Per i suoi membri uno Stato serio versa sangue, non soldi

French President Emmanuel Macron posthumously awards with the medal of Commander in the Legion of Honor the French marine soldiers, Cedric de Pierrepont and Alain Bertoncello, killed during a hostages rescue operation from a terrorist group in Burkina Faso at the National Invalides Hotel in Paris, France, 14 May 2019. A French special forces operation was conducted to free four hostages, including two French, one American and one South-Korean kidnapped earlier in Northern Benin. EPA/CHRISTOPHE PETIT TESSON / POOL

Ora che Silvia è a casa sana e salva, come è giusto che sia, e senza perdere tempo con gli idioti1«Provate a mandare un vostro parente due anni là e voglio vedere se non torna convertito, usate il cervello», ha detto Francesca Fumagalli, madre della ragazza, ai giornalisti che assediavano casa. che la odiano perché “si è convertita” o perché era andata (veramente) ad “aiutarli a casa loro”2Come poteva e sapeva, nel rispetto delle leggi., tocco l’argomento politico e civile delle trattative coi terroristi. 

Accadeva proprio un anno fa

Lo faccio ricordando l’anniversario della morte di Cédric de Pierrepont e Alain Bertoncello (rispettivamente di 33 e 28 anni), dei cui solenni funerali di Stato agli Invalides ricorrerà domani il primo anniversario. I due giovani erano stati spediti al confine tra Bénin e Burkina Faso in una «pericolosa, difficile ma necessaria» (cosí Macron) missione di salvataggio di ostaggi francesi; e durante tale missione sono caduti (proprio nella notte tra il 9 e il 10 maggio – precisamente un anno prima che il governo italiano passasse ai turchi i milioni da girare ai terroristi). Erano soldati, ma “soldati” non rende l’idea: quei ragazzi erano membri di un commando d’élite, erano giovani dalle attitudini psicofisiche straordinarie che per servire lo Stato avevano abbracciato una vita monastica, fatta di abnegazione e di ascesi – fisica, mentale e spirituale. Rimando in merito a quanto scrissi il 10 maggio 2019

«Fu vera gloria?» – si chiedeva Manzoni dello splendore napoleonico: allo stesso modo ci è lecito dubitare che un funerale civile presieduto da Emmanuel Macron sia tutto ciò che la vita di quei due ragazzi meritava. Quei funerali di Stato, però, presieduti dalle piú alte cariche della Repubblica in un luogo-simbolo del sacrificio nazionale, sono senza dubbio il massimo che uno Stato possa offrire ai suoi cittadini: essi testimoniano

  • anzitutto che la cittadinanza francese non è una mera nota anagrafica ma implica bensí l’iscrizione in una storia lunga e importante e l’appartenenza ad essa;
  • quindi che godere dei diritti civili e politici di un cittadino francese significa che la collettività si farà carico del destino del singolo anche a costo del prezzo piú alto («Tutti per uno»);
  • infine che proprio in forza di questo ogni cittadino francese farà tutto quanto è umanamente possibile per sottrarre lo Stato a questa gravissima responsabilità («Uno per tutti»).

Due vie soltanto (poi la “via di Cesare” …e poi “la via italiana”)

Quella francese è la via che a me sembra l’unica praticabile da uno Stato serio, in caso di rapimento di cittadini a scopo di estorsione, benché resti comunque estrema: l’alternativa è la “no-concessions policy” degli Stati Uniti, che coi terroristi non trattano fino a disinteressarsi del destino dei propri cittadini presi in ostaggio. Posizione tutt’altro che limpida, anche questa, e difatti essa non manca di alimentare un acceso dibattito negli States:

Non ci sono prove indiscutibili per sostenere che gli Americani sarebbero meno rapiti a causa della no-concessions policy. D’altro canto, è chiaramente evidente che la no-concessions policy espone gli ostaggi, una volta catturati, a piú grave pericolo.

Christopher Mellon, Peter Bergen, David Sterman, To pay ransom or not to pay ransom?

Ci sarebbe poi la “via di Cesare”: sappiamo da Svetonio e da Plutarco che nel 78 a.C. il giovane Caio Giulio incappò in certi pirati dediti all’estorsione mentre stava andando a Rodi per seguire le lezioni di retorica di Apollonio Molone. Il futuro “dittatore democratico” raddoppiò di propria iniziativa il riscatto chiesto dai tagliagole, si lasciò condurre in prigionia (vi sarebbe rimasto una quarantina di giorni: il tempo di farsi mandare il denaro da Roma) e durante la detenzione continuò i suoi esercizî fisici e intellettuali, costringendo i pirati a imparare e recitare poesie, bacchettandoli per la loro ignoranza e per la viltà del loro stile di vita. Una volta consegnato il denaro e liberato l’ostaggio, Cesare si fece prestare dall’amico Valerio quattro galere da guerra e cinquecento soldati; in men che non si dica raggiunse le rozze zattere dei tagliagole, si riprese i cinquanta talenti e crocifisse quei pezzenti sui relitti delle loro imbarcazioni.

