Intervista a Thomas Michelet o.p. su “l’ecologia dei Papi”

epa04245532 Orthodox Ecumenical Patriarch Bartholomew (R-L), Pope Francis, Palestinian President Mahmoud Abbas, and Israeli President Shimon Peres plant an olive tree as a symbol of peace at the end of the three distinct moment of prayer, Jewish, Christian and Muslim, together for Peace in the Vatican gardens, Vatican City, 08 June 2014. Pope Francis was due to host an unprecedented session of prayers at the Vatican with the presidents of Israel and the Palestinian Authority to try to invoke peace in the Middle East. Francis invited Shimon Peres and Mahmoud Abbas last month while he was visiting the Holy Land. During the trip, he called the impasse in Israeli-Palestinian peace negotiations 'increasingly unacceptable.' EPA/MAX ROSSI / POOL
di Eugénie Bastié

Il frate domenicano Thomas Michelet pubblica Les papes et l’écologie [I papi e l’ecologia], una eccellente e inedita antologia di testi ecologici di differenti papi in questi ultimi cinquant’anni. Tratteggiando i contorni di una vera ecologia cristiana, mostra che papa Francesco, qualificato come “papa verde” dai suoi contemporanei, si iscrive all’interno di una tradizione.

«Ecco il papa verde», ha affermato Laurent Joffrin in un editoriale su Libération in occasione della pubblicazione dell’enciclica di papa Francesco Laudato si’, per poi aggiungere, pieno d’entusiasmo: «C’è un José Bové in questo papa». I media hanno male inteso enciclica descrivendola come “rivoluzionaria”?

Sì e no. È rivoluzionaria nella misura in cui per la prima volta un papa consacra un’intera enciclica all’ecologia parlandone con una tale abbondanza. È rivoluzionaria in rapporto a quanto i cristiani e i cattolici potevano genericamente aspettarsi e parlarne. È relativamente rivoluzionaria anche per il contenuto, ad esempio per il fatto di raccomandare una certa decrescita in luogo della crescita e dello sviluppo che fino ad allora avevano contrassegnato la dottrina sociale della Chiesa. Ma non è rivoluzionaria nel senso che tutte le idee che vi riscontriamo si trovano già – anche solo allo stadio embrionale – presso i papi precedenti. Senza contare che i princìpi ivi operanti si radicano più o meno direttamente nella Parola di Dio. Da questo punto di vista, anche se in ogni epoca si possono porre questioni nuove e suscitare risposte nuove, come nel caso dell’ecologia, non c’è che una sola vera rivoluzione, quella del Vangelo.

Eugénie Bastié. Giornalista di Le Figaro, caporedattrice della rivista Limite.

Nel libro I papi e l’ecologia lei mostra al contrario che la preoccupazione ecologica è più antica. Quand’è che ha avuto inizio? Perché circoscrivere l’antologia agli ultimi cinquant’anni e perché la scelta, come inizio, della Gaudium et spes?

Il primo papa a impiegare la parola “ecologia” è papa Paolo VI nel 1970, il quale in un discorso alla FAO, parla già di una «catastrofe ecologica». L’idea potrebbe essere più antica: fin dove bisogna risalire? Anche Giovanni XXIII faceva riferimento alle nuove fonti d’energia (energia solare, eolica, geotermica) ma mi è parso che la sua problematica non fosse veramente ecologica. La questione della salvaguardia del pianeta come tale non si pone in lui, nega anche che vi sia un problema globale di risorse. Giovanni XXIII si attiene alla classica idea della necessità di un’equa ripartizione tra gli uomini senza tener conto dei bisogni delle altre specie, che sono ricondotte all’uomo. Detto questo, egli è testimone della globalizzazione e della necessità di adattare le nostre istituzioni politica a questa nuova scala dando alla luce delle vere autorità mondiali. I testi di Giovanni XIII dunque non fanno propriamente parte del dossier, ma sono stati integrati in allegato, a titolo di pietra di paragone e per la rilevanza dei princìpi enunciati, che avranno la loro importanza nella questione ecologica.

Allo stesso modo Paolo VI si mantiene su questa linea nella sua prima enciclica sociale del 1967. C’è voluto del tempo per cambiare di paradigma. In compenso se rileggiamo la Gaudium et spes1Costituzione pastorale «sulla Chiesa nel mondo contemporaneo» pubblicata nel 1965 al termine del Concilio Vaticano II N.d.T.. secondo questa prospettiva ci accorgiamo già di una insistenza sulla dimensione cosmica, non solamente relegata alla fine dei tempi (GS 39). Più spesso è l’aspetto antropologico a colpire, ma in realtà l’uomo è situato nell’Universo in seno alla Creazione tra le altre creature. Queste sono stabilite da Dio con «la propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi proprie» che l’uomo deve rispettare (GS 36). Se l’uomo si separa da Dio non rispetterà più la Creazione e le creatura. È quello che papa Francesco chiamerà l’antropocentrismo deviato. Possiamo dunque intravedere una linea di filiazione diretta tra la Gaudium et spes e la Laudato si’. Inoltre cinquant’anni esatti le separano (1965-2015), una coincidenza opportuna. Allo stesso tempo va riconosciuta una parte di retorica nella costituzione di questo dossier: cinquant’anni, cinquanta testi.

Esiste una “ecologia” propriamente cristiana, presente nella Bibbia?

La Bibbia non ci dice come va il cielo, ma come ci si va… Non dobbiamo attenderci da Dio un trattato scientifico sullo stato fisico del pianeta. In compenso la Bibbia ci parla dell’ordine impresso da Dio stesso all’Universo, del posto che Egli ha assegnato a ciascuna creatura nel suo disegno di benevolenzae di come la condizione morale del cuore umano si riflette sulla creazione. Dio dà all’uomo la missione di «dominare» tutte le creature (Gn 1,26). Ma non bisogna dimenticare nella stessa frase ci dice anche di aver fatto l’uomo «a sua immagine e somiglianza». L’uomo deve dunque dominare tutte le cose come Dio le domina, cioè con saggezza e per amore. Ha ricevuto la missione di essere a capo dell’Universo per condurlo a Dio come un buon pastore. Ora, a causa del proprio peccato l’uomo non compie la sua missione come dovrebbe. Così l’universo ha perduto il suo capo, è diventato folle. Per questa ragione Dio ha inviato suo Figlio, in maniera da restaurare l’uomo come immagine di Dio anche nel suo governo creaturale, per ricapitolare (ridare capo a) tutte le cose.

In Cristo l’uomo può ritornare il “pastore dell’essere”. Qui, mi sembra, sta il cuore di una ecologia cristiana. Essa è la sola a poter disegnare la chiave ultima di tutte le cose: Dio bene comune dell’Universo; la sola a individuare la più radicale radice del problema: il nostro peccato; la sola a possedere la soluzione perfetta, come un tesoro di saggezza da condividere: Cristo, re dell’Universo, sacerdote e profeta del mondo che viene.

Note

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1 Costituzione pastorale «sulla Chiesa nel mondo contemporaneo» pubblicata nel 1965 al termine del Concilio Vaticano II N.d.T..

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