Contro #BlackFriday e #PinkSunday: consumismo e femminismo ricette sbagliate

In quale universo potete seguire un servizio televisivo su manifestazioni femministe (nel 2018!) intervallato da spot commerciali che hanno per testimonial un noto pornodivo? Ma nel nostro, naturalmente!, in questo guazzabuglio isterico e schizofrenico che alimenta l’immaturità adultescente dei cittadini e al contempo la loro cattiva coscienza: normalizzando la figura di un uomo che ha promosso su larga scala la violenza contro le donne (e l’abbrutimento degli uomini) – addirittura in questa recente serie di spot compare la sua famiglia! – e poi promuovendo il rigurgito della peggiore retorica sessantottina irrancidita, il nostro tempo infelice si crogiola nelle contraddizioni che lo dilaniano.

«Il Black Friday più lungo della storia»

Rocco Siffredi

«Gli uomini sono tutti dei pezzi di merda: soprattutto il tuo papà»

Angela Finocchiaro

Contro il Pink Sunday

Passi presto questa domenica uggiosa in cui il peggio della sottocultura femministoide appesta i media con melensi appelli “alle donne perché facciano fronte comune”. Come se il “fronte comune” delle donne avesse mai risolto il problema della violenza tra i sessi: l’alleanza o è tra uomo e donna oppure diventa una carboneria in sedicesimo votata allo scacco – e a uno scacco cruento. Gli uomini sono più forti delle donne, almeno fisicamente: volete allearvi in wi-fi con le papesse del femminismo e dire alle vostre figlie che i loro padri sono degli stronzi? Non potrete immaginare di farlo sempre impunemente: anche la moglie di Giobbe rimediò un insulto dal marito e, poiché difficilmente i vostri mariti saranno tutti campioni biblici di pazienza o dei novelli Socrate, prima o poi (colpevolmente) perderanno le staffe. E se avranno abbozzato per molto tempo, durante il quale avrete insegnato loro a covare verso di voi un risentimento uguale e contrario a quello che voi provate per loro, tanto più deflagrante dovrete attendervi la reazione1ATTENZIONE +++ A scanso di equivoci preciso che in nessun caso intendo legittima e/o lecita la violenza (e non solo quella fisica, ma anche quella verbale e quella non verbale): dico che non ci si può attestare su una narrazione che pretenda di dare per “inspiegabile” la violenza dell’uomo. A stento la follia è inspiegabile: il crimine, invece, una spiegazione deve averla..

L’onorevole Eugenia Roccella – forte non solo della visibilità della donna di Palazzo, ma anche di una storia fatta di battaglie “per i diritti” su più fronti (alcuni dei quali poi rinnegati) – ha proposto sulla sua pagina Facebook una riflessione in larghissima parte condivisibile.

A mio avviso, quel che dice è tutto vero… ma non è ancora veramente tutto. Posto che si debba evitare ogni forma di negazionismo e di minimizzazione del fenomeno, quando nella cronaca corrente si usano sostantivi come “mostro“ e aggettivi come “mostruoso” si rischia di abdicare al tentativo di capire le ragioni dei fenomeni: dire che “le donne se la vadano a cercare” è tanto poco plausibile quanto affermare che la violenza degli uomini cominci di punto in bianco. Come quando davanti al terrorismo di matrice islamista si dice che “sono pazzi” e che “la religione non c’entra nulla”. Ora invece, che siano persone fomentate è evidente, ma negare che una qualche concezione del sacro (se non una religione in senso positivo e compiuto) c’entri qualcosa… rischia di portarci fuori strada. “Capire le ragioni”, poi non può certo intendersi in quel senso micragnoso e sottilmente misogino che fa la conta degli scheletri nell’armadio della moglie e del marito, il cui sottotesto sembra essere la riconduzione del c.d. “femminicidio” al vecchio “delitto passionale”.

