L’importanza dei vaccini contro il Covid-19 (spiegata da un cardinale medico)

Napoli, estate del 1973: persone manifestano per le strade contro la scarsità di dosi vaccinali contro l'epidemia di colera.

La pandemia da Covid-19 è fonte di molti accesi dibattiti sia su mezzi classici che nei social. Questa conferenza verterà sulla discussione circa la possibilità che l’uso dei vaccini Covid-19 sia lecito, finanche obbligatorio, oppure, al contrario, illecito. Si discuterà anche la possibilità di una obbligatorietà della vaccinazione Covid-19.

Le questioni etiche basilari

La domanda fondamentale sulla vaccinazione contro il Covid-19 è se esista un obbligo morale di vaccinarsi. Tale domanda presenta risvolti etico-personali ed etico-sociali.

Il principio più basilare della dottrina sociale cattolica è quello del Bene Comune, in latino Bonum Commune. Questo è l’insieme delle condizioni che devono essere soddisfatte per garantire lo sviluppo umano integrale di ogni membro della società. Una di queste condizioni risiede chiaramente nel fatto che la vita e la salute dei membri della società dovrebbero essere protette. Tutti i membri della società dovrebbero contribuire in un modo o nell’altro al Bene Comune, ma essi stessi sono sempre il fine del Bene Comune. Non sono subordinati al Bene Comune come mezzo per un fine, presupposto di un’etica di tipo collettivo, come per fascismo e comunismo, i quali prevedevano che l’individuo fosse sacrificato per perseguire il Bene Comune della società.

La principale responsabilità del Bene Comune spetta al governo. Esso può dunque imporre misure ai membri della società per contribuire al Bene Comune, specialmente quando è coinvolta la vita delle persone vulnerabili: lockdown, disinfezione regolare delle mani e mantenimento di una certa distanza l’uno dall’altro. Quanto detto è di difficile comprensione per la cultura iper-individualista contemporanea, che lo percepisce come una violazione della libertà dell’individuo umano. Tuttavia, l’autonomia non è un principio assoluto. In base alla sua speciale responsabilità per il Bene Comune, il governo potrebbe imporre misure ai membri della società per proteggerne e garantirne la vita e la salute, anche nel quadro della pandemia da Covid-19. La nostra attuale cultura neoliberista iper-individualista non comprende né accetta il principio del Bene Comune come fondamentale per l’etica sociale. Non riesce quindi a comprendere che i governi hanno il diritto e persino l’obbligo di limitare in una certa misura la libertà dei cittadini se ciò è necessario per evitare che agenti infettivi, come il virus Covid-19, si diffondano tra la popolazione. La cultura individualista, quindi, protesta spesso contro le misure governative prese a tale scopo, come il lockdown, il mantenimento delle distanze interpersonali e l’obbligo di esibire un certificato di vaccinazione (green pass) o una prova di un test Covid-19 negativo per avere accesso a ristoranti, teatri ed eventi.

D’altra parte, si dovrebbero prendere sul serio anche le obiezioni delle persone che indicano – o subiscono – i danni che alcune misure di prevenzione del Covid-19, come i lockdown, causano all’economia. Queste misure, pur contribuendo al Bene Comune, hanno anche effetti negativi su di esso. Un altro aspetto negativo di cui i governi devono tenere conto nella prospettiva del Bene Comune risiede nel fatto che l’assistenza ai malati di Covid-19 rende difficili le cure per altre malattie e patologie, come ad esempio cure oncologiche o interventi ortopedici, anch’essi necessari e non facilmente rimandabili. La domanda su come sia possibile servire al meglio nella pratica il Bene Comune è complicata.

La questione socio-etica centrale è se vaccinarsi sia un atto d’amore o forse anche un obbligo morale nella prospettiva del Bene Comune, perché vaccinandosi si proteggono anche la vita e la salute del prossimo. Un’altra importante questione etica, dal punto di vista dell’etica personale, è se la vaccinazione sia, per il singolo, un mezzo proporzionato volto a proteggere la propria vita, considerato che ognuno di noi è obbligato ad usare mezzi proporzionati per salvare o proteggere la propria vita.

La risposta a entrambe le domande dipende dal soddisfacimento di tre condizioni:

  1. L’efficacia dei vaccini dovrebbe essere dimostrata;
  2. Dovrebbe esserci un rapporto proporzionale tra due categorie di fattori: da un lato il rischio di morire per un’infezione da Covid-19, la gravità di questa malattia e degli effetti a lungo termine della stessa, l’efficacia dei vaccini – e la sua effettiva durata – al fine di prevenire le infezioni da Covid 19 e la sua diffusione; dall’altro gli effetti collaterali dei vaccini;
  3. I vaccini dovrebbero essere progettati, sviluppati e prodotti in modo moralmente buono o almeno moralmente giustificabile.

I vaccini disponibili nel mondo occidentale sono efficaci?

