Adamo ed Eva non sono personaggi storici (ma sono esistiti)

Jan Brueghel de Oude e Peter Paul Rubens - Il paradiso terrestre e la caduta di Adamo ed Eva

“Adamo ed Eva: personaggi storici?”

Pochi giorni fa ho risposto ad un sondaggio su fb, alla domanda “Chi di voi ritiene che Adamo ed Eva siano personaggi storici”. C’era una richiesta esplicita, di rispondere “sì” o “no” che ho deciso di non rispettare. Perché? Perché questa domanda, che torna con insistenza, specialmente a scuola, tra i giovin liceali (e meno male!), in realtà ne porta altre in sottotraccia. Provo ad esplicitarne un paio, di “sottotracce”.

  • Chi di voi ritiene che Adamo ed Eva siano personaggi storici? Perché se non lo sono la Bibbia mente;
  • Chi di voi ritiene che Adamo ed Eva siano personaggi storici. Se non lo sono, il peccato originale dove va a finire?

Siccome volevo evitare di  dare della bugiarda alla “Bibbia”, ritenendo «primieramente da considerare, essere e santissimamente detto e prudentissimamente stabilito, non poter mai la Sacra Scrittura mentire» (Galileo, Lettera a Cristina di Lorena), né dover esser detto pelagiano, ho dato una risposta che alcuni definirebbero gesuitica.

“Chi di voi ritiene che Adamo ed Eva siano personaggi storici”: “Storici no, esistiti sì”. In realtà a riguardo del sondaggio la mia risposta non è servita a tirarmi fuori dall’alternativa: “storici no” è evidentemente la risposta alla domanda e me ne son dovuto fare una ragione. Proprio in ragione di questo fallimento ho deciso che dovevo affrontare la questione con una spiegazione.

“Chi ha scritto la Scrittura?”

Per ogni buon credente cattolico la Sacra Scrittura «ha Dio per autore» (DV 11)1Con “DV” indichiamo la Costituzione Dogmatica sulla divina Rivelazione “Dei verbum” che i Padri promulgarono al Concilio Vaticano II nel 1965, Dio che «scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità» (DV 11) perché fossero «veri autori» (DV 11) delle cose che Dio voleva ci fossero rivelate. In questo senso la Scrittura è una specie di doppia testimonianza (per il credente): come testimonianza da parte di Dio stesso essa è testimonianza a cui è dovuta l’obbedienza della fede e «il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà» (DV 5); essa è anche testimonianza da parte di uomini, singoli o comunità intere lungo archi di storia anche molto estesi che sono gli autori dei libri che compongono la Scrittura, che merita in quanto testimonianza umana il nostro sforzo di comprensione: essi hanno ben scritto «nel possesso delle loro facoltà e capacità»!

Questa duplicità è a dire il vero fastidiosa per il pensiero (e per la vita stessa), che vorrebbe ritrovare l’unità sotto la comoda forma dell’identità in maniera da poter giudicare con un poco di immediatezza quello che è scritto in questa vera e propria biblioteca. Se la Scrittura fosse testimonianza diretta di Dio, non foss’anche che nella forma della dettatura ai vari scribi umani, avremmo risolto facilmente il problema, non rimanendo che l’immediata sottomissione a qualcosa di così diretto. Se la Scrittura fosse soltanto un insieme di libri scritti da uomini che hanno ricercato Dio nelle loro storie, allora avremmo facilità ad interpretare questi libri con ogni mezzo possibile, come storici, letterati, poeti, teologi, (potendo anche continuarli noi stessi e, perché no, migliorarli!) in maniera da assimilarci immediatamente gli uomini e le loro opere.

Disgraziatamente questa esclusione non è possibile: Dio è autore dei libri della Scrittura e gli uomini di cui si è servito («agendo Egli in essi e per loro mezzo»: DV 11) sono «veri autori». Le scorciatoie sono precluse, entrambe. Prima: considerare generica opera umana questi libri significa tagliare via l’intenzione profonda e vitale che ha sostenuto gli agiografi (lo Spirito Santo) e ritrovarsi poi con frammenti spezzati ed incoerenti o, peggio ancora, con grandiose sintesi ideologiche su Dio, Israele, la Chiesa. Seconda: presumere di avere accesso al Dio che rivela direttamente, escludendo il mezzo che Dio stesso si è scelto, ovvero una catena di esseri umani che hanno dedicato “corpo ed anima” ad un’opera che non era soltanto loro propria; così ridurre la Rivelazione ad una lista di “chiari” insegnamenti, col rischio che ognuno, per via dell’accesso diretto, “trovi” nella Parola di Dio soltanto ciò che ha già dentro: precetti severi, mielosi sentimenti, mirabolanti conferimenti di autorità profetiche o la loro totale negazione.