Non posso non tornare con la mente a Sabbioneta, teatro dell’ultima insensata tragedia domestica: “femminicidio mancato”, come qualcuno l’ha definito, e crimine tanto più odioso in quanto ne ha pagato lo scotto supremo un innocente di undici anni. State indietro, femministe, non vi avvicinate a quello schifoso assassino di Gianfranco Zani: tocca a noi uomini, a noi padri, occuparci di lui – che ha depravato le energie con cui doveva sostenere e proteggere la sua famiglia in quelle con cui l’ha distrutta. Voi siete forse quelle che hanno forgiato il mostro, come Nebenprodukt delle vostre assurde battaglie contro la realtà. Nei servizi televisivi di questi giorni, tra #metoo e #nonunadimeno, non ho sentito una volta la domanda “ma come mai ti sei innamorata di quest’uomo violento?”. Di nuovo: non è pensabile giustificare alcuna violenza, di alcun tipo, ma è evidente che l’astratto appello ai “diritti” e ai “doveri” non risulta incisivo. Contrariamente a quanto dice la venditrice di pandori, gli uomini non nascono mostri, e di certo non lo diventano dalla sera alla mattina: lunghi anni di una banale guerra fredda domestica, però, possono imbarbarire chiunque.

[…] Sentirsi solo e vivo
tra le montagne grandi
e i grandi spazi immensi…

E poi tornare qui,
riprendere la vita
dei giorni uguali ai giorni;
discutere con te,
tagliarmi con il ghiaccio
dei quotidiani inverni…

no, non lo posso accettare!

Riccardo Cocciante

E no che non è ammissibile, non è giustificabile, non è (umanamente) perdonabile che una creatura razionale prevarichi con la violenza un’altra persona approfittando della propria preminenza fisica: «Gli schiaffi sono schiaffi – recitava molto opportunamente una pubblicità-progresso di qualche anno fa –: scambiarli per amore può farti molto male». Ma i “quotidiani inverni” sono quelli in cui le cose fatte di comune accordo – «fuori dal letto / nessuna pietà» – sono calendarizzate, memorizzate (e impugnate) con la puntigliosità di chi concede all’altro dei permessi e ne pretende per sé. Se la “comunione di vita e di amore” diventa una complessissima partita a shangai basata sui rapporti di forza, è ovvio che un simile stile di vita non abbia futuro: ciascuna parte userà le proprie forze come le sembrerà meglio. Femministe, se volete la pace l’alleanza dovete farla con noi uomini, non tra di voi: la via che ancora indicate – dopo mezzo secolo di sterilità, programmata e perseguita con determinazione suicida – è quella “dei poeti estinti”. E dovreste ricordare come finisce la storia.

Contro il Black Friday

C’è stata una donna, però, che mi ha portato una bella notizia, piena di semplice buonsenso: una giornalista francese del Figaro che ha ritwittato un video di Brune Poirson, membro dell’attuale governo francese.

Due donne, a conti fatti, che a differenza delle alienate femministe non parlano di differenza di genere e di altre parole, bensì del mondo vero e di cose concrete: Brune ha infatti lanciato un sorprendente messaggio “contro il Black Friday”.

Ricorre il #BlackFriday, il “venerdì nero”: nero probabilmente per il pianeta. Perché oggi consumiamo il 60% in più di prodotti tessili rispetto a 15 anni fa e li utilizziamo due volte di meno.

Oggi probabilmente comprerete apparecchi elettronici ed elettrodomestici che – benché nuovi – non funzioneranno più tra qualche anno, mentre di per sé potrebbero ancora farlo: è l’obsolescenza programmata. E questa è una duplice fregatura: per il pianeta e per il vostro portafogli.

E noi al governo stiamo lavorando su misure concrete per lottare contro tutto questo: abbiamo già presentato un piano, nello scorso aprile, lavoriamo a un indice, un sistema che permetterà di sapere meglio quale sia la durata dei prodotti che avete comprato, e poi metteremo tutto questo in un progetto di legge nel 2019.

Sorpreso da questa breve ode alla “decrescita felice”, sono andato a cercare nella Costituzione Repubblicana Francese se per caso ci fosse un articolo analogo al nostro quarantasettesimo, ma non l’ho trovato.

La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del paese.