Il vaccino Pfizer protegge dall’ospedalizzazione in un periodo che va dai 24 fino ai 28 giorni dopo la prima iniezione nel 91% delle persone vaccinate. AstraZeneca fa lo stesso nell’88% dei casi. Il vaccino Pfizer e i vaccini Moderna forniscono una protezione di oltre il 90% contro il Covid-19, dopo la vaccinazione completa, che prevede due iniezioni del vaccino, AstraZeneca una protezione del 69-80% (anche dopo la seconda iniezione) e il vaccino Janssen una protezione del 60% dopo un’iniezione. Il vaccino Janssen, sebbene meno efficace, viene comunque utilizzato, soprattutto per vaccinare quella parte della popolazione che è meno raggiungibile per la vaccinazione, in quanto prevede una sola iniezione.

La durata dell’efficacia dei vaccini è incerta. L’efficacia di alcuni vaccini, come Pfizer e AstraZeneca, sembra indebolirsi a 20 settimane dalla seconda iniezione, in modo significativo contro la malattia sintomatica, ma in misura limitata, contro il ricovero e la morte in caso di infezione da variante delta soprattutto nelle persone più anziane di 65 anni. Specialmente per gli anziani sembrano necessarie dosi di richiamo.

La conclusione è che noi stessi, essendo vaccinati con i vaccini Covid-19 esistenti, siamo sufficientemente protetti dall’infezione da virus Covid-19. Essere vaccinati è indubbiamente un grande contributo al Bene Comune poiché si tutelano la salute e la vita degli altri esseri umani. E sebbene le persone vaccinate possano incorrere in un’infezione da varianti del virus, come la variante delta, nella maggior parte dei casi si ammalano meno e la possibilità di trasmettere il virus ad altri è minore. A questo proposito, potremmo concludere che essere vaccinati sia un atto morale buono – e forse anche moralmente obbligatorio – sia dal punto di vista del Bene Comune che da quello del nostro obbligo personale di proteggere la propria vita.

I vaccini Covid-19 sono sicuri?

Come tutti i farmaci e i mezzi per prevenire le malattie, i vaccini Covid-19 hanno effetti collaterali. La tabella seguente mostra gli effetti collaterali frequenti, ma non letali, anche se a volte sgradevoli, dei vaccini maggiormente utilizzati.

Effetto collateralePfizer/BioNTechModernaAstraZenecaJanssen
Stanchezza12%31%62%48%
Indolenzimento muscolare12%32%57%39%
Brividi3%12%57%35%
Dolore al sito di iniezione20%51%51%33%
Nausea2%10%27%17%
Febbre1%6%35%20%
Non sentirsi bene8%24%63%45%
Mal di testa9%22%66%48%

Questi effetti collaterali, che si verificano poco dopo l’iniezione del vaccino, durano da uno a tre giorni. Il dolore e la febbre possono essere trattati con il paracetamolo. Sono per lo più osservati con i vaccini AstraZeneca. L’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali), l’8 settembre 2021, ha riportato i seguenti effetti collaterali anche nel suo aggiornamento sulla sicurezza del vaccino Janssen:

Effetto collateraleFrequenzaStimato come
Linfonodi ingrossatiMeno di 1 su 1000Raro
Sensazione insolita sulla pelle (formicolio o sensazione di bruciore) o diminuzione della sensibilità della pelleMeno di 1 su 100Non comune
Tinnito (persistente ronzio nelle orecchie)Meno di 1 su 1000Raro
Diarrea e vomitoMeno di 1 su 100Non comune

Alcuni effetti collaterali più gravi del vaccino Janssen devono ancora essere valutati dall’EMA sulla base dei dati disponibili: c’è un sospetto che sindrome infiammatoria multisistemica (MIS, una malattia infiammatoria che colpisce molte parti del corpo) e tromboembolia venosa (distinta da TTS, vedi sotto), segnalati dopo la somministrazione del vaccino Janssen, possano essere effetti collaterali del vaccino, ma ciò non è stato ancora provato.

I vaccini possono, tuttavia, causare effetti collaterali molto gravi. Janssen e AstraZeneca possono provocare una condizione in cui la formazione di coaguli di sangue (trombosi) è associata a bassi livelli di piastrine nel sangue (questa è chiamata trombosi con sindrome da trombocitopenia, abbreviata come TTS). È, tuttavia, un effetto collaterale molto raro. Negli Stati Uniti il 7 maggio 2021, dopo la somministrazione di 8,73 milioni di dosi di vaccino Janssen Covid-19, è stata segnalata la seguente frequenza di TTS:

DonneUomini
Fasce d’età (anni)Casi di TTSDosi somministrateTasso di segnalazione per milioneCasi di TTSDosi somministrateTasso di segnalazione per milione
18-293641.5104,72714.4582.8
30-398642.74512,41728.6991,4
40-497743.2569,41775.3901,3
50-6441.462.4162,721.505.5051,3
≥ 650814.94700697.9250

Sembra sia raccomandabile non amministrare il vaccino Janssen a persone più giovani di 60 anni, soprattutto le donne. Alcuni Stati (Danimarca, Norvegia e Finlandia) hanno vietato la somministrazione del vaccino Janssen. Il Belgio, per il momento ha deciso di non somministrare tale vaccino a persone di 40 anni o più giovani. Lo stesso effetto collaterale è causato dal vaccino AstraZeneca in meno dello 0,01% dei casi.

