Manchester, canta ché ti passa

di Giovanni Marcotullio

Dunque domenica ci sarà un nuovo concerto, a Manchester: “We love Manchester” è il titolo dell’evento, che vedrà sul palco con Ariana Grande altre giovanissime star come Justin Bieber, Katy Perry, Miley Cyrus. Con loro canteranno pure delle star “giovanissime da più tempo di loro”, come i Coldplay, Usher e i redivivi Take That. E la lista non finisce qui, ma a questo punto non importa proseguire.

Già con la lettera di monsignor Negri qualcuno aveva accusato il Vescovo di aver colpevolizzato i ragazzini inglesi per aver partecipato al concerto, quasi che Ariana Grande fosse la causa dell’attentato. Inutile dire che una simile tesi sarebbe una mera assurdità: non solo perché in nessun senso la giovane cantante potrebbe essere altro che una circostanza accidentale, del drammatico evento, ma anche perché la stessa mano che ha dilaniato i corpi dei giovani inglesi avrebbe sparato piombo, di lì a pochi giorni, nei cranî dei piccoli copti diretti al santuario egiziano di San Samuele. E nessuno sano di mente direbbe che San Samuele possa essere la causa della loro morte; dunque – e ci si perdoni per l’accostamento – neppure Ariana Grande. Non si tratta di fare la conta o la pesa dei morti: i morti sono morti, tanto più se giovani, e se un’ingiustizia si deve rilevare sta nel diverso trattamento riservato loro a livello mediatico.

I morti sono uguali tutti, ma alcuni non muoiono invano

La rileviamo, ma non ce ne lamentiamo: la morte dei copti appare in sé molto meno insensata di quella degli inglesi – così la giudicano gli stessi superstiti e i familiari delle vittime – e non perché il luogo in cui si dirigevano era radicalmente diverso da quello dove si erano diretti i coetanei inglesi, né per il tipo di fine che la mano dell’Isis preparava loro nell’uno o nell’altro caso. No, il fatto è che i ragazzini copti sono morti da uomini compiuti, perché hanno mostrato di sapere per cosa si sta al mondo e come, all’occorrenza, si può morire.

Non è “colpa” dei ragazzini inglesi, figuriamoci, ma dalla temperatura sociale e culturale intorno alla loro strage possiamo lecitamente ricavare l’impressione che proprio non si riesca a vivere un momento di vero lutto, di silenzio, di elaborazione dei fatti.

Abbiamo letto il tweet virale di Ariana Grande:

https://twitter.com/ArianaGrande/status/868164986887176192/photo/1

E personalmente avevo quasi sperato che in quelle parole si rivelasse una volontà di approfondire, di non seppellire invano quei ragazzi che invano sono morti e che un Vescovo cattolico disse esser vissuti invano:b1ee832ed0fb8f883ad93ca692f9a86d.jpg

La nostra risposta a questa violenza deve essere lo stringerci di più, aiutarci a vicenda, amare di più, cantare più forte e vivere con più gentilezza e con più generosità di quanto abbiamo fatto finora.

Il cinismo caramellato dello show business

Ma la verità è che Ariana Grande, come tutti gli altri citati in apertura, è solo un avatar dello show business, e che sarebbe ingenuo da parte mia illudermi di trovare tra queste parole altro che un’apologia del nuovo concertone opportunamente acconciata. Non metto in discussione i suoi sentimenti personali, né i suoi pensieri: sarà una persona squisita e certamente lavora sodo, per essere l’ingranaggio centrale della macchina da soldi che le ticchetta intorno; solo che non la si può trovare in questa pagina. Quello che invece vi si trova – e lo spiegherà bene Lucia Scozzoli su La Croce di domani – è

l’abilità con cui lo show biz è capace di cavalcare sempre la cresta dell’onda, con qualunque mareggiata. Sfruttare l’eco ancora fresca dello sgomento per rimontare in sella, in un concertone tutto commozione e lacrime, è oggettivamente una brillante idea, figlia di questi tempi smidollati dove si reagisce agli attentati coi gessetti colorati e i palloncini, dove il dolore non riesce a prendere la via dignitosa della preghiera e svapora in un sentimentalismo vago, condito di frasi senza un senso concreto: “non ci faremo cambiare”, “difenderemo i nostri valori” (quali sono?), “non lasceremo che l’odio vinca”.

