Quando ero piccolo mi ricordo che il mio Parroco d’allora, che lo è stato per ventidue anni, nella Santa Eucaristia di fine e inizio anno durante l’omelia sfornava una serie di dati.
Devo ammettere con onestà che, da bambino, la cosa mi annoiava parecchio, però crescendo ho rivalutato il momento. Quei numeri, conti, progetti… snocciolati uno dietro l’altro prendevano sempre più consistenza di significato con la mia crescita. Se quando ero ragazzino, per esempio, i battesimi potevano ancora gareggiare con i funerali per sfidarsi in un primato, una volta più grande rammento la schiacciante vittoria della celebrazione del rito dell’esequie rispetto alla rigenerazione sacramentale dei pargoli.
Quella lista di dati sicuramente aveva il pregio di mostrare la vita di una parrocchia in un tempo in cui il comunitarismo (a volte ispirato da Cristo, ma a volte – ahimè – in qualche aspetto pure da Marx) era un’espressione non trascurabile, al contrario di oggi dove l’individualismo permea la nostra forma mentis. Sì, perché oggi si è interessati a tutto, si discute su tutto, si giudica tutto, senza però prendersi a cuore nulla o quasi, se non per un fuggevole momento. E la forma di comunitarismo si risolve in un lascito rivolto a un piccolo gruppo di persone che con generosità portano avanti un’idea, spesso svanita nella realtà, con tenacia e spirito combattivo, oltre che anacronistico. Cosa intendo? Quello che ha detto il Papa nell’Udienza generale del 25 novembre 2020:
A volte, sento una grande tristezza quando vedo qualche comunità che, con buona volontà, sbaglia la strada perché pensa di fare la Chiesa in raduni, come se fosse un partito politico: la maggioranza, la minoranza, cosa pensa questo, quello, l’altro… […]. Io mi domando: dov’è lo Spirito Santo, lì? Dov’è la preghiera? Dov’è l’amore comunitario? Dov’è l’Eucaristia? Senza queste [realtà], […] la Chiesa diventa una società umana, un partito politico – maggioranza, minoranza – i cambiamenti si fanno come se fosse una ditta, per maggioranza o minoranza… Ma non c’è lo Spirito Santo. E […] se manca lo Spirito noi saremo una bella associazione umanitaria, di beneficienza, […] anche un partito, diciamo così, ecclesiale, ma non c’è la Chiesa. E per questo la Chiesa non può crescere per queste cose: cresce […] per attrazione. E chi muove l’attrazione? Lo Spirito Santo. Non dimentichiamo mai questa parola di Benedetto XVI: «La Chiesa […] cresce per attrazione». Se manca lo Spirito Santo, che è quello che attrae a Gesù, lì non c’è la Chiesa. C’è un bel club di amici, […] con buone intenzioni, ma non c’è la Chiesa, non c’è sinodalità.
Francesco, Udienza generale del 25 novembre 2020
Essere Chiesa, cioè persone salvate (e non che si sono salvate [da sole]), significa aver fiducia, solo così ci si rende attraenti.
Possiamo avere ancora fede?
Sì, mi persuado, se scopriamo o riscopriamo le virtù della pazienza e dell’umiltà. Il che vuol dire essere come Dio: che ha tanta pazienza con noi e che si è fatto umile proprio per salvarci. Ergo, di conseguenza, ciò significa che nessuna cosa al mondo salva!
Questo non vuol dire, però, disimpegno e sfiducia, ma consapevolezza che solo se ci lasciamo toccare il cuore da Dio quello che abbiamo acquista valore, persino la perdita con tutte le sue dolorose conseguenze; altrimenti il reale non diventa “possibilità” ma solo un possesso da accaparrarsi. E questo ci trasforma in persone superficiali, egoiste, che pensano solo a se stesse, anche se sui social o al mercato tra la gente ci si lascia andare a commenti buonisti e a slogan sdolcinati ripetuti tante volte e vissuti quasi mai.
La scienza, pertanto, non ci salva; può aiutare a migliorare la nostra vita, può combattere i mali scaturiti dalla natura, più o meno bistrattata, ma non può dirci il “perché” di questa lotta né restituirci il senso dell’esistere.
La politica non ci salva; dovrebbe aiutare a migliorare la nostra vita in una costante ricerca del bene comune.
Noi, come cristiani, abbiamo l’obbligo morale di pregare per chi ci governa, ma senza idolatrare o schernire con una massiccia dose di qualunquismo queste persone. Dove c’è l’uomo, c’è il bene e il male. Come possiamo pretendere dai nostri governanti dei valori che la nostra società ha, con il nostro tacito assenso, scientemente annullato? Non c’è più una verità su cui potersi fondare (anche la scienza sembra aver smarrito la verità dei fatti, basta constatare i pareri più disparati che abbiamo sentito pronunciare da uomini di scienza rispetto alla pandemia).
