Cristina, sono Erica. Ma quando ci vediamo?

Pochi giorni fa la nostra Cristina scrisse una lettera a Erica Bassi: due donne, due malattie, due libri, una sola fede in un unico Dio. Una settimana fa, Cristina veniva a Roma a presentare il suo Zero Positivo; questa sera comincia il tour romano di Erica. I libri si parlano, sì, ma devono essere le persone a incontrarsi. Quando questo accade riusciamo ad affermare che, sì, certe cose accadono «perché vi si manifesti la gloria di Dio». Quand’anche parlassimo di un cancro. O due.


di Erica Bassi

Cara Cristina,
eccomi!

La tua lettera è stato un regalo inaspettato.

Ti devo confidare un segreto: mi è sempre piaciuto ricevere lettere e anche adesso, che sembrano essere così fuori moda, bramo trovare nella buca delle lettere una busta che contenga pensieri scritti a penna. È una delle cose che più mi emoziona e mi riempie di gioia, un segno di affetto ed intimità che ormai sembra in via d’estinzione.17621821_673725706145898_5346367476908228799_o.jpg

Sapevo che avresti avuto il libro tra le mani, ma leggere quel “Cara Erica…” ha fatto fare un tuffo al mio cuore!

Sì, ti riconosco, Cristina!

Parli una lingua che mi è familiare, fatta di pensieri che uniscono il buio e la luce, la paura che ti taglia il respiro e la speranza che ti consola.

Ti immagino salda sulle gambe, con lo sguardo dritto e il sorriso di chi ha imparato a “stare”: nella fatica, nella paura, nella battaglia, nella speranza,…

Mi dici che hai scritto per non morire: anche questa è una cosa che capisco, eccome se la capisco!

Perché da qualche parte il tanto che spinge da dentro deve poter trovare una via d’uscita: domande, dubbi, paure, pensieri, ancora e ancora domande devono trovare la loro strada, per non correre il rischio di incastrarsi da qualche parte dentro di te; lì sì che farebbero solo danno!

Quando ho scoperto di essere malata, ho trascinato mio marito Davide in giro per cartolerie fino a quando non sono riuscita a trovare un quaderno con una copertina a parer mio meravigliosa.

Si stava aprendo davanti a me qualcosa di totalmente inaspettato e talmente vasto da far venire i capogiri; un luogo nuovo mi si spalancava, di cui non riuscivo neppure a immaginare la geografia: non avevo idee, né punti di riferimento, e questo mi portava a muovermi come a tentoni. Pensavo, allora, che fosse necessario fissare sulla carta ogni momento: per non rischiare di cancellare le parti indesiderate, per ricordarmi i momenti di gioia e di sollievo che sicuramente sarebbero arrivati; per ricordare la gioia nei momenti di sconforto e per non dimenticare la fatica nei tempi della pace.

17505149_1110198485755132_3322993708247522809_o.jpgQuesto è stato uno dei miei primi atti da “malata” e, come dici tu, è servito a “non morire”: non sapevamo come sarebbe continuata la nostra storia, vita e morte mi erano di fronte, senza poter capire quale sarebbe stata la via scelta per me; ma non potevo lasciar scorrere quel tempo senza lasciarne traccia per me, per Davide, per i bambini,…

Il libro che è nato in seguito (per obbedienza! Non per mia volontà…) è servito a guardare da un’altra prospettiva, a cercare di dare un ordine ai pensieri, a dare lode al Dio della vita che teneramente si è fatto ancora più vicino del normale, a fissare ogni momento, senza distogliere lo sguardo «dalla fatica, la paura, il dolore, l’odore, la polvere, le vesti lacere, il sangue, l’angoscia, le lacrime» che accompagnano ogni passione.

Sì, Cristina. Leggerò il tuo libro. E aspetterò che arrivi il momento in cui potremo abbracciarci e sederci una di fronte all’altra, occhi negli occhi, cuore nel cuore, a parlare di noi, del tanto che la vita ci ha chiesto e dell’ancor di più che ci sta regalando. Nella certezza che sempre Dio sa quello che fa!

Grazie!

Erica

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