“Domandare bene”

E quindi? Vediamo cosa questo significhi in concreto quando si tratta di leggere i primi capitoli di Genesi. Quando ci facciamo la domanda: “ma è proprio successo così?” o l’equivalente “è la storia della creazione?” dobbiamo chiederci da che posizione stiamo domandando. Se la nostra domanda mira a capire quale sia la verità che Dio ha inteso rivelare, allora, non essendo noi liberi pensatori (o luci spente, o urli silenziosi: ossimori insomma) semplicemente la domanda ha poco senso, perché sarebbe come chiedere “Dio ha forse mentito?”. Credo che questa precisazione sia importante: molti che rimangono scandalizzati da ciò che si sente dire sulla Bibbia secondo me non si scandalizzano abbastanza a fondo, e questo li conduce fuori strada. Chiunque intenda davvero chiedere se Adamo o Caino siano esistiti come cartina al tornasole della veridicità di Dio non merita una risposta sensata perché pone una domanda insensata: Dio non può mentire e non si scopre la verità che rivela tentandolo. Quindi se da questa posizione (di chi cerca di capire se Dio dice il vero) la domanda non ha senso, occorre vedere se la domanda non abbia senso da un’altra posizione.

Note

Note
1 Con “DV” indichiamo la Costituzione Dogmatica sulla divina Rivelazione “Dei verbum” che i Padri promulgarono al Concilio Vaticano II nel 1965

6 commenti

  1. Penso che avrei risposto “si”. a) per tutte le cose da lei scritte, b) per le “domande in sottotraccia” ma, soprattutto perché, onestamente, c) allo stato attuale delle certezze scientifiche, che sono invece ipotesi, non è sicuro che Adamo ed Eva NON siano personaggi storici. Per cui, come Galileo, sono sicura che, prima di tutto la Sacra Bibbia è più veritiera della ipotesi di scienziati e/o insegnanti che ne vorrebbero prendere il posto nel cervello e nel cuore dei giovani affidati alla loro (in)competenza. Insomma, mi fido più di persone che hanno ascoltato la Sapienza del Signore che non omarini che vorrebbero prenderne il posto.

    • Il pericolo di sostituirsi alla Scrittura è grave, per questo motivo mi richiamo al testo della Bibbia (di Genesi) e alla sua lettera. Se Dio ha deciso di rivelarsi per iscritto “usando” uomini nel pieno delle loro capacità, dovremmo rispettare il mezzo che Dio ha scelto, senza scorciatoie. Se l’autore sacro ispirato dalla Sapienza divina ci scrive una poesia, perché leggerla come una cronaca? Se ci scrive una preghiera perché decidere che è un resoconto di battaglia? Per rispetto alla Sapienza e agli agiografi ho scritto che Genesi 1-5 non è un resoconto storico: credo si capisca leggendo i testi; ho scritto pure il motivo per cui Adamo ed Eva sono esistiti. Con così tanta convinzione nel peccato originale che secondo me è il peccato originale che dimostra l’esistenza di Adamo ed Eva: chi ha più certezza in un dato di fede se non chi lo utilizza per dimostrare altro?
      Con la scienza, immagino tu intenda paleontologia e biologia, non mi sono confrontato, perché non penso sia necessario: nessuno può dimostrare che 1, 3, 5 milioni di anni fa NON ci fu una prima coppia che sbagliò ad usare la libertà. La scienza studierà le varie specie e gli incroci: affascinante, ma non indispensabile, per quanto ho detto.

      • Mi scusi ma mi pare che il Magistero insegni cose diverse da quelle che insegna Lei. Se non erro l’esistenza di un genere mitologico è stato condannato cosi come il fatto di negare una reale ( e dunque storica) esistenza di Adamo ed Eva.
        Su quest’ultimo argomento La invito a leggere la lettera enciclica “Humani Generis” di Pio XII.
        Con rispetto.
        Lorenzo Bocci

