Ma Dante ci credeva, nell’astrologia?

La vera “pietas” – vuol dire Virgilio – è fuggire, con disprezzo, l’umano che si chiude in sé e fa violenza a Dio, precludendosi così la speranza, l’attesa, la libertà.

È in fondo la pretesa scientista, dell’atteggiamento illuministico e positivistico di ogni tempo, di una falsa pienezza dell’uomo, di una felicità umana chiusa al Mistero, con il conseguente tentativo di imprigionare l’uomo al di qua delle Colonne d’Ercole (non plus ultra), nei limiti del sensibile materiale e dell’intelligibile terreno e con la conseguente avversione alla religione, che ribadisce l’incapacità dello scientismo a rispondere alla domande fondamentali dell’uomo.

La storia di questa pretesa e di questa lotta è antica quanto l’uomo e forse anche di più (Lucifero era il più “intelligente” degli angeli) e che sia attualissima lo dimostra, tra l’altro, il fatto che il tema dei rapporti tra finito e Infinito, tra libertà aperta al Mistero e necessità deterministica, si ritrova anche in recenti films di largo successo come “The Truman Show”, “La leggenda del pianista sull’oceano”, Minority report”, “I guardiani del destino”.

Chi, come l’indovino-astrologo, con superbia ideologica “volle veder troppo davante” (If XX, 38), con una ragione autoridotta, rattrappita nel limite sensibile, paurosa dell’Infinito, è destinato al fallimento: “di retro guarda e fa retroso calle” (If XX, 39).

Di ben altra portata è l’astrologia dantesca: le influenze astrali sono sempre provvidenzialmente indirizzate al bene e sta al libero arbitrio dell’uomo liberamente accoglierle e assecondarle oppure rifiutarle, liberamente decidendo del proprio destino. È quanto Marco Lombardo risponde a Dante che gli aveva chiesto qual è la causa del male che domina il mondo, se essa stia nell’influsso degli astri o nelle scelte dell’uomo:

Voi che vivete ogne cagion recate
pur suso al cielo, pur come se tutto
movesse seco di necessitate.

Se così fosse, in voi fora distrutto
libero arbitrio, e non fora giustizia
per ben letizia, e per male aver lutto.

Lo cielo i vostri movimenti inizia;
non dico tutti, ma, posto ch’i’ ‘l dica,
lume v’è dato a bene e a malizia,

e libero voler.

Pg XVI, 67-76

Tutto ciò premesso, si possono meglio valutare alcuni riferimenti astrologici della Commedia. All’inizio Dante dice che sperava di superare la lonza grazie alle influenze astrali positive:

Temp’era dal principio del mattino,
e ’l sol montava ’n sù con quelle stelle
ch’eran con lui quando l’amor divino

mosse di prima quelle cose belle;
sì ch’a bene sperar m’era cagione
di quella fiera a la gaetta pelle

l’ora del tempo e la dolce stagione;

If I, 37-40

Brunetto Latini, vissuto in fama di astrologo, dice al discepolo: “se tu segui tua stella, / non puoi fallire a glorïoso porto” (Inferno 15, 55-56).

In Purgatorio, nel paradiso terrestre, così Beatrice presenta Dante agli angeli:

Non pur per ovra de le rote magne,
che drizzan ciascun seme ad alcun fine
secondo che le stelle son compagne,

ma per larghezza di grazie divine,
che sì alti vapori hanno a lor piova,
che nostre viste là non van vicine,

questi fu tal ne la sua vita nova
virtualmente, ch’ogne abito destro
fatto averebbe in lui mirabil prova.

Pg XXX, 109-117

Infine, quando Dante approda nell’ottavo Cielo delle Stelle Fisse, si ritrova nella costellazione dei Gemelli e fa un esplicito riferimento al suo stesso oroscopo, ringraziando gli angeli di quegli astri:

O gloriose stelle, o lume pregno
di gran virtù, dal quale io riconosco
tutto, qual che si sia, il mio ingegno,

con voi nasceva e s’ascondeva vosco
quelli ch’è padre d’ogne mortal vita,
quand’io senti’ di prima l’aere tosco;

Pd XXII, 112-117

Anche seguendo il filo conduttore dei riferimenti astrologici della Commedia, si perviene al messaggio fondamentale di Dante: la vita dell’uomo è rapporto tra il de-siderio (etimologicamente “dalle stelle”) di compimento, di verità, di amore, di libertà, di giustizia (in una parola: di felicità), e la realtà. Ma l’uomo-solo non ce la fa: la “selva oscura” è proprio il riconoscimento del fallimento, del dis-astro (etimologicamente “caduta dalle stelle”) di quest’uomo-solo.

La salvezza può venire solo dall’Altro da sé, dal sì a quel Dio che per salvare la natura umana l’ha assunta in Sé, elevandola al divino, all’eterno: alle “Stelle”, direbbe Dante.

1 commento

  1. Con piacere leggo questo testo del prof. Fiorito! Benvenuto! Io sono un frequentatore del blog “Breviarium” e sono di Subiaco, dove varie volte ho assistito a suoi incontri su Dante, sempre in occasioni legate alla memoria, viva, del nostro amato Don Paolo Pecoraro. Da oggi un altro motivo, semmai ce ne fosse bisogno, per vivere questo spazio di vera fede che si fa cultura. Buon inizio!

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