Referendum irlandese: i #prolife d’Occidente avviati alla riserva indiana

Lo scrutinio vero e proprio comincia stamattina, ma data la spaventosa forbice i “grandi numeri” saranno clementi se vorranno appena attenuare lo spaventoso divario (attualmente stimato in 68 contro 32) tra quanti invocano la libertà di uccidere i figli sotto il cuore delle madri e quanti si prefiggono di “amare entrambi” (la madre e il figlio1“#LoveBoth” era l’hashtag e il motto scelto dai prolife.).

Potremmo qui ricordare le parole che nel 1981 Eugenio Corti confidò sconsolato a un giovane Mario Palmaro:

Io avevo posto una sola condizione per battermi2Si parlava del Kulturkampf del 1978 sulla legalizzazione dell’aborto.: tappezzare l’Italia di manifesti che mostrassero le foto raccapriccianti di che cosa succede a un feto abortito. Per convincere la gente che l’aborto è sbagliato, bisogna mostrare alla gente che cos’è l’aborto. Mi risposero che questo era impossibile, e che sarebbero stati usati messaggi positivi e foto di bambini sorridenti. Capii in quel momento che la battaglia era persa in partenza, e mi ritirai in buon ordine. E così fu.

Ma penso che sarebbe fuorviante, perché non completamente esaustivo, concentrarci solo sulla questione comunicativa: una volta di più, oggi paghiamo lo scotto di molte leggerezze, di molte ingenuità, di molte stupidità perfino. Torna alla mente l’insipiente comunicato stampa del Movimento per la Vita a seguito della (incostituzionale) rimozione del manifesto antiaborto di ProVita:

Roma, 7 aprile 2018. Il Movimento per la vita italiano esprime il suo disappunto per le polemiche suscitate dal manifesto affisso da Pro Vita a Roma e per la conseguente rimozione dello stesso. Ci dispiace che siano stata calpestate le libertà costituzionalmente garantite di parola e di espressione, che in questo caso hanno a che fare con una elementare verità fondata sulla scienza e sulla ragione: il figlio è figlio fin dal concepimento, è un essere umano, uno di noi, titolare del basilare diritto alla vita. È lodevole l’intento di portare l’attenzione sul bambino non nato. Tuttavia, il Movimento per la Vita ha sempre adottato modalità comunicative diverse per promuovere la cultura dell’accoglienza dei bambini in viaggio verso la nascita. È necessario che il tema della vita nascente sia proposto in chiave costruttiva, con lo spirito di chi vuole gettare ponti e non costruire muri; con la fiducia che, nonostante tutto, la “preferenza per la nascita” è un percorso tracciato destinato a consolidarsi; con la consapevolezza che la gravidanza è una condizione particolarissima che implica uno sguardo d’amore sia verso il figlio che verso la madre. Per questo il Movimento per la Vita auspica che il quarantesimo anniversario della legge 194/1978 sia l’occasione per una riflessione dialogante e approfondita nella convinzione che davvero il riconoscimento del concepito come uno di noi è la prima pietra per costruire un nuovo umanesimo.

Sì, c’è molta insipienza in queste spocchiose rivendicazioni di know how. La verità vera, se volessimo dircela, è che perdiamo sempre: abbiamo perso molto e stiamo perdendo tutto (né si vede perché dovrebbe andare diversamente), così ci dividiamo tra quanti teorizzano che soffriremo di meno stando a testa bassa e con l’elmetto ben calzato in testa e quanti sognano di poter reagire alla potenza di fuoco di un nemico multiforme come il circo massmediatico mainstream a partire da blog come questo o poco più grandi. Illusioni: perderemo comunque, malgrado le migliori ragioni e le migliori intenzioni.

