La quadratura di classe: metamorfosi della rivoluzione

È forse in atto una nuova lotta di classe all’interno delle democrazie liberali?

È quanto sostiene Thibault Muzergues, direttore del programma Europa per il think tank americano International Republican Institute.

Nel libro “La quadratura di classe” (La quadrature des classes, Le Bord de l’Eau, 2018) Muzergues dimostra che le antiche fratture sociopolitiche (cleavages, come le chiamano gli anglosassoni, prima fra tutte la divisione destra-sinistra) sono state sostituite da una nuova lotta di classe. Muzergues constata che ovunque, nel mondo occidentale, possiamo ritrovare grosso modo le stesse quattro classi sociali (o le stesse categorie socio-professionali, se preferiamo) al centro dei nuovi modelli politici1Sul blog Le Comptoir Muzergues avverte che la sua «non è un’opera di sociologia nella quale fornisco una descrizione esaustiva delle società occidentali in tutta la loro complessità socio-professionale, ma una riflessione elettorale e politica sui gruppi l’influenza intellettuale e politica dei quali è tale da ridefinire le fratture politiche a cui eravamo da molto tempo abituati»..

Questi quattro segmenti della popolazione hanno ridefinito il dibattito pubblico coi loro temi, coi loro codici, ma soprattutto con le loro divisioni, che sono all’origine dei grandi stravolgimenti elettorali occorsi dal 2016 ad oggi, con l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti e quella di Emmanuel Macron in Francia, passando per i successi di Sebastian Kurz in Austria e la vittoria del Movimento Cinque Stelle e della Lega in Italia, a cui si aggiunge la progressiva crescita di Alternative für Deutschland in Germania.

Non si tratta di una lotta di classe alla Karl Marx, per intenderci. Parliamo di quattro poli politici distinti (e spesso comparabili per grandezza, in particolare in Francia) e le relazioni tra queste le classi non sono quelle di una lotta predeterminata come nella dottrina marxista, che vede un antagonismo inevitabile tra due classi (borghesia e proletariato) che occupano ciascuna una posizione predeterminata nel conflitto.

 Non è così nella nuova lotta di classe, dove le classi stringono alleanze o si scontrano secondo strategie assai più complesse e imprevedibili.

Ma quali sono le quatto grandi classi? Per Muzergues sono queste:

  1. la classe creativa;
  2. la classe media provinciale e conservatrice;
  3. la nuova minoranza bianca operaia;
  4. i Millenials.

Sotto questo punto le presidenziali francesi del 2017 sono state davvero interessanti perché quattro candidati hanno scelto (coscientemente o meno) di presentarsi come campioni di una delle quattro classi. Il risultato è stato il quasi-monopolio del dibattito da parte dei quattro candidati di punta, che hanno totalizzato poi l’85% dei voti lasciando agli altri 7 candidati il restante 15%, vale a dire le briciole.

È utile allora capire la composizione sociale e la visione del mondo di ognuna delle quattro nuove classi sociali.

1) La classe creativa

Equivale alla “start-up nation” ultra-integrata nella mondializzazione a cui si è rivolta tutta la campagna elettorale di Emmanuel Macron. La classe dei “creativi” è stata descritta nel 2002 dal libro dell’economista Richard Flora, The rise of the creative class (“L’ascesa della classe creativa”). È la classe dominante del capitalismo avanzato, nel quale l’organizzazione cede il passo alla creatività. Nei paesi occidentali cresce così la “classe creativa”, un insieme eterogeneo composto da tutte le figure professionali “senza colletto” che, sul modello dell’artista, producono qualcosa di nuovo nella loro attività lavorativa. La classe creativa raggruppa scienziati, ingegneri, professori universitari, artisti, architetti, ma anche medici, avvocati e dirigenti. Con l’esplosione del web, a queste figure creative più tradizionali si sono aggiunti i “creativi” della new economy.