Qui il problema: ognuno si sente depositario di una verità, ma si impone nel pensiero collettivo quella più prepotente che sa vincere sulle altre. Noi battezzati, al contrario, abbiamo la Verità scritta nel Vangelo e custodita nella Chiesa e che si riduce, in estrema sintesi, nel comandamento dell’amore: lo viviamo?
Le nostre sicurezze, infine, non ci salvano, ci hanno aiutato a vivere una vita dignitosa, ma è bastato così poco per sbaragliarle…
Oggi non ho i dati aggiornati che invece aveva in mano il mio Parroco tanti anni fa, ma mi preme fare una piccola verifica di quest’anno. Tuttavia, voglio rispondere a una questione che mi s’impone con forza: siamo arrivati alla fine del calendario e per cosa dovremo ringraziare Dio?
Signore, ti voglio ringraziare per il dono dell’esistenza. Ho visto come sia fragile, come basti poco per ferirla. La vita è davvero un soffio e insieme un miracolo se messa nelle tue mani.
Signore, ti voglio ringraziare per il dono della fede. È il dono più prezioso, perché dà senso ai giorni che passano: nel dialogo con te, posso capire o quantomeno intuire qualcosa della realtà che mi circonda. Tu mi dai la forza – dono della grazia presente nei Sacramenti – per non fermarmi in un cammino che mi porta a pienezza, alla beatitudine.
Signore, ti voglio ringraziare per il dono della Chiesa, nostra Madre. I suoi insegnamenti, anche quando non capiti, sono necessari per imparare ad amare come tu ci hai insegnato: un amore totale, gratuito, disinteressato e disposto al sacrificio, al dono di sé. Non c’è nessuna ideologia nell’essere cristiani, perché non c’è nessuna idea che prevarica su altre, ma una Parola che si fa carne e che diviene il pensiero di Cristo. Permettimi di aderire sempre più a questo logos.
Signore, ti voglio ringraziare per le persone care che sostengono nel cammino, ma anche per quelle che si sono comportate male: nell’umiliazione inflitta consentono di vivere la virtù dell’umiltà, fanno capire che solo il bene è importante, costringono a ricercarlo e a metterlo in pratica invece che reagire mettendo male su male. Aiutano a imparare cosa sia il perdono, misericordia che tu vivi costantemente con noi tutti.
Signore, ti voglio ringraziare per le persone che non hanno usato parole cattive, che non hanno parlato male del prossimo, che non sono arrivati a giudizi superficiali, che hanno preferito stare in silenzio piuttosto che fare discorsi inutili e puerili. Mi hanno insegnato la forza della contemplazione: di chi non si sente Dio, che tutto può giudicare, ma s’immedesima in Maria, la quale medita nel suo cuore ciò che accade, buono o sfavorevole che sia.
Signore, ci sarebbero tante altre cose per dirti grazie, eppure mi fermo qui, prendendomi il proposito di essere come i pastori del Vangelo che partono, ma per tornare, dopo aver udito e visto, com’era stato detto loro. Hanno obbedito a un annuncio, non lo hanno lasciato cadere nel vuoto, ma lo hanno raccolto e hanno sperimentato una gioia immensa proprio per tutto quello che avevano udito e visto. E anche io, posso dire di aver udito la tua parola e visto il tuo amore pure in quest’anno tanto difficile.
Signore, ti chiedo di poterti ancora incontrare nella mia vita, nell’anno che si apre dinanzi a noi, nelle pieghe della storia. Tu ci parli con i fatti: non fai accadere il male, ma ci chiedi, davanti a ciò che capita, di portare il bene laddove non sussiste, l’amore dove domina l’odio.
Signore, ti chiedo di essere sempre in grado, come i pastori, di glorificarti e di lodarti, perché sei la realtà più importante, che possiamo sempre contemplare – vedere e toccare – nell’Eucaristia.
Non ci resta, quindi, che il compito di vivere davvero da fratelli, abbandonando ogni pregiudizio, ogni egoismo, ogni falsa umiltà, ogni discorso cattivo, pernicioso e ideologico, per lasciare spazio alla potenza dello Spirito Santo che solo rinnova e che permette di ascoltare la vera voce di Dio anche nei luoghi apparentemente lontani da Lui.
C’è una frase del romanzo Harry Potter e il Calice di Fuoco che può essere un monito per vivere nel bene questo anno nuovo. Dice, più o meno il Preside di Hogwarts, Albus Silente: «Momenti bui e difficili ci attendono [noi li abbiamo in parte vissuti lungo tutto l’anno]. Presto dovremo affrontare la scelta tra ciò che è giusto e ciò che è facile».
“Facile”, viene detto e non “sbagliato”. Mi ha colpito questa espressione. Speriamo, dunque, di non cedere alla facilità di scelte banali, ma di aderire con tutto noi stessi all’Amore che si è fatto bambino per la nostra salvezza.
Ad meliora et maiora semper!
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