Se questo articolo della nostra Carta – che spesso senza conoscere vantiamo come “la più bella del mondo” – ci pare canzonatorio fino al sarcasmo, a leggerlo, la colpa è anzitutto nostra, intendo di noi cittadini (che colpevolmente ci siamo lasciati ridurre all’infimo rango di consumatori). L’invenzione del consumismo è stata resa possibile dalla sistematizzazione della scoperta fondamentale dell’economia moderna – è l’offerta che genera la domanda e non solo viceversa – e in realtà il rango del consumatore è attualmente infimo solo perché ne abbiamo dimenticato la grande dignità. Compriamo cose di cui non abbiamo bisogno per dimenticare l’alienazione in cui ci getta comprare cose di cui non abbiamo bisogno; così permettiamo alle femmitriste di delirare sui media nazionali perché abbiamo orrore dello squallore in cui versa la nostra società pornografica. Per ben altro siamo fatti, come pure grandi voci hanno ricordato al nostro tempo.

La domanda di un’esistenza qualitativamente più soddisfacente e più ricca è in sé cosa legittima; ma non si possono non sottolineare le nuove responsabilità ed i pericoli connessi con questa fase storica. Nel modo in cui insorgono e sono definiti i nuovi bisogni, è sempre operante una concezione più o meno adeguata dell’uomo e del suo vero bene: attraverso le scelte di produzione e di consumo si manifesta una determinata cultura, come concezione globale della vita. È qui che sorge il fenomeno del consumismo. Individuando nuovi bisogni e nuove modalità per il loro soddisfacimento, è necessario lasciarsi guidare da un’immagine integrale dell’uomo, che rispetti tutte le dimensioni del suo essere e subordini quelle materiali e istintive a quelle interiori e spirituali. Al contrario, rivolgendosi direttamente ai suoi istinti e prescindendo in diverso modo dalla sua realtà personale cosciente e libera, si possono creare abitudini di consumo stili di vita oggettivamente illeciti e spesso dannosi per la sua salute fisica e spirituale. Il sistema economico non possiede al suo interno criteri che consentano di distinguere correttamente le forme nuove e più elevate di soddisfacimento dei bisogni umani dai nuovi bisogni indotti, che ostacolano la formazione di una matura personalità. È, perciò, necessaria ed urgente una grande opera educativa e culturale, la quale comprenda l’educazione dei consumatori ad un uso responsabile del loro potere di scelta, la formazione di un alto senso di responsabilità nei produttori e, soprattutto, nei professionisti delle comunicazioni di massa, oltre che il necessario intervento delle pubbliche Autorità.

Giovanni Paolo II, Centesimus annus 36

La interconnessione mondiale ha fatto emergere un nuovo potere politico, quello dei consumatori e delle loro associazioni. Si tratta di un fenomeno da approfondire, che contiene elementi positivi da incentivare e anche eccessi da evitare. È bene che le persone si rendano conto che acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico. C’è dunque una precisa responsabilità sociale del consumatore, che si accompagna alla responsabilità sociale dell’impresa. I consumatori vanno continuamente educati [145] al ruolo che quotidianamente esercitano e che essi possono svolgere nel rispetto dei principi morali, senza sminuire la razionalità economica intrinseca all’atto dell’acquistare. Anche nel campo degli acquisti, proprio in momenti come quelli che si stanno sperimentando, in cui il potere di acquisto potrà ridursi e si dovrà consumare con maggior sobrietà, è necessario percorrere altre strade, come per esempio forme di cooperazione all’acquisto, quali le cooperative di consumo, attive a partire dall’Ottocento anche grazie all’iniziativa dei cattolici. È utile inoltre favorire forme nuove di commercializzazione di prodotti provenienti da aree depresse del pianeta per garantire una retribuzione decente ai produttori, a condizione che si tratti veramente di un mercato trasparente, che i produttori non ricevano solo maggiori margini di guadagno, ma anche maggiore formazione, professionalità e tecnologia, e infine che non s’associno a simili esperienze di economia per lo sviluppo visioni ideologiche di parte. Un più incisivo ruolo dei consumatori, quando non vengano manipolati essi stessi da associazioni non veramente rappresentative, è auspicabile come fattore di democrazia economica.

Benedetto XVI, Caritas in veritate 66


Non manca, è vero, chi parli anche in Italia di “decrescita felice” e di sostenibilità, ma fino a quando non si avrà la capacità di raccogliere il tutto in una sintesi – e se non si coglie l’omogeneità tra il Black Friday e il Pink Sunday, parallelo a quello tra consumismo e pornografia, ne siamo ben lungi! – resteremo sempre a baccagliare con degli slogan. Di destra, di sinistra, alla moda o fuori moda, ma in ultima analisi incomprensibili e soprattutto inefficaci.