Un compromesso storico interessante, ma riservato alle personalità granitiche (a quelli che Hegel avrebbe chiamato “individui cosmico-storici”). Non si può rimproverare a Giggino Di Maio di non essere Giulio Cesare o Napoleone, ma se presenziando a Fuori dal coro l’incredibile ministro degli Esteri chiede «perché la parola di un terrorista che viene intervistato vale piú di quella dello Stato italiano» la sua inadeguatezza è flagrante nel momento in cui neppure si accorge di essere egli stesso, in persona, la risposta alla domanda.

Di Maio non ha colpa di essere quel che è, ma gli italiani hanno certamente colpa di aver fatto di lui il loro ministro degli Esteri, e non a caso Fausto Biloslavo ricordava in questi giorni che dal 1996 governi di tutti i colori hanno finanziato con almeno 30 milioni di euro (senza applicare poi il “protocollo Cesare”) le imprese di svariati cartelli di assassini.

«Per quanto si paghi il riscatto di una vita, non potrà mai bastare» (Ps 48 [49], 9)

Da La Croce Quotidiano di oggi

C’è un’ingiustizia intrinseca, nel pretendere di riscattare la vita col denaro: l’adagio “sangue chiama sangue” è cruento per antonomasia, ma dice correttamente l’irriducibilità della vita umana a qualunque forma di mercimonio, mentre tutte le Silvia Romano d’Italia dovranno vivere col peso sulla coscienza di essere state liberate a prezzo di armi che costeranno la vita a ragazze innocenti quanto lei ma di lei meno fortunate – per colmo d’ironia, quelle che avrebbe inteso aiutare con la sua presenza in Kenya. Che di questo non si avvedano personaggi come Gino Strada è ancora peggio, e non si capisce se sia preferibile imputare certe sentenze all’insipienza politica o alla formattazione ideologica.

Nel 1762 Jean-Jacques Rousseau3Autore che trovo patetico da piú punti di vista, ma che in quest’epoca di follie sembra tanto piú rigoroso di quanti s’intestano il suo nome… pubblicò Il contratto sociale. Vi si leggeva, fra l’altro:

Non appena il servizio pubblico cessa di essere il principale interesse dei cittadini e non appena essi preferiscono servire con la loro borsa anziché con la loro persona, lo Stato è già vicino alla sua rovina. Bisogna andare a combattere? Pagano delle truppe e restano a casa. Bisogna partecipare al consiglio? Nominano dei deputati e restano a casa. A forza di pigrizia e di denaro essi hanno alla fine dei soldati per render schiava la patria e dei rappresentanti per venderla.

È proprio uno dei passi preferiti delle creature di Beppe Grillo, che dopo essere incorse nella contraddizione (tutta rousseauiana, va riconosciuto!) di eleggere (pessimi) rappresentanti e pagarli (profumatamente), con l’operazione Silvia Romano «hanno venduto la patria». A terroristi islamisti mediante un (vieppiú umiliante) passaggio dal Mit di Erdogan.

«La patria non si riscatta con l’oro, ma col ferro!», disse sdegnoso Marco Furio Camillo a Brenno nel 390 a.C.: accettare di pagare riscatti significa esporsi a un pizzo diuturno. Difficile che Di Maio si ricordi dei Galli Senoni, ma “siam pronti alla morte: l’Italia chiamò” dovrebbe averla orecchiata. Almeno al San Paolo.

Note

Note
1 «Provate a mandare un vostro parente due anni là e voglio vedere se non torna convertito, usate il cervello», ha detto Francesca Fumagalli, madre della ragazza, ai giornalisti che assediavano casa.
2 Come poteva e sapeva, nel rispetto delle leggi.
3 Autore che trovo patetico da piú punti di vista, ma che in quest’epoca di follie sembra tanto piú rigoroso di quanti s’intestano il suo nome…
Informazioni su Giovanni Marcotullio 296 articoli
Classe 1984, studî classici (Liceo Ginnasio “d'Annunzio” in Pescara), poi filosofici (Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, PhD RAMUS) e teologici (Pontificia Università Gregoriana, Pontificio Istituto Patristico “Augustinianum”, Pontificia Università “Angelicum”, PhD UCLy). Ho lavorato come traduttore freelance dal latino e dal francese, e/o come autore, per Città Nuova, San Paolo, Sonzogno, Il Leone Verde, Berica, Ταυ. Editor per Augustinianum dal 2013 al 2014 e caporedattore di Prospettiva Persona dal 2005 al 2017. Giornalista pubblicista dal 2014. Speaker radiofonico su Radio Maria. Traduttore dal francese e articolista per Aleteia Italiano dal 2017 al 2023.

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