Con la consueta lucidità (mista a un’insolita amarezza) Mario Adinolfi ha indicato nel silenzio della Chiesa in Irlanda uno dei fattori che hanno portato a questa ignominiosa disfatta (le cui spese ricadranno sugli innocenti e sulle sventurate, come al solito: noi tra poco abbiamo il brunch…). A tale proposito vorrei solo commentare che tra i motivi per cui le Chiese restano talvolta silenti c’è l’aver già bruciato i proprî crediti in battaglie che non avrebbe dovuto combattere (o peggio ancora, in errori che si sarebbero dovuti, se non evitare, correggere prontamente). Com’è possibile che in pochissimi anni più di due irlandesi su tre siano arrivati a pensare che sia cosa buona e giusta scrollarsi di dosso la responsabilità di una donna che aspetta un bambino col metterle in mano i mezzi per uccidere suo figlio? Semplice, lo si capisce dalla campagna che hanno condotto contro i difensori dell’ottavo emendamento:

  1. essere contro il progresso è da medievali,
  2. essere medievali è da cattolici,
  3. essere cattolici è da pedofili omertosi.

Questo sottotesto, questo non-detto, stronca in radice qualunque ipotesi di pronunciamento ecclesiastico. E allora salutiamo la “libertà di scelta” come una conquista di civiltà e prepariamoci al grande clistere collettivo di Scalfari, Marzano, Murgia, Gramellini e tutta la corazzata di cortigiani. Gli stessi che stanno lì a difendere (giustamente anche se solo a chiacchiere) il diritto alla vita dei poveri, quello a emigrare dei migranti3Diritto che esiste, checché ne dica Giorgia Meloni., quello degli omosessuali (ma non degli obesi) a non essere bullizzati… e via dicendo.

Note

Note
1 “#LoveBoth” era l’hashtag e il motto scelto dai prolife.
2 Si parlava del Kulturkampf del 1978 sulla legalizzazione dell’aborto.
3 Diritto che esiste, checché ne dica Giorgia Meloni.
Informazioni su Giovanni Marcotullio 296 articoli
Classe 1984, studî classici (Liceo Ginnasio “d'Annunzio” in Pescara), poi filosofici (Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, PhD RAMUS) e teologici (Pontificia Università Gregoriana, Pontificio Istituto Patristico “Augustinianum”, Pontificia Università “Angelicum”, PhD UCLy). Ho lavorato come traduttore freelance dal latino e dal francese, e/o come autore, per Città Nuova, San Paolo, Sonzogno, Il Leone Verde, Berica, Ταυ. Editor per Augustinianum dal 2013 al 2014 e caporedattore di Prospettiva Persona dal 2005 al 2017. Giornalista pubblicista dal 2014. Speaker radiofonico su Radio Maria. Traduttore dal francese e articolista per Aleteia Italiano dal 2017 al 2023.

12 commenti

  1. Caro Giovanni come amici “teologi” possiamo dircelo?
    La violenza prima viene fatta dai cattolici all'”et-et”, preambolo ad ogni eresia, interna al cuore ed esterna al medesimo.
    Il Comunicato del MPV sbaglia proprio su questo versante.
    La storia della Chiesa, dai suoi primi anni, fino a ieri è stata fatta da accenti anche diversificati orchestrati dallo Spirito del Signore. Tali da apparire a volte antitetici.
    Finché non ci renderemo conto che alcuni (non tutti, alcuni) sono chiamati a scuotere con “sonori schiaffoni” nella logica dell'”et-et” e che c’è spazio per tutti, nella Chiesa, e per ogni forma di comunicazione che rispetti l’Incarnazione, perderemo proprio in partenza riducendo l’evento che scardina la storia e la conduce, cioè l’Incarnazione, verso un addomesticamento mondano, pacato, salottiero, non urticante.
    Poiché la cosa è comunque, ontologicamente, impossibile, tale asservimento alla “terra” non farà altro che produrre fiumi di sangue martire che comincia nei bimbi a cui viene negata la vita e culmina nelle famiglie che difendono, su più versanti, la medesima.
    Se ciò piace a Dio, siamo ben lieti, ma di certo, chi è chiamato al Ministero della Guida e della Conferma dovrà renderne conto.
    Anche per questi offriamo tutto, perché la Via di Damasco sia colma di cadute da cavallo per ciascuno, a cominciare da chi scrive.