La miocardite – a parte altri effetti collaterali – è stata segnalata come un potenziale serio effetto collaterale del vaccino Pfizer. In un progetto di ricerca nazionale condotto in Israele si è stimata una frequenza media di 2,7 casi ogni 100.000 persone. D’altra parte, la possibilità di insorgenza di miocardite a causa del Covid-19 è significativamente più alta, ovvero di 11 casi per 100.000 persone.

L’accettazione di effetti collaterali (indiretti) può essere giustificata sulla base del principio del doppio effetto. L’effetto (diretto) previsto è l’immunizzazione della persona vaccinata contro il Covid-19. Il secondo effetto riguarda gli effetti collaterali. Accettarli può essere giustificabile, quando sono soddisfatte le seguenti tre condizioni:

  1. L’effetto voluto è moralmente buono;
  2. L’effetto voluto non è causato dall’effetto collaterale; altrimenti sarebbe il mezzo per realizzare l’effetto voluto e non un effetto collaterale; gli effetti collaterali dei vaccini Covid-19 non sono la causa dell’immunizzazione della persona vaccinata;
  3. Dovrebbe esserci una ragione proporzionalmente grave per ammettere gli effetti collaterali. L’esistenza di una ragione così proporzionalmente grave è determinata da diversi fattori: qual è il tasso di mortalità del Covid-19? Quanto sono gravi la malattia e le sue conseguenze se confrontate con quelle dei vaccini? Questi ultimi sono gli unici mezzi disponibili per rallentare o fermare la pandemia?

Quali sono il tasso di mortalità e la gravità delle malattie derivanti da effetti collaterali dovuti ai vaccini rispetto a quelli dovuti al Covid-19?

A volte si afferma che il Covid-19 sembrerebbe solo una grave influenza, con un tasso di mortalità solo leggermente superiore rispetto all’influenza ordinaria. Tuttavia, questo non è vero, secondo Woolf e Lee. Sulla base del loro studio Howard Koh e colleghi affermano che “il COVID-19 è una delle principali cause di morte; in certi momenti, è la prima causa di morte”, rispetto alle malattie cardiache e al cancro, nel mondo occidentale. Osservano che il tasso di mortalità del Covid-19 è variabile, dipende molto dalle influenze stagionali, dalle differenze etniche e dalle differenze tra le popolazioni maschili e femminili nonché dalle misure adottate dai governi per prevenire la sua diffusione. Dipende anche dall’applicazione di mezzi terapeutici efficaci, scoperti e applicati gradualmente, come i trattamenti con anticorpi monoclonali, il Remdesivir (un farmaco antivirale) e il Desametasone (un corticosteroide che sopprime le malattie infiammatorie).

Pifarré i Arollas e colleghi hanno esaminato, sulla base di due grandi database, il numero di anni di vita persi a causa del Covid-19 in 81 paesi altamente sviluppati. In 31 paesi i dati hanno abbracciato un periodo di 9 mesi. Il loro studio riguardava in totale 1.279.866 decessi. Hanno concluso che dal 6 gennaio 2021 gli anni di vita persi a causa del Covid-19 sono stati da due a nove volte quelli dell’influenza stagionale. Tre quarti degli anni di essi erano attribuibili a decessi in età inferiore a 75 anni e quasi un terzo a decessi in età inferiore a 55 anni. Le persone anziane corrono un rischio maggiore di morire in seguito all’infezione Covid-19, soprattutto a causa di un più alto tasso di sindromi respiratorie preesistenti. Tuttavia, anche i giovani possono morire di Covid e, avendo aspettative di vita più elevate, perdere più anni di vita. Esiste una notevole differenza tra uomini e donne, perché gli uomini perdono il 45% di anni di vita in più rispetto alle donne. Ciò è in parte dovuto alla maggiore aspettativa di vita media delle donne. Tuttavia, anche il numero assoluto di decessi per Covid-19 è stato più elevato tra gli uomini. Ad ogni modo, è chiaro che il Covid-19 è molto più grave dell’influenza stagionale per quanto riguarda i tassi di mortalità.

La sindrome respiratoria acuta di grado severo (Severe Acute Respiratory Syndrome – SARS) deriva da una polmonite molto grave, causata dal virus e spesso aggravata da un’ulteriore infezione batterica. Può portare a sepsi che colpisce anche altri organi. La polmonite è spesso aggravata da una grave tromboembolia nei polmoni. Gli emboli derivanti da coaguli di sangue possono insorgere anche in altre parti della circolazione sanguigna, causando spesso infarti del miocardio e cerebrali. La seconda causa di morte è l’insufficienza renale. Il Covid-19 può colpire qualsiasi organo. Vengono segnalate anche insufficienza multiorgano, in cui è coinvolto soprattutto il fegato, nonché insufficienza generale d’organo. Non bisogna sottovalutare la gravità del Covid-19, anche quando questo non determina la morte del paziente. La ventilazione invasiva e la respirazione artificiale sono spesso garantite. Il recupero dopo una respirazione artificiale protratta nel tempo richiede un lungo periodo di riabilitazione, in cui il paziente deve allenare i muscoli respiratori con l’ausilio della fisioterapia.

