Socci & Leonardi, giù le mani da Caffarra

Sì, perché l’equazione

Atanasio : Papa che lo scomunicò1Inesistente, ma tu ne parli… = Caffarra : X

sarebbe di fin troppo facile soluzione – se non fosse che il primo rapporto è gravemente (e temo dolosamente) fallace. Lo temo perché la sponda per colpire Papa Francesco stavolta l’avresti fatta con la salma di Caffarra. Dio non voglia, Antonio.

Il prete mondano

Finiresti sullo stesso piano di quel prete verboso, vanitoso e mondano, che neppure al cadavere del suo vecchio professore ha risparmiato le consuete insolenze:

Se A non è B, B non è A: tertium non datur (non c’è altra possibilità). Il suo mondo era il regno aristotelico del principio di non contraddizione sviluppato fino alle ultime conseguenze. Con coerenza assoluta, estrema, maniacale. Sta tutta qui la forza e la debolezza di un pensiero che avendo la precisione millimetrica del parallelepipedo, nella nostra società liquida può essere ammirato ma solo quando giace sul fondale. Soprattutto perché il contenuto di questi sillogismi non erano quelli dell’algebra formale ma quelli riguardanti questioni come l’amore, il sesso, il corpo, il matrimonio, il perdono, la misericordia, la confessione, la grazia: il Mistero, cioè, in fin dei conti.

E ancora, raggiungendo ardite vette di nonsense:

Il mondo di Caffarra era molto più il mondo dell’aut-aut che il mondo dell’et-et. La battuta di Caffarra  – «Io contro il Papa? Preferirei si dicesse che ho un’amante» – è intelligente, fa sorridere. Ma allontana. Perché, quante sono, oggi, in Italia, le persone che rispetto al Papa o rispetto agli amanti hanno delle posizioni “sì ma anche no”?

Cosa voglia dire il clericus vagus lo ignoro, ma per come l’avevo intesa io quella sull’amante era tutto fuorché una battuta: senza dubbio per un vescovo è molto più sopportabile sapersi oggetto di una calunnia riguardante l’intemperanza sessuale che vedere chiacchierata la propria comunione con la prima sedes (quæ a nemine iudicatur).

La risposta del Papa

Senza contare che, nel frattempo, Papa Francesco ha davvero mandato a mons. Matteo Zuppi, successore di Caffarra sulla cattedra di san Petronio, un telegramma che parla da sé:

Ho appreso con tristezza la notizia della morte del cardinale Carlo Caffarra. Desidero esprimere a lei, all’intera comunità diocesana di Bologna e ai familiari del compianto porporato la mia sentita partecipazione al loro dolore. Penso con affetto a questo caro fratello nell’episcopato, che ha servito con gioia il Vangelo e ha amato intensamente la Chiesa e ricordo con gratitudine la generosa opera pastorale da lui profusa dapprima quale fondatore e docente del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi sul matrimonio e la famiglia, poi quale zelante pastore dell’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio e in seguito come guida sollecita e saggia di codesta arcidiocesi. Elevo fervide preghiere al Signore affinché, per intercessione della beata Vergine Maria e di san Petronio, accolga questo suo fedele servitore e insigne pastore nella celeste Gerusalemme, e di cuore imparto a lei, alla cara Chiesa bolognese e a quanti lo hanno conosciuto e stimato la benedizione apostolica.

Roma locuta – anche se “dalla fine del mondo”… – causa finita. O no?

Note

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1 Inesistente, ma tu ne parli…
Informazioni su Giovanni Marcotullio 296 articoli
Classe 1984, studî classici (Liceo Ginnasio “d'Annunzio” in Pescara), poi filosofici (Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, PhD RAMUS) e teologici (Pontificia Università Gregoriana, Pontificio Istituto Patristico “Augustinianum”, Pontificia Università “Angelicum”, PhD UCLy). Ho lavorato come traduttore freelance dal latino e dal francese, e/o come autore, per Città Nuova, San Paolo, Sonzogno, Il Leone Verde, Berica, Ταυ. Editor per Augustinianum dal 2013 al 2014 e caporedattore di Prospettiva Persona dal 2005 al 2017. Giornalista pubblicista dal 2014. Speaker radiofonico su Radio Maria. Traduttore dal francese e articolista per Aleteia Italiano dal 2017 al 2023.

