensi – quella frase è assolutamente prematura per un qualunque anno della prima metà del V secolo. Sarebbe come – che so… – se si attribuisse a Carlomagno un parere di De Gasperi sulla Costituente Repubblicana Italiana, o come se si pretendesse di vendemmiare a marzo. A marzo le viti stanno gemmando e neppure sono in fiore… così sulle labbra di Vincenzo (il quale comunque la pensava in tutt’altro modo, come indicherò fra poco) quella dichiarazione è sconcertante per l’anacronismo, ancora prima che per il contenuto1Era il Papato romano a non essere ancora tanto espanso e pervasivo da giustificare simili prese di posizione (sia a favore sia contro)..

Tre pagine Google di bufalari della patristica

In secondo luogo mi sono stupito di non aver mai letto quella citazione… non solo nelle pagine di Vincenzo ma neppure altrove: cercando su Google ho trovato nella risposta motivo di conforto. Nessuno, mai, riporta il dettaglio della citazione, come se ciascuno l’avesse copiata dagli altri, e neppure mi è riuscito di rinvenirla in libri anteriori alla nostra epoca (intendo gli ultimi vent’anni), disgraziatamente incolta. Ulteriore motivo di consolazione l’ho trovato nell’elenco degli autori che hanno promanato nella blogosfera questa bufala: non l’avevo mai letta perché non sono solito abbeverarmi a certe «cisterne screpolate, che non trattengono l’acqua» (Ger 2,13). Nell’ordine (scelto da Google), abbiamo Felice de Matteis, Antonio Righi, “Maria di Nazareth” («coll’acca», aggiungerebbe Amendola), Antonio Socci (che lo scrisse anche in “Non è Francesco”), Francesco Antonio Grana, “Constantinus XI”, “Acta Apostaticæ Sedis” (un nome, un programma), Nello Scavo, Andrea Tornielli (che però almeno una volta, anche se non sempre, sfumò con “attribuita a”), Francesco Agnoli, Fabrizio Ciarapica, Franco Mariani… [e poi anche basta perché non potevo infliggermi più di tre pagine di risultati di Google sull’argomento].

In lingua inglese, poi, ho trovato solo Fr. Linus Clovis – il quale lo scrive, su lifesitenews, aggiungendo sommessamente: «This certainly is a view to which Pope Emeritus Benedict XVI subscribes». Verrebbe da chiosare che solo la presunzione di certi sedicenti apologeti colma la misura della loro ignoranza.

Quello che davvero pensava Vincenzo di Lérins

Vincentius natione Gallus apud monasterium insulæ lerinensis presbyter, vir in scripturis sanctis doctus et notitia ecclesiasticorum dogmatum sufficienter instructus, composuit ad vitanda hæreticorum collegia nitido satis et aperto sermone validissimam disputationem quam absconso nomine suo attitulavit “Peregrini adversum hæreticos2«Vincenzo, di nazionalità gallica, presbitero presso il monastero dell’isola di Lerino, uomo versato nelle Sacre Scritture e adeguatamente formato nella conoscenza delle dottrine ecclesiastiche, compose in stile decisamente arioso e chiaro un’ottima trattazione, finalizzata all’aggiramento dei circoli di eretici, e la chiamò – senza firmarla [pratica di umiltà tipica già del monachesimo tardo-antico, N.d.R.] – “[Appunti] di un pellegrino contro gli eretici”». In latino “quaderno di appunti promemoria” si dice “Commonitorium”, il nome con cui per brevità è convenzionalmente ricordata l’opera..