Al di là degli effetti acuti severi del Covid, bisogna tener conto della gravità del cosiddetto “long Covid” o Covid a lungo termine. Dopo la dimissione dall’ospedale, i pazienti, dopo aver sofferto di sindrome respiratoria acuta di grado severo, possono ritrovarsi in condizioni patologiche e sintomi protratti nel tempo, la cui causa non può essere facilmente spiegata. È stato riferito che circa 110 giorni dopo il ricovero in ospedale, sia in reparto che in terapia intensiva, i pazienti hanno dichiarato di soffrire dei seguenti sintomi persistenti: principalmente, affaticamento (55%), respiro corto (42%), perdita di memoria (34%) o concentrazione (28%), disturbi del sonno (30,8%) e caduta dei capelli (20%). Non sono state osservate differenze statisticamente significative riguardo a questi sintomi tra chi è stato ricoverato solo in reparto o in una unità di terapia intensiva.

Tuttavia, il “long Covid” può presentarsi anche in pazienti che non erano stati ospedalizzati e che all’inizio mostravano solo lievi sintomi. Da uno studio prospettico che nei suoi primi quattro mesi di osservazione aveva sotto osservazione 442 pazienti non ospedalizzati, dei quali, dopo sette mesi, solo 353 hanno effettivamente partecipato al trial, con sintomi per lo più lievi all’inizio del Covid, è emerso che dopo quattro mesi l’8,6% ha avuto respiro corto, il 12,3% non aveva l’olfatto, l’11,1% non aveva il gusto e il 9,7% ha sofferto di stanchezza mentre dopo sette mesi il 14,7% soffriva ancora della perdita dell’olfatto, il 13,6% di respiro corto, il 14,7% di stanchezza e l’11% di perdita del gusto (che queste percentuali sono più alte si spiega con il notevole drop out dei partecipanti tra i quattro e i sette mesi). Tuttavia, hanno sviluppato anche altri sintomi a sette mesi dall’insorgenza del Covid: mal di testa (3,7%), perdita di capelli (2,5%) e diarrea (1,1%).

Quanto riportato mostra chiaramente quanto il Covid-19 sia una malattia molto grave e certamente non una qualche grave forma di influenza. Inoltre, come abbiamo osservato sopra, il Covid-19 è un fardello molto pesante per l’assistenza sanitaria e ostacola trattamenti necessari anche per altre malattie e disabilità.

Comunque, confrontiamo tra loro i vari fatti, enumerati sopra. Le malattie causate dal Covid-19 sono molto gravi e il suo tasso di mortalità è piuttosto alto. La cura dei pazienti Covid-19 causa enormi problemi a tutta l’assistenza sanitaria. I vaccini Covid-19 sono efficaci e sono al momento l’unico mezzo per rallentare o fermare la pandemia. Confrontando questi fattori con i loro effetti collaterali, di cui i più gravi si verificano molto raramente, si può concludere che l’uso dei vaccini Covid-19 soddisfa le condizioni del principio del doppio effetto. Il rischio di contrarre effetti collaterali dei vaccini Covid-19 è quindi giustificabile.

Una speciale obiezione etica sollevata contro il modo in cui i vaccini sono progettati, sviluppati, prodotti e testati.

Una speciale obiezione contro l’uso di alcuni vaccini Covid-19 è che sono stati progettati, sviluppati e/o prodotti e/o che la loro efficacia è stata verificata utilizzando linee cellulari, che derivano da embrioni umani, spesso abortiti decenni fa, anche negli anni ‘60 e primi anni ‘70 del secolo scorso. Ciò solleva la seria questione se lo sviluppo, la produzione o l’uso di questi vaccini non sia una cooperazione all’aborto del feto umano, sebbene ciò sia stato procurato decenni fa.

Indubbiamente, l’aborto procurato diretto di un concepito è un atto intrinsecamente malvagio, poiché implica l’uccisione di un essere umano innocente, creato a immagine di Dio. L’aborto procurato rientra quindi in una norma morale assoluta, il che significa che è sempre moralmente illecito, senza alcuna eccezione, indipendentemente dall’intenzione e dalle circostanze dell’aborto (l’aborto indiretto, cioè un aborto come effetto collaterale di un intervento medico e chirurgico, ad esempio l’asportazione dell’utero affetto da cancro nel caso di una gestante donna, può essere giustificabile sulla base del principio del doppio effetto). Dobbiamo rispetto all’essenziale valore della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale.