7 commenti

  1. Intanto, grazie per la sintetica ed efficace ricostruzione storica della faccenda Atanasio: lo stare ai fatti (e alla loro intricata complessità) è sempre opportuno e salutare. Ma questa ricostruzione finisce, paradossalmente (ma la realtà è spesso paradossale), per accentuare invece che sminuire il focus socciano. Perché, dato che ammp il card. Caffarra è (ben aldilà dei “dubia” e della “questione amoris laetitia”) un Atanasio dei nostri giorni, dov’è oggi (qui sulla terra, gerarchia compresa) chi ne prede le difese e lo fa tornare dall’esilio? Per il resto, Abelis non è un capolavoro letterario…

    • La vicenda, purtroppo, è molto più intricata di quanto io abbia anche solo potuto richiamare: data la sede, mi basta aver mostrato la grave inopportunità di parlare di “scomunica di Liberio ai danni di Atanasio”. Il resto merita approfondimenti da fare soprattutto in sede di studio accademico.
      Quanto agli esilî, invece, direi due cose:
      1) Non necessariamente si fa il maggior bene della Chiesa ripristinando una situazione di palese ingiustizia: Agostino nei suoi giorni mostra di sapere di monaci egiziani a Treviri, e le spore di Antonio non sarebbero arrivate fin lassù, insieme con la grande Vita che ne scrisse Atanasio, senza la presenza fisica e ordinatrice del patriarca alessandrino. Non sunt facienda mala ut sequantur bona, certo, ma il mistero dell’Agnello resta il paradigma di tutta la vita ecclesiale in genere e di ogni singolare vita ecclesiastica;
      2) Viceversa, non si sa mai chi sarà a farti tornare dall’esilio: con la morte di Costanzo, per esempio, il trono imperiale finì a Giuliano (l’apostata), e paradossalmente fu proprio lui – al quale dell’ὁμοούσιος fregava meno di zero – a richiamare ad Alessandria Atanasio dal terzo esilio… Vero è che lo stesso Giuliano lo avrebbe di nuovo mandato via non appena avesse visto che Atanasio faceva rifiorire la Chiesa… ma attenzione: come la faceva rifiorire? Cercando formule d’unione coi c.d. “semi-ariani”. Un motivo di più per sorridere di certa storia ecclesiastica ridotta ad aneddotica, ovvero a cartucciera da facile polemica.

  2. Non condivido la linea di pensiero dello scrivente. Al di la’ della ampiamente dichiarata competenza, non entra nel nocciolo della situazione, una possibile comparazione fra i due tempi storici, entrambi pieni di confusione ed incertezze e la grandezza di alcune figure che hanno salvaguardato la fede nel popolo.

    • Gentilissima Maria, grazie del commento. Provo a risponderle. Comparare due tempi storici è cosa sempre insidiosa e difficile, al limite dell’impossibile dati i numerosissimi distinguo che per forza di cose si debbono fare; e tuttavia è cosa che tutti facciamo, stabilendo analogie più o meno ardite. Ora qui abbiamo anzitutto un punto filologico, cioè se abbiamo certezza storica, dalle fonti, di una scomunica di Liberio ai danni di Atanasio – cosa che, malgrado un certo “cedimento” del Papa, le fonti antiche non ci autorizzano a inferire (anzi). In secondo luogo c’è la questione dell’analogia, perché come Atanasio non fu solo contro tutti – benché a Socci piacciano sempre gli eroi solitarî (ma neppure il Frodo di Tolkien è un eroe solitario) – così neanche Caffarra fu solo contro tutti, e l’analogia di Socci verteva chiaramente sul dire che, come Liberio ebbe torto a condannare Atanasio (cosa di cui non v’è alcuna evidenza storica), così Francesco ha torto a non appropriarsi dei Dubia. A Socci dunque contesto due cose: 1) la scorrettezza di piegare univocamente la lettura di un passaggio quantomeno oscuro della storia della Chiesa al servizio della propria (ormai arcinota) tesi; 2) l’inopportunità – errore, questo, che ha in comune con don Leonardi – di occupare la scena, in un giorno luttuoso, perorando la propria causa e non semplicemente ricordando il Cardinale.
      A questo proposito, mi fa piacere rimandare a un bel ricordo di don Samuele Pinna: una dichiarazione di affetto, di stima, di venerazione e di pietà cristiana. Ciò che, nel digrignare di denti di Socci e nelle alzatine d’occhio di sufficienza di don Leonardi, appunto s’era perso di vista.

  3. Condivido l’ultimo pensiero. Hai una cultura immensa ma non una visione profetica della realtà, come si te sfuggisse il nocciolo della questione, appunto.
    Riguardo al fatto che questo cardinale stesse soffrendo leggiti pure le testimonianze dei due autori del blog Isola di Patmos.

    • Gentilissima, grazie del commento (che mi ricorda di rispondere pure a Maria). Che il Cardinale stesse soffrendo è cosa certamente probabile, anzi forse necessaria, «perché a voi – spiega san Paolo – è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo; ma anche di soffrire per lui» (Fil 1,29). Questo mistero di contraddizione e di sofferenza perdurerà fino alla fine del mondo, anche nella Chiesa, e proprio una visione profetica non può prescindere da tale dato rivelato.

  4. Riguardo al parallelo con l’arianesimo, ritengo illuminante l’articolo di Pierantoni che ti linko.
    http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351421.html
    Poi ripreso nella conferenza riguardo ai Dubia organizzata dalla nuovabussulaq
    http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/04/22/dopo-i-quattro-cardinali-parlano-sei-laici-chissa-che-il-papa-ascolti-almeno-loro/
    Questa è una visione profetica!
    Se tutto ciò che sappiamo non ci aiuta a leggere la realtà, siamo fritti! Oppure soffocati dalle troppe nozioni!

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