Oxford proibisce a studiosa di assistere a convegno su donne e diritti: ha una bambina

Martedì scorso al Sheldonian Theatre nel campus universitario di Oxford è stata invitata Julia Gillard, ex primo ministro dell’Australia, a tenere un discorso dal titolo: “Donne e leadership: combattendo per un mondo equo”. L’argomento, come si evince dal titolo, riguardava i diritti delle donne.

Voleva partecipare all’evento anche la studentessa Ania Kordala, 27 anni, la quale, come da procedura, si è iscritta, chiedendo per e-mail agli organizzatori il permesso di portare con sé la figlioletta.

Sì, perché Ania è una giovane madre, che, con il coraggio e la fatica che possiamo immaginare, porta avanti i suoi studi occupandosi anche di una piccola bambina.

Ania si è seduta in teatro, insieme alla piccola Pola, la quale, in attesa dell’inizio dell’intervento, balbettava quieta.

L’evento era appena iniziato, quando una signora dell’organizzazione tecnica si è avvicinata e le ha intimato di andarsene immediatamente: «Sei proprio accanto al cameraman, devi andartene ora», le avrebbe detto.

La giovane ha allora proposto di trasferirsi dall’altra parte della stanza, ma niente: doveva andare via, fuori.

Un po’ sconcertata, ha allungato le mani per radunare le sue borse, dove aveva l’occorrente per la piccola, ma pure questo non le è stato permesso: un amico avrebbe dovuto portarle fuori per lei.

Ania è uscita ed ha cominciato a scrivere su twitter:

Sento la stanza riempirsi di applausi mentre Julia Gillard sale sul palco e inizia a parlare. A proposito di donne e leadership. A proposito di uguali diritti e opportunità. 

Più tardi l’Università di Oxford e il Dipartimento Nuffield sulla salute della popolazione si congratuleranno con se stessi per aver organizzato un evento del genere ed essere in prima linea nella lotta per l’uguaglianza. 

Il discorso verrà guardato molte volte e probabilmente riceverà anche una copertura mediatica. Ma questo è solo un lato della storia.

L’altro lato della storia è un genitore studente che voleva essere parte del discorso. Che ha letteralmente combattuto a suo modo nell’edificio nonostante gli sia stato detto “no”. 

Che l’ha fatto all’interno ed è stato espulso quasi subito dopo. Che è fuori dall’edificio quando tutti gli altri sono dentro.

Un portavoce dell’Università di Oxford si è rammaricato per il disguido, dovuto, pare, ad una incomprensione tra la squadra esterna di tecnici che doveva filmare l’evento e gli organizzatori, che invece generalmente accolgono bambini e famiglie durante gli eventi.

Il problema, come sempre, è riempirsi la bocca di belle parole e di proclami teorici per poi disattenderli nella pratica quotidiana, con sistematica noncuranza.

Sotto l’articolo del Dailymail che riporta la notizia si legge, tra i commenti, anche questo:

Per essere onesti, non c’è davvero una discussione. Sì, il discorso riguardava l’uguaglianza per le donne, ma non c’è davvero bisogno di includere un potenziale bambino irrequieto. Mi sento frustrata dalle madri che si rifiutano di calmare i loro iper bambini al cinema. Solo perché il film sembra essere per i bambini, non significa che i miei figli debbano sopportare il loro bambino rumoroso e piangente.

Questo commento racchiude in poche parole tutti i temi che alimentano il moderno astio per i bambini: abbiamo la competizione tra madri a chi è la più brava (i miei figli al cinema stanno zitti, quelli delle altre no), la totale mancanza di pazienza verso i bambini e il giudizio dei loro comportamenti fatto secondo le esigenze degli adulti, nonché l’espulsione della parola “bambini” dal tema della difesa dei diritti delle donne.

Il fatto che una donna sia madre, possa esserlo, voglia esserlo, non è più considerata una caratteristica intrinseca del genere femminile, bensì una semplice marginale annotazione, come il colore dei capelli: c’è chi si tinge di biondo e chi di nero, c’è chi ha figli e chi no.

Le madri sono messe all’angolo da una mentalità che accolla a loro e solamente a loro la responsabilità totale connessa alla prole, in quanto i figli sarebbero il frutto di una scelta personale, senza alcuna valenza collettiva, spesso intesa anche con una sfumatura di egoismo (hai voluto un figlio? Adesso sono affari tuoi!)