È vero che i fedeli cattolici riconoscono l’insegnamento della Chiesa sulle norme assolute, in questo caso la norma relativa al divieto assoluto dell’aborto procurato, ma spesso non conoscono più la casistica della teologia morale classica. I principi di questa casistica furono sviluppati a partire dal XVI secolo e generalmente insegnati fino alla prima metà degli anni Sessanta del secolo scorso. In quel periodo i seminaristi protestavano spesso contro l’insegnamento della casistica sotto l’influenza di quella che all’epoca veniva chiamata “la nuova morale”, promossa soprattutto da Fletcher e dal vescovo anglicano di Woolwich, John Robinson. A loro avviso, non esiste un male intrinseco. Molti teologi morali romano-cattolici hanno sostituito la teologia morale classica con nuove teorie teologico-morali, le quali implicano che l’atto morale concreto non può essere oggetto di peccato mortale o che non esiste un livello intrinseco al livello dell’atto morale concreto. Gli atti concreti non potrebbero quindi essere oggetto di assoluti morali. Queste teorie inizialmente servivano a giustificare l’uso della contraccezione diretta. Esse limitavano il male intrinseco al livello formale, come l’intenzione e l’atteggiamento con cui si agisce. La negazione dell’esistenza di atti concreti intrinsecamente malvagi implica che, a livello degli atti concreti, un male minore, come aborto procurato e contraccezione diretta, potrebbe essere consentito per ottenere un bene maggiore. Di conseguenza, divennero superflui i principi della casistica che la teologia morale classica usava per applicare gli assoluti morali in casi difficili. La conseguenza è che spesso non sono stati più insegnati e caddero nell’oblio. Perciò, i cattolici contemporanei, che accettano l’insegnamento della Chiesa sul male intrinseco, spesso non li conoscono più.

Ho già applicato uno di questi principi supra, quello dell’atto con doppio effetto, e lo farò con il principio della cooperazione al male infra.

Per quanto riguarda la realizzazione di vaccini mediante l’uso di linee cellulari umane derivate da feti umani abortiti, si dovrebbe valutare la misura del coinvolgimento nell’aborto dal punto di vista del progettista, dello sviluppatore e del produttore del vaccino, nonché della persona vaccinata con esso. Tale coinvolgimento si valuta applicando il principio della cooperazione al male. Questo principio è stato in gran parte sviluppato da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (il santo patrono dei teologi morali, 1696-1787) nel diciottesimo secolo.

L’applicazione del principio di cooperazione al male

Certamente, il punto di partenza è che non si dovrebbe cooperare con atti malvagi altrui. È tuttavia impossibile rifiutarlo categoricamente. La cooperazione al male potrebbe anche essere obbligata, per quanto contraddittorio possa sembrare. In alcuni casi, le persone possono sollevare obiezioni di coscienza contro atti o progetti finanziati dallo Stato, ad esempio nel campo dell’educazione alla teoria del gender. Ciò, tuttavia, non significa che possano rifiutarsi di pagare le tasse. Gli abitanti dello Stato restano obbligati a farlo in base al loro obbligo di contribuire al Bene Comune pagando le tasse. Pagando il premio per la nostra assicurazione sanitaria, in molti casi paghiamo anche procedure di aborto procurato, eutanasia o cambio di sesso nei transgender, ma è un obbligo morale avere un’assicurazione sanitaria per salvaguardare la vita e la salute, nostre e degli altri, in nome della solidarietà. E in generale, la cooperazione al male è in molti casi inevitabile: l’industria farmaceutica, producendo farmaci stupefacenti come gli oppioidi, contribuisce alla possibilità di tossicodipendenza, ma ciò non toglie che questi farmaci siano necessari nell’assistenza sanitaria. 

Il principio di cooperazione al male implica due distinzioni per stabilire se in un determinato caso si può contribuire all’atto malvagio di un’altra persona. La prima riguarda l’intenzione dell’atto. La domanda più elementare è: si condivide l’intenzione dell’atto dell’agente principale o no? Nel primo caso, la cooperazione è definita “formale”, nel secondo caso “materiale”. Quando le persone che progettano, sviluppano e/o producono vaccini e/o confermano la loro efficacia o coloro che vengono vaccinati concordano con l’aborto diretto da cui sono derivate le linee cellulari umane necessarie, la loro forma di cooperazione è malvagia. Dal momento che non si dovrebbe mai agire con cattive intenzioni, la cooperazione formale al male non è mai consentita. Ovviamente questo riguarda solo le persone che sono consapevoli del fatto che il vaccino è stato progettato, sviluppato e/o prodotto e che la sua efficacia è stata verificata utilizzando linee cellulari derivate da feti umani abortiti. Tuttavia, presumo che molte, se non la maggior parte delle persone, vaccinate con vaccini Covid-19, non ne siano consapevoli e siano quindi soggettivamente non colpevoli.