Gennadio, De viris inlustribus 64

Amo Lérins, l’isola dei santi… quel pugno di terra gettato nella Costa Azzurra3Accanto a Santa Margherita, l’isola che avrebbe ospitato il dramma de “la maschera di ferro”! che nel suo isolamento nel deserto marino divenne per parecchi decennî prima un opificio di monachesimo – «di scienza, di dottrina e di pietà» (Umberto Eco) –, poi una fucina di vescovi e di dottori, infine un ricettacolo di santi4Amo quell’isola a tal punto che durante il mio viaggio di nozze non seppi negarmi di andare a visitarla insieme con mia moglie, e di pregare con i monaci attualmente presenti sull’Isola – stupendomi sempre di quanto siano tuttora squisitamente edotti di teologia, di agricoltura e di politica.. Amo l’influenza che il suo circolo seppe irraggiare con semplicità5Non era una lobby: semplicemente irradiava la propria fecondità. per tutta la Provenza e fino in Italia. Amo il franco e costante dialogo dei “gallicani doctores” con Roma e con Cartagine, mentre quest’ultima veniva sommersa dall’arianesimo dei Vandali e l’altra si dimenava tra Oriente e Occidente per tutelare «la fede che il Beato Pietro trasmise ai Romani» (Editto di Tessalonica, 380) e definire i termini concreti del “primato d’onore” che tutti sempre riconobbero alla Prima Sedes.

Proprio per questo sono tanto sconcertato nel constatare la crassa ignoranza degli “opinion makers” di certo “cattolicesimo militante”6In cosa e per cosa militi, se milita, lo sa Dio. quanto sereno nell’affermare che Vincenzo non avrebbe mai sostenuto simili tesi. E la riprova si fa senza grosse difficoltà, visto che l’unica opera unanimemente attribuita a Vincenzo è quel Commonitorium ricordato nella notitia di Gennadio di Marsiglia. Ora, gli unici Papi romani di cui Vincenzo parla sono Stefano I (254-257), Celestino I (422-432) e Sisto III (432-440): il primo è ricordato per aver resistito alla diffusione della pratica dell’iterazione del Battesimo; il terzo per essersi opposto alla febbre nestoriana; il secondo per aver lottato contro “l’errore” che allora imperversava nelle Gallie. E anzi, Vincenzo è fin troppo ottimista nel ritenere che i Papi abbiano sempre e solo “mantenuto fermo il timone”, laddove invece spesso si è trattato di operare delle scelte (e di contrastare o ignorare pareri contrarî).

Note

Note
1 Era il Papato romano a non essere ancora tanto espanso e pervasivo da giustificare simili prese di posizione (sia a favore sia contro).
2 «Vincenzo, di nazionalità gallica, presbitero presso il monastero dell’isola di Lerino, uomo versato nelle Sacre Scritture e adeguatamente formato nella conoscenza delle dottrine ecclesiastiche, compose in stile decisamente arioso e chiaro un’ottima trattazione, finalizzata all’aggiramento dei circoli di eretici, e la chiamò – senza firmarla [pratica di umiltà tipica già del monachesimo tardo-antico, N.d.R.] – “[Appunti] di un pellegrino contro gli eretici”». In latino “quaderno di appunti promemoria” si dice “Commonitorium”, il nome con cui per brevità è convenzionalmente ricordata l’opera.
3 Accanto a Santa Margherita, l’isola che avrebbe ospitato il dramma de “la maschera di ferro”!
4 Amo quell’isola a tal punto che durante il mio viaggio di nozze non seppi negarmi di andare a visitarla insieme con mia moglie, e di pregare con i monaci attualmente presenti sull’Isola – stupendomi sempre di quanto siano tuttora squisitamente edotti di teologia, di agricoltura e di politica.
5 Non era una lobby: semplicemente irradiava la propria fecondità.
6 In cosa e per cosa militi, se milita, lo sa Dio.
Informazioni su Giovanni Marcotullio 296 articoli
Classe 1984, studî classici (Liceo Ginnasio “d'Annunzio” in Pescara), poi filosofici (Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, PhD RAMUS) e teologici (Pontificia Università Gregoriana, Pontificio Istituto Patristico “Augustinianum”, Pontificia Università “Angelicum”, PhD UCLy). Ho lavorato come traduttore freelance dal latino e dal francese, e/o come autore, per Città Nuova, San Paolo, Sonzogno, Il Leone Verde, Berica, Ταυ. Editor per Augustinianum dal 2013 al 2014 e caporedattore di Prospettiva Persona dal 2005 al 2017. Giornalista pubblicista dal 2014. Speaker radiofonico su Radio Maria. Traduttore dal francese e articolista per Aleteia Italiano dal 2017 al 2023.

