Divagazioni musicologiche sulle melodie natalizie

Ma facciamo un passo ulteriore, cercando di rispondere alla domanda: perché alcune melodie ci suggeriscono tristezza ed altre allegria?

Fino a questo punto abbiamo considerato un’ottava divisa in sette note; ma per una maggiore ricchezza espressiva della musica si può dividere in più note. La scala naturale di cui abbiamo finora parlato, quella più “naturale” e consonante per l’orecchio, utilizza in effetti 13 note, in rapporto con la fondamentale rispettivamente 1/1, 16/15, 9/8, 6/5, 5/4, 4/3, 45/32, 64/45, 3/2, 8/5, 5/3, 9/5, 15/8. Negli ultimi due secoli1da Wikipedia: Già descritto da Aristosseno di Taranto intorno al 320 a.C. questo sistema fu caldeggiato da numerosi intellettuali, tra cui spiccano il matematico fiammingo Simone Stevino verso la fine del XVI secolo e il musicista Vincenzo Galilei (padre di Galileo Galilei) nel 1581. Tuttavia la sua adozione fu graduale a causa sia dell’estrema difficoltà di ottenere questo temperamento nell’accordatura degli strumenti (per mancanza di intervalli giusti di riferimento) sia del fatto che l’estetica musicale pre-romantica richiedeva nella scala la presenza di alcuni intervalli giusti di cui veniva fatto uso per via del loro carattere “puro”, pur essendo essi incompatibili con la suddivisione dell’ottava in parti uguali. Solo nella seconda metà del XIX secolo, con il graduale rilassamento della necessità di intervalli giusti a favore della flessibilità nel cambiamento di tonalità (modulazione), il temperamento equabile si affermò gradualmente in tutta Europa, sostituendo i temperamenti inequabili (o buoni temperamenti), in cui l’ottava non è divisa in parti uguali, quali quelli descritti dal tedesco Andreas Werckmeister nel 1691, Johann Georg Neidhart, Francesco Antonio Vallotti e da altri autori. Bisogna attendere fino al 1917 perché William Braid White arrivi a sviluppare un metodo praticamente utilizzabile per accordare un pianoforte secondo un temperamento equabile rigoroso. la musica occidentale utilizza invece quasi esclusivamente una scala di 12 note ottenute suddividendo l’ottava in 12 parti logaritimicamente uguali2Cioè è costante il rapporto tra frequenze di note successive, non la loro differenza., detta scala equabile 12-TET, che presenta il vantaggio che qualsiasi strumento può suonare in tonalità differenti (utilizzare come nota fondamentale della scala una qualsiasi delle 12 note) senza doverlo ri-accordare. Nessuna delle 12 note della scala 12-TET coincide esattamente con una delle 13 note della scala naturale; tuttavia per alcune (la seconda, la quarta e la quinta) la differenza è talmente piccola che l’orecchio umano non è in grado di avvertirla, e restano valide tutte le considerazioni che abbiamo fatto circa la gradevolezza o meno degli intervalli nella scala naturale. Per le altre note, quelle della scala 12-TET si situano lievemente sopra (sono crescenti) o sotto (calanti) rispetto alle corrispondenti note naturali. Queste differenze non sono tali da invalidare quanto detto finora, ma sono tali da aggiungere invece un ulteriore elemento importante rispetto agli effetti emotivi della musica: infatti le note crescenti suonano allegre, ravvivanti; quelle calanti suonano tristi, deprimenti. È questo il motivo per cui, nella musica a cui siamo oggi abituati, certi accordi hanno effetto rallegrante, attivante, e altri rattristante: la nota intermedia dell’accordo, quella dell’intervallo di terza, è crescente (“accordo maggiore”) o calante (“accordo minore”) rispetto alla nota che il nostro orecchio inconsciamente sente come “naturale” per quell’accordo, e questo ha effetti psicologici significativi.

Quindi la musica che invade il nostro mondo non è in realtà quella originaria che il nostro orecchio si attenderebbe, da due secoli siamo formattati su questo aspetto da una suddivisione musicale di natura strettamente matematica imposta per comodità di accordatura degli strumenti. Eppure il nostro orecchio se ne accorge e continua a cercare inconsciamente quella nota naturale che non c’è più.