Come ho osservato sopra, si parla di cooperazione materiale quando una persona, compiendo essa stessa un atto buono o indifferente, coopera con un atto malvagio di qualcun altro senza condividerne l’intenzione. Anche la cooperazione materiale è generalmente illecita, ma può essere giustificata in alcuni casi specifici e talvolta è addirittura inevitabile, come abbiamo visto sopra. Quando è giustificabile la cooperazione materiale al male? Per trovare una risposta a questa domanda occorre analizzare la relazione tra l’oggetto dell’atto dell’agente principale e quello dell’atto del cooperatore. Quando entrambi gli atti sono insieme un’unità operativa, la cooperazione è considerata illecita. In questo caso si parla di cooperazione diretta. Questo è un caso che si presenta qualora il progettista, lo sviluppatore e/o il produttore dei vaccini si siano messi d’accordo con la persona che procura l’aborto circa il modo in cui esso vada eseguito. La cooperazione diretta al male sarà praticamente sempre e allo stesso tempo formale, perché in questo caso il progettista, lo sviluppatore e il produttore non possono che condividere l’intenzione di chi procura l’aborto. Tuttavia, quando l’aborto è stato eseguito decenni fa, il progettista, lo sviluppatore e il produttore dei vaccini per il Covid-19 non possono aver preso tali accordi. Naturalmente, a maggior ragione, il destinatario del vaccino non è affatto coinvolto in tali accordi.

La cooperazione materiale indiretta ad atti illeciti può talvolta essere giustificabile, ma a condizioni rigorose. In primo luogo, ciò che sta facendo il cooperatore stesso, non dovrebbe essere un atto illecito. Progettare, sviluppare e/o produrre un vaccino nonché confermarne l’efficacia non sono atti in se stessi malvagi. E in secondo luogo, il collaboratore dovrebbe avere una ragione proporzionalmente grave per cooperare ad un atto illecito di qualcun altro. Per valutare la gravità del motivo occorre tener conto di una serie di criteri:

  1. Il primo è se si tratta di cooperazione ad un atto malvagio più o meno grave. Da un lato l’aborto procurato è un male grave, dall’altro la pandemia di Covid-19 sconvolge la vita sociale in tutto il mondo. È certamente vero che il disastro della pandemia non giustifichi l’aborto in sé, ma in alcuni casi potrebbe essere possibile nel caso di cooperazione materiale indiretta con il medesimo.
  2. Un altro fattore è se la cooperazione sia prossima o remota: la collaborazione del progettista, dello sviluppatore e del produttore con l’aborto di un feto umano, avvenuta decenni fa, è remota mentre per il destinatario del vaccino è molto remota.  
  3. Un terzo criterio è se la propria collaborazione sia necessaria o meno. Quando l’atto malvagio non può essere compiuto affatto senza il contributo del collaboratore, la cooperazione dovrebbe generalmente essere rifiutata. Tuttavia, questo non riguarda la produzione del vaccino.
  4. Si dovrebbe anche considerare la questione circa la sproporzione delle conseguenze di un rifiuto alla cooperazione rispetto alla gravità del male. A questo proposito, è importante osservare che senza i vaccini la pandemia di Covid-19 non può essere controllata.
  5. Un altro fattore da valutare è il rischio di scandalo, ovvero il rischio che i cristiani, cooperando ad un male, come in questo caso l’aborto procurato, creino l’impressione che il male a cui cooperano non sia un male secondo l’insegnamento cristiano. Cooperando all’aborto, anche se in modo materiale indiretto, un operatore sanitario cattolico potrebbe suggerire ad altri che l’aborto potrebbe essere lecito in determinate circostanze.

La cooperazione dei progettisti, sviluppatori e/o produttori del vaccino, che non accettano l’aborto procurato e non sono coinvolti nel modo in cui l’aborto è stato realizzato, è materiale, indiretta, remota e, nel caso di chi riceve il vaccino, molto remota. Inoltre, la pandemia da coronavirus può causare malattie molto gravi, ha tassi di mortalità relativamente alti, può sconvolgere totalmente la vita sociale ed economica in tutto il mondo e i vaccini sono l’unico mezzo per fermare la pandemia. Può quindi essere giustificata una cooperazione materiale, indiretta e remota nell’aborto sviluppando e producendo vaccini mediante linee cellulari derivate da feti abortiti e utilizzando questi vaccini. La Congregazione per la Dottrina della Fede afferma:

In questo senso, quando non sono disponibili vaccini contro il Covid-19 eticamente ineccepibili (ad esempio in Paesi dove non vengono messi a disposizione dei medici e dei pazienti vaccini senza problemi etici, o in cui la loro distribuzione è più difficile a causa di particolari condizioni di conservazione e trasporto, o quando si distribuiscono vari tipi di vaccino nello stesso Paese ma, da parte delle autorità sanitarie, non si permette ai cittadini la scelta del vaccino da farsi inoculare) è moralmente accettabile utilizzare i vaccini anti-Covid-19 che hanno usato linee cellulari provenienti da feti abortiti nel loro processo di ricerca e produzione. La ragione fondamentale per considerare moralmente lecito l’uso di questi vaccini è che il tipo di cooperazione al male (cooperazione materiale passiva) dell’aborto procurato da cui provengono le medesime linee cellulari, da parte di chi utilizza i vaccini che ne derivano, è remota. Il dovere morale di evitare tale cooperazione materiale passiva non è vincolante se vi è un grave pericolo, come la diffusione, altrimenti incontenibile, di un agente patogeno grave: in questo caso, la diffusione pandemica del virus SARS-CoV-2 che causa il Covid-19. È perciò da ritenere che in tale caso si possano usare tutte le vaccinazioni riconosciute come clinicamente sicure ed efficaci con coscienza certa che il ricorso a tali vaccini non significhi una cooperazione formale all’aborto dal quale derivano le cellule con cui i vaccini sono stati prodotti.