Note

Note
1 ATTENZIONE +++ A scanso di equivoci preciso che in nessun caso intendo legittima e/o lecita la violenza (e non solo quella fisica, ma anche quella verbale e quella non verbale): dico che non ci si può attestare su una narrazione che pretenda di dare per “inspiegabile” la violenza dell’uomo. A stento la follia è inspiegabile: il crimine, invece, una spiegazione deve averla.
Informazioni su Giovanni Marcotullio 296 articoli
Classe 1984, studî classici (Liceo Ginnasio “d'Annunzio” in Pescara), poi filosofici (Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, PhD RAMUS) e teologici (Pontificia Università Gregoriana, Pontificio Istituto Patristico “Augustinianum”, Pontificia Università “Angelicum”, PhD UCLy). Ho lavorato come traduttore freelance dal latino e dal francese, e/o come autore, per Città Nuova, San Paolo, Sonzogno, Il Leone Verde, Berica, Ταυ. Editor per Augustinianum dal 2013 al 2014 e caporedattore di Prospettiva Persona dal 2005 al 2017. Giornalista pubblicista dal 2014. Speaker radiofonico su Radio Maria. Traduttore dal francese e articolista per Aleteia Italiano dal 2017 al 2023.

2 commenti

  1. Come ti sei innamorata di quest’uomo violento ?

    Semplicemente perché nulla di quel che ho visto o che ho pensato di vedere in lui quando me ne sono innamorata lasciava presumere violenza o forse perché quando ho iniziato a subodorare piccole avvisaglie (noi donne siamo bravissime a subodorare…e altrettanto brave ad autoconvicerci che quell’odore era “che sò forse una boccata di fumo di sigaretta portata dal vento” mentre è il fumo dell’arrosto nel forno di casa nostra oramai carbonizzato) oramai eravamo andati…oltre.
    Erano nate le nostre figlie… o avevo appena partorito la nostra figlia maggiore… o forse perché ero sola ….lontana da tutte le amicizie, dagli affetti (quelli veri o quelli presunti)
    Forse perché non vivevo nella mia città natale o forse semplicemente perché quel gesto brusco improvviso o quel malumore mattutino era più facile addossarmelo anziché aprire gli occhi verso quello che nel corso degli anni è cresciuto e peggiorato fino a sfociare in veri e propri gesti di violenza … esile come sono trovarsi ad essere scaravantata da uno alto 1mt90 non ti fa salire l’adrenalina come un salto con il paracadute… in quel momento non vivi… ovvero c’è qualcosa che si scollega, come la spina dalla presa… e non pensi… anzi la sola cosa alla quale pensi è piangere piano perché nella sua stanza tua figlia sta dormendo… poi c’erano i silenzi le partenze e i ritorni… e nel “mentre” il quotidiano… la bambina piccola da accudire che dopo sono diventate due…una quotidianità che poco spazio lasciava al pensare e alla consapevolezza…che verrà dopo … quando è troppo tardi… quando le lacrime sono asciutte perché ne hai versate talmente tante da non aver più occhi per piangere…la consapevolezza arriva quando il voler veder “schiattare” chi ti ha scaravanto come un oggetto inutile e vecchio, come un sacco della monnezza si scontra alla necessità di perdonare perché con quella rabbia finisci per uccidere quello che lui non è stato capace di fare… e a poco valgono le coccole di chi ti vuole bene perché ha ti ha guardata negli occhi o ha solo osservato il tuo essere muoversi ed ha captato attraverso piccoli segni la sofferenza che ho imparato a celare dietro il mascara e il rossetto ma che non sfugge a chi ferite profonde ha affidato a Qualcunaltro e conosce il valore del dolore e del perdono.

  2. Penso e credo che noi donne abbiamo un ruolo ben definiti, il marito fa anche lui la sua parte, che sarebbe la protezione verso la sua famiglia e verso la sua sposa.
    La donna, madre, ha già un ruolo ben carico, che sarebbe quella di accudire i suoi figli, il marito, la casa….credo che se è fatto d’amore ha fatto molto….che ne pensate ???
    Grazie.

    Io sono contro la violenza,….e sono donna.

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