        • Ti ringrazio per aver sottolineato un punto nevralgico e delicato. Parlando di genere “mitologico” ho voluto alludere a testi il cui intento è di trasmettere verità acquistare tramite una riflessione sapienziale (ispirata). Non mi sembra di fare torto al testo ispirato, specialmente se lo si legge badando alle impressioni “immediate” e quindi con una certa attenzione ai particolari. Riflessione sapienziale e stile popolare sono le caratteristiche di questo testo – peraltro già richiamate nella risposta della Pontificia Commissione Biblica al Cardinale di Parigi del 1948. Risposta a cui fa riferimento Humani generis quando cerca di inquadrare il valore dei primi 11 capitoli di Genesi. Lì Papa Pio XII afferma la impossibile equivalenza di Genesi 1-11 con le mitologie degli antichi popoli, ciò che io non contesto, per il fatto che i contenuti sapienziali e teologici di Genesi 1-11 sono ispirati e veri. Ciò che ho inteso affermare è che lo stile e il genere letterari sono quelli mitologici in quanto riflessone sapienziale – esistenziale, simbolica e teologica – sulle origini del mondo. Concordo con te sul fatto che probabilmente quanto scrivo non sarebbe stato accettato in alcuni periodi passati (in alcuni…). A essere estremamente puntigliosi persino la risposta della Pontificia Commissione Biblica nel 1948 non sarebbe stata accolta dalla Pontificia Commissione Biblica che nel 1906 rispondeva a quesiti sulla storicità di Genesi 1-3. Ciò non vuol dire concludere che tutto è uguale o indifferente, ma che c’è un’evoluzione nella comprensione dell’esegesi che va in parallelo con un’evoluzione dell’esegesi anche laica. A inizio ‘900 parlare di mito significava squalificare un testo a volgare raccontino per gli ignoranti. Nel 1948 per fortuna si era guadagnata una più rispettosa e adeguata idea del genere del mito, riflessione narrativa sul senso di Dio, uomo e mondo. E quindi Genesi può essere apparentata a quel genere senza danno per il suo valore sapienziale e ispirato.

  2. Premesso che i cristiani hanno diritto di credere in ciò che vogliono, la sua affermazione circa l’esistenza di Adamo ed Eva nasce come esigenza di tenuta del testo mitico di fondazione. Ciò che si oppone alla Bibbia non è quindi la Storia ma la Paleontologia che ci dice che gli esseri umani si sono evoluti da specie animali pre-esistenti e dunque non derivano da un’unica coppia generatrice. Dunque i matriciali progenitori peccatori non possono essere esistiti. Così non c’è stato peccato originale e conseguente destino di morte per i discendenti di un’unica quanto fantomatica catena genetica.

    • La ringrazio per la concessione che pensavo già spettasse a chiunque! Scherzi a parte…
      La sua rilettura del senso della mia argomentazione non mi sembra adeguata. Ma poiché mi è stata rinfacciata un’altra volta, è necessario precisare.
      La sua rilettura non fa che riprendere i dubbi che esprimo in forma di domande all’inizio. Cioè: o Genesi è una storia vera e abbiamo il peccato originale dimostrato, oppure Genesi è una favola e non abbiamo il peccato originale. Ovvero: Genesi “insegna” il peccato originale della prima coppia come un racconto storico.
      Tutto il testo è scritto per decostruire questa impostazione. Genesi 2-3 non fa della cronaca, la domanda stessa sulla verità della cronaca è insensata perché… non c’è cronaca lì. Il peccato originale è qualcosa di cui parlo nell’ultima sezione, in maniera espressamente teologica e estremamente determinata, ma non lo faccio in base al testo di Genesi.
      Avrei senz’altro dovuto evidenziarlo, ma, da credente e in piccolo teologo (intelligenza della fede), parto dal peccato originale come un dato di fede condiviso, che ha innervazioni nella Scrittura e sviluppi nella storia (tradizione) cattolica. Non posso che accennare al fatto che l’abbondanza estensiva ed intensiva del male è “una sfida alla filosofia e alla teologia” e che l’insegnamento cattolico del peccato originale è il tentativo di rispondere, iscrivendo il problema nella storia del rapporto tra uomo e Dio, a questo problema.
      Il carattere paradossale di questo insegnamento deriva dal fatto che abbiamo un peccato che come tale è commesso e deve esserlo, ma al contempo è ricevuto (contratto, trasmesso). Lo stato dell’umanità e della sua storia rispetto al male richiede, per rispetto dell’innocenza di Dio e della consistenza della libertà umana, che il male delle origini sia stato commesso come peccato in un atto di libertà, che perciò stesso diventa originario. Da qui la non storicità di Adamo ed Eva, ma la loro esistenza come iniziatori reali e ricapitolatori dell’umanità, ricordando peraltro che i loro nomi in Genesi già suggeriscono un’interpretazione collettivo-simbolica.
      A ciò la paleontologia non può aggiungere né togliere molto, neanche in caso si affermi il poligenismo o persino il polifiletismo. In quel caso si richiederebbe una riflessione ulteriore su quel punto scoperto che è la “trasmissione” del peccato, ma non molto di più. Ciò a cui la Humani Generis (enciclica del 1950) già alludeva, ancora in senso restrittivo.
      Grazie ancora per aver potuto riprendere questi temi!

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