I presidenti della commissione per la Dottrina e quella per le attività pro-life della Conferenza episcopale degli Stati Uniti fanno delle distinzioni che dovremmo avere a cuore. Queste distinzioni riguardano la misura in cui le linee cellulari di feti umani abortiti hanno un ruolo nella realizzazione dei vaccini disponibili: ovvero se sono stati utilizzati in una o più fasi di realizzazione (progetto, sviluppo, produzione e test). I presidenti della commissione citata osservano che i vaccini Pfizer e Moderna hanno utilizzato linee cellulari umane derivate da un feto abortito solo per confermare l’efficacia del vaccino. Si tratta della linea cellulare HEK293, derivata da un feto abortito a Leida nel 1972. Inoltre, osservano che il vaccino AstraZeneca è stato progettato, sviluppato e prodotto e che la sua efficacia è stata verificata utilizzando la linea cellulare HEK293. Secondo i presidenti di entrambe le commissioni si dovrebbe preferire un vaccino, in cui si utilizzino il minor numero possibile di linee cellulari derivate da feti umani. Tuttavia, quando sono disponibili solo vaccini progettati, sviluppati, prodotti e testati per mezzo di linee cellulari umane, considerano giustificabile essere vaccinati con questi vaccini.

I governi possono obbligare le persone a vaccinarsi?

Supponendo che esista un obbligo morale di vaccinarsi, anche se questo implica una cooperazione materiale e remota al male, bisogna porsi la seguente domanda: possono i governi, riferendosi alla loro responsabilità per il Bene Comune, imporre alle persone di vaccinarsi quando esse non sono disposte a farlo? La risposta è no per i seguenti motivi:

  1. La prima ragione risiede nel fatto che la vaccinazione è un intervento che coinvolge l’integrità del corpo della persona umana. L’interessato deve acconsentire a ciò sulla base del principio di libertà e responsabilità, uno dei principi fondamentali dell’etica medica. Inoltre, la vaccinazione forzata implicherebbe che in alcuni casi le persone debbano essere arrestate dalla polizia per portarle nelle strutture sanitarie per essere vaccinate. Ciò è praticamente irrealizzabile e potrebbe comportare anche un danno al Bene Comune.
    Tutt’al più un’autorità competente – come un giudice – può ordinare di prelevare materiale, come un campione di sangue per avere eventuali prove, da qualcuno sospettato di un reato che costituisce una grave violazione del Bene Comune.
    I governi dovrebbero, invece, cercare di convincere i membri della società dell’importanza di vaccinarsi nel loro interesse e quello dei loro simili, dell’efficacia del vaccino per rallentare o fermare le pandemie e del fatto che effetti collaterali gravi da vaccini si verificano raramente o molto raramente. Le persone possono anche essere stimolate a farsi vaccinare offrendo la vaccinazione gratuita.
  2. In secondo luogo, si devono rispettare le obiezioni di coscienza delle persone che rifiutano di essere vaccinate, in particolare di coloro che hanno obiezioni al fatto che il vaccino è stato progettato, sviluppato e/o prodotto nonché testato utilizzando linee cellulari derivate da feti umani abortiti. Una regola fondamentale dell’etica è che nessuno è autorizzato a fare qualcosa di male secondo la sua coscienza certa, anche se probabilmente errata. Nessuno può essere costretto a fare qualcosa che considera in coscienza un atto malvagio che non dovrebbe commettere. Le obiezioni di coscienza sollevate sull’uso del vaccino contro il Covid-19 vanno prese molto sul serio, soprattutto perché riguardano la collaborazione – seppur materiale, indiretta e remota – ad un male grave, ovvero il fatto che il vaccino in questione sia stato ideato, sviluppato e/o prodotto e testato utilizzando linee cellulari derivate da feti umani abortiti direttamente. Perché l’aborto, pur procurato decenni fa, resta un grave male intrinseco. Bisogna quindi rispettare le loro obiezioni di coscienza. Le persone che rifiutano di essere vaccinate dovrebbero, tuttavia, cercare di mantenere una certa distanza dalle altre persone, disinfettarsi frequentemente le mani e sottoporsi frequentemente ai test Covid-19. Un test Covid-19 negativo, non più vecchio di 48 ore, dovrebbe garantire loro l’accesso a ristoranti, teatri ed eventi.
  3. In terzo luogo, la vaccinazione forzata non è necessaria, qualora sia stata vaccinata una percentuale di popolazione tale da realizzare l’immunità di gregge. Altri incentivi, che non implicano coercizione, come il rifiuto dei bambini non vaccinati negli asili nido e misure finanziarie contro le persone non vaccinate, sono generalmente inutili e indesiderabili. Secondo i virologi, per realizzare la protezione di gregge, bisognerebbe vaccinare contro il Covid-19 circa il 70% della popolazione. Le persone vaccinate proteggono chi non è stato vaccinato. Qualora una persona non vaccinata contraesse il Covid-19, questo non causerebbe un’epidemia. 