  2. Solo un appunto: a che pro ricorrere al cantare di Pocahontas, nel suo mellifluo vagheggiare tanto “new age”,
    (I fiume e i lampi sono i miei fratelli
    E gli animali sono amici miei
    Insieme nel segreto della vita
    In un cerchio che per sempre esisterà) (??),
    nel classico stile disneyano sempre più (col passare del tempo) politically correct, quando abbiamo tanta (anche poetica volendo) Parola di Dio o dei Padri della Chiesa?

    Perché allora non un pò di budda o di qualche celebre visionario (specie se sotto effetto di allucinogeni) singer d’oltre oceano?

    • Buona osservazione, ringrazio perché mi permette di chiarire qualcosa:
      • chi bazzica queste pagine sa che non si lesinano Parola di Dio e Padri della Chiesa…
      • qualche secolo prima di Pocahontas era stato Francesco d’Assisi a scrivere un poema con alcune assonanze; tuttavia
      • ho scelto Pocahontas e non il Poverello (o qualcuno degli altri tantissimi possibili) proprio perché la narrativa disneyana è largamente acclamata nei milieux radical chic. Come a dire: non occorre citarvi un santo, un dottore, un cristiano, per confutarvi – è la vostra stessa biblioteca a smentirvi (il punto è che non avete mai letto né compreso neanche quella);
      • “Omne verum a quocumque dicatur de Spiritu Sancto”, diceva san Tommaso, e questo dovrebbe portarci piuttosto a valorizzare il buono che c’è in qualunque testo non apertamente discendente dalla nostra tradizione che a inquisirlo;
      • ciò dice pure del concetto di “riserva indiana”, che condivide col ghetto la costituzione in parte libera e in parte coatta (ciò che già sta capitando anche a “noi bioconservatori”), e che viceversa si oppone proprio al “fortino”: mentre abbiamo già un’interminabile serie di avversarî, penso che sia tatticamente più sensato (oltre che esistenzialmente più vero) cercare in “Pocahontas” un’alleata, anziché una nemica (un’altra); perché si sbagliano quanti fra “noi” pensano di potersi arroccare in un fortino – abbiamo perso e perderemo ancora –: quello che ci pare il nostro fortino è in realtà il recinto della riserva che ci hanno costruito attorno.

  3. Grazie della risposta.

    Personalmente non vedo in “Pocahontas” né un’alleata, né un nemico (o un particolare nemico).

    Non ragiono né di ghetto, né di fortino, perché è per me un problema di chi eventualmente ci si sente o ci si lascia mettere.
    Il vivere del Cristiano va ben oltre.

    Così anche se del buono sempre in (quasi) tutto si può trovare, qui non lo si è trovato per.caso “sul proprio cammino”, ma si è scelto di proporlo a mo’ di esempio…
    Ha senso scegliere un “riflesso di luce” quando si può proporre a chiunque legga, una luce chiara e piena (viste poi le premesse dell’articolo)?

    Questa era e rimane la mia domanda, che non pretende per carità altra risposta, visto che in qualche modo è stata data seppure non mi abbia convinto.

    • Ha senso perché “The colors of the wind” probabilmente l’avrà canticchiata anche Cecile Richards andando nella sua macelleria, mentre il Cantico di frate sole difficilmente l’avrà mai sentito nominare. Eppure la domanda “How high will the sycamore grow? / If you cut it down, then you’ll never know” sarebbe molto adeguata a chi come lei pensa di portare il progresso mentre adduce solo devastazione e morte.
      Ciò detto, non è mia cura quella di convincere chicchessia, specie chi sa già dove andare a prendersi il cibo solido.

  4. “a chi come lei pensa di portare il progresso mentre adduce solo devastazione e morte.”

    Un gentile “lei” in un tranciante giudizio le cui basi peraltro mi sfuggono, ma che certo conclude ogni confronto direi… (ma forse lo scopo di questo blog e solo farsi leggere?).

    D’altronde è sempre esercizio arduo accettare una critica (neppure poi così pesante mi pareva).

  5. Fraintendimento ed errore mio, dovuto a quel “lei” (che non capisco perché usare nel confronto qui, piuttosto di un diretto e fraterno “tu”) che ho creduto rivolto a me.