9 commenti

  1. Caro Giovanni, grazie di questa disamina. Sovente mi accade di leggere sfondoni, anche di accreditati medievisti, su Santo Francesco. Credo che alla base di queste deformazioni mediatiche (ed il loro consacrato tam-tam) ci sia in qualche maniera un atteggiamento settario altrettanto pericoloso come i grandi ceppi ereticali. Sto parlando del Millenarismo e dei suoi trasformismi. Far parte di epoche difficili, avere il senso del dramma, consacrarsi alle apocalissi, è uno dei tanti modi carnali con cui il nostro cuore ama fuggire dalle responsabilità adulte della fede.

  2. Grazie per questo articolo.

    Da ignorante mi permetto dire che anche la frase in questione fosse certa e accertata, non è che il fatto che uno uomo sia stato dichiarato Santo, renda qualunque sua frase proferita Verità assoluta o Rivelata.

    Così fosse potremmo gettare il Catechismo e rifarci unicamente alla miriade di detti e motti di Santi che penso si siano espressi su ogni argomento si possa immaginare…

      • Parimenti questo mi riporta a tanti acerrimi detrattori dei Documenti del Concilio Vaticano II, che alla domanda: “ma tu lia hai letti?” al massimo rispondono che “non era necessario…” (??)
        Presumo intendendo che è sufficiente leggere la critica di tanti dotti per farl propria… mah

        Poi c’è chi pretende di riconoscere, l’ “albero dai frutti”, ma pur non essndo contadino, mi domando come riconoscere i frutti di un albero pressoché sconosciuto.

  3. Io vorrei però sapere una cosa. Benché comprenda che non sia per nulla consigliabile attaccare un qualsivoglia Papa tacciandolo di eresia, perché ciò esporrebbe chiunque ad accuse e sospetti e minerebbe la solidità dell’edificio ecclesiale, mi chiedo tuttavia se sia davvero tanto impossibile per un cattolico interrogarsi sugli insegnamenti di un Papa, e magari giungere alla conclusione che essi non siano condivisibili, e/o peggio confusivi. Purtroppo, è quanto mi è capitato di chiedermi dopo avere letto la Amoris Laetitia. E a questo punto vorrei sapere perché la correctio filialis sia da considerarsi addirittura ridicola. Ignoro, è vero, molte cose ma mi piace studiare e credo anch’io che prima di parlare occorra informarsi bene. Ciò detto, purtroppo per mio difetto, non riesco a capire perché un cattolico dovrebbe sempre ritenere giusto quanto affermato da un Papa…io so che è tenuto a farlo solo quando parla ex cathedra. Ma la Amoris Laetitia, per restare all’ esempio di prima, è un dogma di fede? Davvero, vorrei una risposta dato che da sola non riesco a darmela. Grazie
    Ps:
    La comunione ai divorziati risposati o comunque a chi vive situazioni irregolari è in vigore nelle chiese se non da decenni da molti anni. Non data da oggi. Ma come sempre, una cosa è una prassi, un’altra il suo divenire teoria…

  4. Da ignorante e ciuco mi intrometto per rilevare che, a margine della questione, resta il fatto ineludibile che la storia del Papato è travagliata dalle gesta di personaggi storici che si potrebbero a ragione definire “poco raccomandabili”. Quali conclusioni trarne?

    • Il fatto è chiaro, ma non è innegabile (né ineludibile) perché nessuno cerca di negarlo o di eluderlo. Da sé, però, esso non basta a trarre conclusione alcuna, non se possono dirsi “conclusioni” gli inviti a nutrire sfiducia sistematica nei confronti della Santa Sede.
      Anche sotto il famigerato pontificato di Alessandro VI vide la luce una mirabile enciclica sulla Immacolata Concezione (1502), e soprattutto la Chiesa non è venuta meno neppure sotto l’infausto pontificato di Leone X.
      I profeti di sventura di oggi (come quelli di ieri) oscillano tra la mania apocalittica e l’opportunismo interessato.

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