Con disprezzo massimo vengono accolte le famiglie numerose, accusate persino di fare danni alla terra che è a rischio sovrappopolamento.

Quindi la leadership alle donne è concessa, pure sponsorizzata, solo se si tratta di donne senza figli: per loro la parità è una strada spianata, agevolata dalle quote rosa stabilite dai codici etici sempre più diffusi in ogni ambito e tanto amati dal politically correct.

Quanto siano utili i discorsoni senza fondamento pratico, però, è sempre più evidente: pure la sala del Sheldonian Theatre, col suo ospite illustre, non era affatto piena e non c’è traccia su internet di un resoconto dell’evento. Di tutto quel mare di parole, è rimasta solo la polemica di Ania, rimbalzata su più testate. Perché la realtà accetta di essere contraddetta solo fino ad un certo punto e poi presenta il conto. 

È ora che i temi del femminismo e della difesa delle donne tornino a mescolarsi con la gente comune e a parlare di questioni vere: la conciliazione pratica della maternità con l’attività lavorativa; il diritto a realizzarsi anche attraverso la maternità, senza che gli ostacoli di natura economica pongano insormontabili veti; il riconoscimento del grande valore sociale della maternità e la sua indisponibilità come servizio cedibile.

Secondo l’Osservatorio nazionale mobbing in Italia negli anni 2013-2015 sono state licenziate o costrette a dimettersi 800 mila donne, di cui 350 mila sono quelle discriminate per via della maternità o per richieste che tendevano ad armonizzare il lavoro con le esigenze famigliari. Inoltre, a causa del mobbing post-partum, cioè la tendenza dei datori di lavoro a demansionare o emarginare le donne al rientro dalla maternità, 4 donne su 10 sono state costrette a dare le dimissioni: 21% al Sud, 20% al Nord-Ovest, 18% al Nord-Est – il resto nelle isole e nelle periferie.

A quando un convegno su questo?

2 commenti

  1. Chi dice cosi è folle……Non ha capito nulla della donna.

    Con disprezzo massimo vengono accolte le famiglie numerose, accusate persino di fare danni alla terra che è a rischio sovrappopolamento.

    Grazie

  2. Salve!

    Ma in quel posto ed in quel momento non c’era una uomo?
    Intendo per “uomo” un vero uomo non uno tutto “chiacchiere e distintivo”…
    Io, come uomo terra-terra, come romagnolo testardo e ribelle,
    non avrei permesso una cosa del genere, avrei chiamato la forza
    pubblica avrei bloccato tutto per chiedere un intervento
    di una forza pubblica superpartes… lo ammetto è una tecnica
    che ho già usato… in certi “convegni” la tempistica è tutto!
    Minacciando di rovinare la tempistica per attendere interventi
    dall’esterno si blocca il sistema… si ottiene, con una forzatura,
    la giustizia negata… bisogna fare comne la vedova insistente
    con il giudice ingiusto…. rubargli il “loro” tempo per obbligarli
    alla giustizia…

    Il tema dei bambini rumorosi… io ho tre figli, adesso sono grandi
    ma da piccolini facevano un casino bestiale!
    Erano fastidiosi? Spesso! A me davano fastidio? No! e nemmeno
    i “fastidi” dei bambini degli altri… ma io sono un caso a parte…
    Nella nostra concattedrale i bambini stanno nelle prime file
    e ce ne sono anche più di 30…. fanno rumore? A volte…
    si muovono? sempre! danno fastidio? spero ben di no!
    ma nessuno si è mai lamentato anzi ci hanno sempre fatto
    i complimenti…

    A onor del vero mia moglie, madre di tre figli come detto
    un bel po’ rumorosi, non gradisce il rumore di figli degli altri,
    ha un po’ l’istinto di essere una mamma più “precisa” delle altre,
    conoscendo mia moglie posso solo pensare che sia un
    aspetto dell’istinto materno nulla più…

    Questo per dire che anche se la sensibilità personale
    può variare il rispetto per la fanciullezza dovrebbe
    essere una cosa condivisa e tutelata proprio perché
    non può essere decisa dai singoli umori…
    Se le nostre società vecchie e stantire fossero
    tenute sveglie dall’argento vivo dei fanciulli
    staremmo tutti meglio…

    “quelli sono bambini!” (l’ho scritto in italiano ma
    la frase è in dialetto napoletano) è la frase
    che mi rivolse, anni fa, un simpatico napoletano
    a fronte delle mie scuse per il chiasso che facevano
    i miei tre figli!

    saluti

    RA

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