  6. Onestamente mi sono perso un po’ del vostro dibattere ma istintivamente anche a me non è piaciuta la citazione disneyiana. Nel mio percorso di fede tendo in modo lento ma inesorabile a distanziarmi da tutta una serie di “racconti” (o “messaggi” se lo si preferisce) proposti da molti dei mainstream del “mondo” (parola brutta che io non uso mai ma qui serve una sintesi). Come ho già avuto modo di esprimere in diversi incontri cattolici sui temi famiglia, società ecc… -fra l’altro scandalizzando sempre molti e per primi di solito i relatori- io consiglierei di tenersi lontanissimi dai messaggi e dai racconti generati dall’industria del commercio sopratutto se di stampo anglosassone e derivati…
    Per cui un deciso no ai social, alla filmografia tutta (o quasi) ed all’utilizzo di messaggi provenienti da chi ti vuol vendere qualcosa. E’ vero che lo Spirito ed il disegno di Dio percorre strade a noi sconosciute ma per similitudine con un grande insegnamento che ricevetti alla scuola di Teologia e cioè che Dio ci propone più volte il suo progetto ed ogni volta che noi lo rifiutiamo lui ce lo ripropone in modo diverso in qualche modo “modificando” il suo progetto per misericordia nei confronti dei nostri no di peccatori, così penso che sia una risposta più coerente con la nostra Fede aiutare lo Spirito alle vie dritte ricorrendo il più possibile alla parola di Dio ed il meno possibile alle infinite parole di mammona.
    In un mondo dove “15 o 20 persone decidono le sorti dell’economia” (cit.) (ma spero non sia vero! sigh!) con le più grandi disparità sotto il cielo della storia dell’uomo penso che noi cristiani abbiamo il compito preciso di rimanere uniti e saldamente attaccatti alla parola di Dio. al massimo potremo forse usare i messaggi dei media come esempi negativi. Saluti. RA

  7. Commento con molto, ritardo la bella e amara riflessione.
    Anch’io sono una cosiddetta prolife, , pure appassionata; non ho competenza teologiche, poco so della realtà irlandese ma offro , comunque il mio pensiero che è frutto di una esperienza limitata all’Italia, in particolar modo, alla Toscana.
    I pro life di Occidente, in un certo senso, sono sempre stati in una riserva: come cattolici, avevamo l’appoggio dei papi, ma quanti hanno letto le encicliche di Giovanni Paolo II, lo hanno seguito nel suo magistero ordinario, hanno raccolto la sfida ch , nella difesa degli esseri umani più piccoli ed indifesi , lanciava al mondo e alla Chiesa? Quanti hanno ascoltato Benedetto XVI, i suoi appelli alla ragione,
    ad un dialogo ancorato alle evidenze elementari?
    All’interno del mondo cattolico, da me frequentato fin dall’adolescenza, la tutela dei bimbi concepiti, ma anche, piu’ in generale dei fragili, la liceità morale dell’aborto, la legislazione che lo legalizzava sono sempre stati considerati temi divisivi e chi ne era interessato un marziano; se ne parlava il meno possibile. Non ho mai sentito in un’omelia parlare di aborto, né tantomeno qualificarlo come peccato.
    Si raccoglie quello che si semina, né si può vivere a lungo di una tradizione e di un humus culturale : basta aspettare che ad una generazione se ne sostituisca un’altra, che si è abbeverata ad altre fonti ed è stata bombardata da messaggi di un certo tipo, perché muri si sbriciolino e tutto cambi.
    Secondo me, l’unica occasione per uscire dal ghetto e far diventare la difesa degli innocenti. carne e cuore di un modo, è stata il referendum sulla legge 40, ma non è stata sfruttata: .
    non solo il mondo cattolico si era svegliato dal suo torpore, ma tutti , anche i più distratti, erano stati costretti ad informarsi e porsi quelle domande Quel fervore, velocemente ,si è spento.
    Non conosco bene i paesi dell’Europa orientale, ma anch’io temo che a loro situazione spirituale e morale sia molto simile a quella europea degli anni ’60, prima del grande cambiamento.
    Penso, in parte, sia diverso in Russia, perché la legislazione è andata in direzione opposta a quella europea: dalla totale liberalizzazione degli aborti, ad una restrizione e a una politica di tutela della maternità.

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