Non che Michela Murgia “ci turbi”, ma le rispondiamo

Giuseppe Veneziano, La strage degli innocenti

Un’amica ha scritto un post per domandare (presumibilmente ai cattolici) che «cosa esattamente vi turba dell’articolo di Michela Murgia» – articolo in cui l’autrice dichiarava che i cattolici adorano un Dio bambino perché rigettano la complessità. Provo a produrre una risposta.

Innanzitutto il titolo (che magari non è di Murgia): “i cattolici amano un dio bambino perché rifiutano la complessità” implica che “i” cattolici (tutti) rifiutino la complessità. Francamente non mi riconosco, come cattolica, in questa affermazione. E non credo vi si sarebbero riconosciuti molti teologi degli ultimi due millenni. Mi sembra che Murgia si dica cattolica o di formazione cattolica. Nel primo caso, anche lei rifiuterebbe la complessità. Mah…

In secondo luogo, anche se i Vangeli canonici non parlano molto dell’infanzia di Gesù, parlano però del suo concepimento, della sua nascita, della fuga in Egitto e dell’episodio nel Tempio, che segna la fine dell’infanzia. Quindi per i Vangeli, senza dubbio, Gesù è stato bambino. I cattolici hanno costruito intorno a Gesù bambino una retorica zuccherosa dell’infanzia? Dell’infanzia di Gesù o dell’infanzia in generale? Le culture dei paesi protestanti o a maggioranza protestante o con abitanti metà cattolici e metà protestanti non hanno prodotto fiabe, racconti, film in cui l’infanzia sia rappresentata come una fase della vita che suscita tenerezza nell’adulto? Mi risulta che i fratelli Grimm appartenessero a una famiglia di pastori protestanti da molte generazioni. E hanno scritto anche fiabe in cui appare Gesù bambino o il tema del Natale. Non sarà che l’infanzia ha effettivamente dei tratti (insieme ad altri che possiamo anche giudicare cinici o crudeli) di semplicità che tra l’altro hanno ispirato anche la parola di Gesù secondo cui per entrare nel Regno dei Cieli si deve diventare bambini?

In terzo luogo, la frase “Dio si è fatto come noi per farci come lui” (che comunque ha a che fare con il farsi uomo, non con il farsi bambino) non è affatto un portato della mania contemporanea di costruire canzonette ”mistificatorie” senza fondamento teologico. La θέωσις dell’uomo è un concetto della teologia cristiana (per parlare solo di questa) fin dai primi secoli. Sviluppato in modo abbastanza “complesso”, per usare un termine murgiano. E una che ha insegnato la religione cattolica nelle scuole dovrebbe saperlo, forse.

Che significa, poi, che Giuseppe i soldi per l’albergo li aveva e che gli albergatori avevano l’unico torto di essere sold out? A parte il problema della storicità dei fatti narrati (che è un altro problema), in genere chi di soldi ne ha davvero tanti una soluzione la trova. E, sempre in genere, un albergatore con una spiccata empatia una soluzione la trova anche lui, magari migliore della stalla. Personalmente, non ho mai guardato in maniera torva agli albergatori di Betlemme, ma l’episodio mi ha sempre indotta a pensare che a volte si può fare qualcosa di meglio che badare solo al proprio interesse materiale. E non vedo perché dovrei abbandonare questo spunto di riflessione per compiacere Murgia.

Infine: nei Vangeli si dice che la persecuzione di Erode (sempre al netto del problema della storicità) avvenne pochi giorni dopo la nascita di Gesù? Non mi sembra. Quindi anche Murgia infioretta un po’ il racconto mettendoci del suo. Cose che capitano.

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