La dimora e l’onore: nessuno può imitare Cristo senza seguirlo

di Paul Freeman

Francesco di Assisi non parlava tanto di Imitatio Christi. Il motivo è semplice. Egli vedeva il rischio, per il servo di Dio, di un’adesione esteriore, pur buona ed accettabile ai misteri di Cristo. Nel contempo si cade nel rischio della schizofrenia spirituale della doppia vita, doppia morale, spazi personali in cui Cristo non entra. Non irrora. Perché alla fine, sono io che gestisco il gioco. Persino quando dico che Cristo è al centro dei miei pensieri, rischio di essere io a dirgli quello che deve fare.

Ma Dio è come un bimbo piccolo che si muove e gioca dove vuole con la letizia di esplorare la tua carne perché ne sia, fin nelle midolla più intime, risanata dall’innocenza predestinata.

Per Francesco, invece, dire “Signore cosa vuoi che io faccia?” era ribadire una disponibilità totale. Una resa.

Preferiva infatti l’immagine dei “passi nei passi” per giungere ad una conformità di misteri. Sequi et vestigia1 per una conformitas2 prendendo lo spunto da 1Pt. 2, 21-25.

A questo infatti siete stati chiamati, perché

anche Cristo patì per voi,
lasciandovi un esempio,
perché ne seguiate le orme:
egli non commise peccato
e non si trovò inganno sulla sua bocca;
insultato, non rispondeva con insulti,
maltrattato, non minacciava vendetta,
ma si affidava a colui
che giudica con giustizia.
Egli portò i nostri peccati nel suo corpo
sul legno della croce,
perché, non vivendo più per il peccato,
vivessimo per la giustizia;
dalle sue piaghe siete stati guariti.
Eravate erranti come pecore,
ma ora siete stati ricondotti
al pastore e custode delle vostre anime.

Cosa significa questo?

Che passato l’entusiasmo della conversione in cui le consolazioni fanno sembrare all’anima che si possiede, essa necessita dell’umiltà di farsi dare il “ritmo da Dio”. Francesco lo aveva compreso su di sé.

Cristo non va imitato, anzitutto seguito («Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo»). Di più, occorre mettere i nostri piedi sulle orme di Cristo. Francesco comprende che le vicende che gli accadono e che sfuggono al suo controllo sono importanti perché sono il luogo delle orme di Cristo che portano alla conformitas, cioè a vivere i misteri di cristo, per quanto possibile, nella sua carne.

Cristo è Pastore ed è il Pedagogo. Conduce l’anima a questo, secondo principio di gradualità. Scarnificante e fedele.

Dio suppone la natura e la rafforza. La estende. E la Grazia stessa suppone la Grazia.

Francesco comprende che “Gratia supponit gratiam et profectum in ea”, la Grazia suppone la Grazia e progredisce (con disciplina) in essa.

Ci ricorda, più recentemente, J. Ratzinger:

la grazia cresce mediante un più profondo radicarsi della grazia nell’anima che comporta insieme anche una maggiore purificazione dell’anima. Così la grazia stessa aumenta mentre aumenta anche l’inclinazione dell’anima verso la grazia e verso Dio3.

E cosa accade in questo progredire, anche inconsapevole di sequela, di mettere i piedi propri nelle orme di Cristo, di conformitas?

Cosa accade quando il tuo ritmo quotidiano, nella costellazione degli eventi, prende il senso del seme che muore nella terra, come Cristo, con Cristo e per Cristo?

Accade che il Padre ti onora, anzi ti rispetta con cura. Non solo perché in te vede il Figlio, ma anche perché vede che compi il destino per cui sei stato esemplarmente creato.

Non oso dirlo, ma così il Padre vede che diventi il dio di Dio.

Scopri così che non lo stavi servendo tu, “ignobile vermine della terra4, ma che Egli ti pensava, ti serviva, ti amava e ti onorava, senza merito tuo alcuno.

[presto su www.ilcattolico.it]


  1. Legenda Maggiore, San Bonaventura, FF 1020ss
  2. Leggenda dei tre compagni, FF1394ss
  3. Il Vangelo della grazia – J.Auer, J.Ratzinger, Cittadella Editrice
  4. Leggenda dei tre compagni, FF 1915

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