I membri di questa classe condividono una visione molto flessibile del lavoro, tendono a non differenziare i tempi lavorativi e quelli della vita personale, ricercano spazi densamente abitati come quelli dei grandi centri urbani. Il senso del lavoro dei “creativi” è plasmato dalle esigenze della “società flessibile”: quel mondo in cui la flessibilità si impone come dogma universale in tutti i campi della vita. La classe creativa dispone di un buon reddito ed è aperta al liberalismo economico, sociale e culturale (Hayek + Foucault). È dunque favorevole alle politiche della diversità (matrimonio gay, politiche migratorie aperturiste) e, in generale, a ogni forma di “dinamizzazione” della vita sociale. Rappresenta la base elettorale che ha sostenuto, oltre a Macron in Francia, Obama negli Stati Uniti, Renzi in Italia, Trudeau in Canada. In Francia il membro di questa borghesia libertaria – corrispondente al radical chic nostrano – è soprannominato “bobo” (la contrazione di bourgeois-bohème).

2) La classe media provinciale

Parliamo della classe dei “boubour” (contrazione di bourgeois-bourrin: il “borghese-burino”, inteso come borghese di provincia). Pur essendo molto vicina alla classe creativa sul piano economico, tuttavia se ne differenzia notevolmente sul piano dei valori e dello stile di vita. I membri di questa classe risiedono in provincia o nelle città di medie dimensioni. Abitano di preferenza in case singole con giardino e si spostano in auto. Hanno il culto del lavoro, ma i tempi lavorativi per loro sono nettamente distinti da quelli della vita familiare e del tempo libero. Lo stile di vita della classe media provinciale è fatto soprattutto di routine, a cominciare dai tragitti degli spostamenti lavorativi.

Questa laboriosa classe di provincia è tendenzialmente di indole conservatrice: non comprende le aspirazioni alla diversità dei “creativi” e avversa pertanto i loro progetti di trasformazione sociale, a partire dalle misure sociali pro-diversità (mariage pour tous, immigrazionismo ecc.). La classe media provinciale non coltiva particolari sentimenti antiestablishment ma è insofferente agli abusi degli “sfruttatori del sistema”. È la Francia che ha sostenuto Fillon al primo turno delle presidenziali orientandosi poi in maggioranza su Macron al secondo turno, assicurandone così l’elezione. In America è andata nella direzione di Donald Trump. Nel nostro paese costituisce la base tradizionalmente orientata verso Forza Italia.

3) La “nuova minoranza” operaia bianca

La terza classe comprende gli eredi del vecchio proletariato operaio, la categoria che più di ogni altra ha fatto le spese della deindustrializzazione dell’Occidente e della globalizzazione. Questa classe ha visto sensibilmente diminuire il proprio potere politico e, con la crisi del sindacato, anche peggiorare le sue condizioni di vita. È la classe che più ha sofferto per la concorrenza con l’estero (tanto per l’immigrazione quanto per l’apertura delle frontiere e la delocalizzazione produttiva) ed è dunque la più sensibile alla retorica protezionista e antimmigrazionista; la sua preoccupazione maggiore è la perdita di tutele sociali dovuta alla crisi del welfare nazionale. Aspira a un ritorno agli anni ’60 con la chiusura delle frontiere, la riapertura delle fabbriche e la restaurazione dello Stato-provvidenza. Ormai abbandonati dalla sinistra, passata alla classe creativa, gli operai sostengono in molti paesi i partiti populisti di destra (il Front national nel nord-est della Francia, Trump negli Usa, Alternative für Deutschland in Germania, l’Independence Party in Gran Bretagna, la Lega in Italia).

Note

Note
1 Sul blog Le Comptoir Muzergues avverte che la sua «non è un’opera di sociologia nella quale fornisco una descrizione esaustiva delle società occidentali in tutta la loro complessità socio-professionale, ma una riflessione elettorale e politica sui gruppi l’influenza intellettuale e politica dei quali è tale da ridefinire le fratture politiche a cui eravamo da molto tempo abituati».

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