Un’eccezione, però, riguarda il personale delle strutture sanitarie, che si occupa di persone vulnerabili al Covid-19. Dal punto di vista etico, non è irragionevole che il consiglio di una struttura sanitaria chieda ai lavoratori che entrano in contatto con persone vulnerabili di essere vaccinati e, se rifiutano la vaccinazione, di negare il permesso di lavorare lì. Anche se questo può sembrare una coercizione per ragioni comprensibili, in realtà non è una coercizione per farsi vaccinare. La loro libera scelta di essere vaccinati o meno in quanto tale è rispettata. Tuttavia, si tratta in realtà di un incentivo molto forte a farsi vaccinare, a causa della perdita del lavoro e del reddito.

Conclusioni

I vaccini anti-Covid disponibili nel mondo occidentale sono efficaci nel controllare una pandemia, che mina la vita sociale del mondo intero, nel proteggere la propria vita e quella degli altri e hanno effetti collaterali proporzionati (comunque effetti collaterali gravi rari o rarissimi). Si può giustificare la vaccinazione contro il Covid-19, anche con vaccini che sono stati realizzati utilizzando linee cellulari derivate da un feto umano decenni fa, se non sono disponibili altri vaccini, giacché questo implica una cooperazione materiale, indiretta e remota all’aborto, soprattutto per il destinatario del vaccino. La cooperazione al male è talvolta inevitabile o addirittura obbligata, per quanto contraddittorio possa sembrare. Questa è la conseguenza del vivere in un mondo sfigurato dal peccato originale.

Papa Francesco afferma che vaccinarsi contro il Covid-19 è

un atto d’amore. Vaccinarsi è un modo semplice ma profondo per prendersi cura gli uni degli altri, soprattutto dei più vulnerabili.

Poiché le persone, vaccinandosi, proteggono anche i loro simili e quindi mostrano rispetto per il loro diritto alla vita, si potrebbe forse anche concludere che vaccinarsi è un atto richiesto dalla giustizia. Inoltre, è un mezzo proporzionato e quindi obbligatorio per proteggere la propria vita e salute personale. Da questo punto di vista si potrebbe anche sostenere che farsi vaccinare contro il Covid-19 sia un obbligo morale. Ciò, tuttavia, non significa che sia anche un obbligo giuridico. La somministrazione obbligatoria dei vaccini non è eticamente giustificata. La decisione di essere vaccinati deve essere presa volontariamente dal destinatario del vaccino.

Per approfondire: Tre secoli di vaccini in Vaticano (e dintorni). Storia delle politiche sanitarie della Chiesa Cattolica nel recente evo moderno

Informazioni su + Willem Jacobus Card. Eijk 0 articoli
Nato a Duivendrecht, nel 1978 si laureò in medicina e chirurgia presso l'Università di Amsterdam. Dal 1979 avviò gli studi di bioetica medica presso l'Università di Leida, mentre nel 1980 entrò nel seminario di Rolduc, a Kerkrade, e fu ordinato presbitero il 1º giugno 1985 per l'imposizione delle mani dell'allora vescovo di Roermond Joannes Baptist Matthijs Gijsen. Fu incardinato nella diocesi di Roermond, dove fu nominato viceparroco di Sant'Antonio di Padova a Blerick. Nel 1987 conseguì il dottorato di ricerca in bioetica medica, con una dissertazione sull'eutanasia. In seguito, nel 1990, conseguì anche il dottorato di ricerca in Filosofia presso la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino, con una tesi in tema di ingegneria genetica. Poco dopo Eijk cominciò ad insegnare teologia morale al seminario di Rolduc. Dopo il 1996 si trasferì a Lugano, per insegnare presso la facoltà teologica della locale università. Dal 1997 al 2002 fu componente della Commissione Teologica Internazionale. Il 17 luglio 1999 papa Giovanni Paolo II lo nominò vescovo di Groninga, successore del vescovo Johann Bernard Wilhelm Maria Möller. Ricevette la consacrazione episcopale il 6 novembre dello stesso anno per l'imposizione delle mani del cardinale Adrianus Johannes Simonis. Scelse il motto episcopale Noli recusare laborem. Nel 2001 Eijk fu colpito da emorragia cerebrale e per qualche tempo dovette cedere le sue funzioni al vicario generale, ma pochi mesi dopo le riassunse, essendosi pienamente rimesso. L'11 dicembre 2007 papa Benedetto XVI lo ha elevato arcivescovo di Utrecht, 70º successore di San Villibrordo Ha preso possesso dell'arcidiocesi, facendo il suo ingresso nella cattedrale metropolitana di Santa Caterina, il 26 gennaio 2008. Nel 2011 è stato inoltre eletto presidente della Conferenza episcopale dei Paesi Bassi. Nel concistoro del 18 febbraio 2012 papa Benedetto XVI lo ha creato cardinale presbitero del titolo di San Callisto.

Lascia il primo commento

Di’ cosa ne pensi