Sembra quasi una specie di nostalgia primordiale, verso la semplicità dei rapporti di frequenza, una semplicità che però è estremamente complessa da rispettare, ci manda all’aria tutta la nostra bella organizzazione musicale. Mi piacerebbe molto ascoltare qualche composizione in scala naturale, ma non saprei dove cercarle. Se qualcuno ha da suggerire titoli a riguardo, li attendo con ansia.

Ho trovato qualche compositore moderno, come Lou Harrison, particolarmente attento a questi temi e agli sperimentalismi musicali più estremi, ma ammetto che, dopo aver visto una pianista suonare pure coi gomiti, ho lasciato perdere. Non credo che la risposta al nostro bisogno di “naturalità” sia rintracciabile nelle astruserie esecutive.

Questa faccenda della scala naturale perduta mi sembra un po’ un’allegoria della condizione umana in generale: in fondo, siamo semplici dentro, siamo costruiti su scale di valori estremamente chiari e oggettivi, eppure difficili da rispettare sebbene innati. E così sovrapponiamo sistemi antropologici sempre più astrusi, nel tentativo di semplificare, rendendo la vita umana così spesso dissonante a sé stessa eppure sempre animata da una nostalgia verso l’origine del proprio essere. Semplice da capire e difficile da realizzare: come diceva san Paolo:

In me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.

Un’altra analogia che scorgo tra l’uomo e la musica è che la strutturazione di una legge morale, con rigore e chiarezza, ha un evidente scopo semplificativo, per mettere anche a confronto uomini diversi e vicende diverse, così come la scala 12-TET serve ad accordare insieme strumenti differenti velocemente. Eppure la naturalità di ciascuno tende alla diversificazione, non esistono due vite uguali, veramente sovrapponibili. L’esperienza personale ci costringe ad un continuo lavoro di discernimento, che è poi lo sforzo di ricondurre la realtà ad una norma, essendo a volte crescenti, più spesso calanti, e quindi per questo stonati.

Per questo lavorare insieme è così complicato: è uno sforzo continuo per accordarci ad una nota che non ci è mai perfettamente congeniale. Diciamo che la vita è complessa, ma forse non è vero, solo non l’abbiamo capita, non abbiamo abbastanza fiducia nella sua semplicità estrema, nella sua essenzialità scarna e vivida. Come un padre, una madre, e un bambino in una mangiatoia.

Note

Note
1 da Wikipedia: Già descritto da Aristosseno di Taranto intorno al 320 a.C. questo sistema fu caldeggiato da numerosi intellettuali, tra cui spiccano il matematico fiammingo Simone Stevino verso la fine del XVI secolo e il musicista Vincenzo Galilei (padre di Galileo Galilei) nel 1581. Tuttavia la sua adozione fu graduale a causa sia dell’estrema difficoltà di ottenere questo temperamento nell’accordatura degli strumenti (per mancanza di intervalli giusti di riferimento) sia del fatto che l’estetica musicale pre-romantica richiedeva nella scala la presenza di alcuni intervalli giusti di cui veniva fatto uso per via del loro carattere “puro”, pur essendo essi incompatibili con la suddivisione dell’ottava in parti uguali. Solo nella seconda metà del XIX secolo, con il graduale rilassamento della necessità di intervalli giusti a favore della flessibilità nel cambiamento di tonalità (modulazione), il temperamento equabile si affermò gradualmente in tutta Europa, sostituendo i temperamenti inequabili (o buoni temperamenti), in cui l’ottava non è divisa in parti uguali, quali quelli descritti dal tedesco Andreas Werckmeister nel 1691, Johann Georg Neidhart, Francesco Antonio Vallotti e da altri autori. Bisogna attendere fino al 1917 perché William Braid White arrivi a sviluppare un metodo praticamente utilizzabile per accordare un pianoforte secondo un temperamento equabile rigoroso.
2 Cioè è costante il rapporto tra frequenze di note successive, non la loro differenza.

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