Perché questa lettura – ruvida fino a far sanguinare – mi sembra convincente? Perché domani, quando di questo scritto potrete leggere la versione integrale, lo stesso Paese che (giustamente) si lista a lutto per i ragazzi di Manchester avrà le mani sporche del sangue di un neonato.

L’omicidio rituale dell’innocente

Stanotte il piccolissimo Charlie Gard si vedrà staccare le macchine del Great Ormond Street Hospital*. Il bambino – dicono i medici – soffre troppo, le cure costano troppo e le speranze di miglioramento sono inconsistenti. Peccato che i giovanissimi genitori chiedessero solo il permesso di poter portare il loro bambino negli Stati Uniti e offrirgli l’ultima chance. No: solo la Corte Suprema può intervenire, ma per il momento – e mancano ormai sei ore o poco più – tutto tace.

Dunque sono questi i nostri valori, quelli che rivendichiamo “cantando più forte”? E in cosa saremmo migliori dei barbari a cui non vorremmo dare “il nostro odio”? Siamo capaci di uccidere un innocente senza batter ciglio (forse per qualche scatto di carriera di qualcuno…): l’odio è una nobiltà che abbiamo perso da un pezzo! Questo “pietoso sacrificio dell’innocente”, anzi, si avvicina con un che di sinistramente solenne – laddove toghe e camici sembrano assurgere oniricamente al miraggio di una liturgia spettrale – ma chi è il celebrante?

E ancora diciamo che aveva torto monsignor Negri? Come non sottoscrivere l’esegesi esperienziale e sapiente che ne ha dato Costanza Miriano?

Il giudizio che ci è chiesto è quello di godere del benessere che ci è stato concesso, ma di non lasciarcene dominare. Usare le cose il tempo le possibilità di conoscenza ricordando che non tutto il piacere accessibile è un bene, e soprattutto, ricordando – il cuore della questione lo ha centrato monsignor Negri – che il male nel mondo esiste, agisce e opera attivamente contro di noi, e ci è chiesto un combattimento. Un combattimento che si esercita prima di tutto con il giudizio sulle cose le possibilità le conoscenze a cui abbiamo facilissimo accesso.

e ancora:

Stiamo insegnando a questi ragazzi che è un diritto avere tutto, e che ogni desiderio ha diritto di cittadinanza. Lo insegnano ai ragazzi dei grandi che, anche loro, vivono così, e dei politici che si battono perché sia così, perché ogni desiderio abbia diritto di essere accolto, abbia diritto di cittadinanza. Lo insegnano dei professori e dei presidi che permettono che nelle scuole – esperienza diretta – si vada a spiegare ai ragazzini delle medie come usare il preservativo, perché l’unica cosa che oggi temono i cosiddetti grandi sono le malattie e le gravidanze indesiderate. Questa è una generazione a cui abbiamo mentito. Ci siamo occupati di loro, ma non abbiamo chiesto loro di occuparsi di niente. Non abbiamo loro insegnato a combattere per la loro felicità. Li abbiamo ingozzati, riempiti di beni – che tra l’altro durano sempre meno, sono progettati per rompersi e dover essere sostituiti – ma non del sogno di poterseli conquistare da soli. Non abbiamo capito che i ragazzi vogliono di più, vogliono l’assoluto, l’eterno, il totale.

Pensavo che questa storia di monsignor Negri avesse stancato, in fin dei conti. Ovvero, mi pareva che tutto quanto potesse essere detto in merito (il molto di insensato e il poco di sensato) fosse stato abbondantemente detto. Forse invece mi ero sbagliato, e dobbiamo ancora riflettere su quello che giorni fa annotava l’ottimo Emiliano Fumaneri:

Negri ha diagnosticato una patologia spirituale ed è stato accusato da dei cristiani anestetizzati di non aver avuto pietà delle vittime. È come se a un medico si imputasse di aver causato la malattia per averla diagnosticata. adinolfi_20170531234520392.jpgQuesto è il dramma. Ma le parole di Negri dimostrano che Dio non ha abbandonato il suo popolo lasciandolo sguarnito di profeti. E questa è la nostra speranza.

Nessuno stupore che contro l’amico Emiliano – e contro l’amica Costanza – come contro lo stesso monsignor Negri sia partita la lapidazione (fortunatamente solo verbale); una delle ultime cose che il protomartire della fede cristiana disse ai suoi aguzzini prima di venirne massacrato fu appunto questa:

O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato?

Atti degli Apostoli 7, 51-52

Un commento “pieno di buonsenso”

E voglio riportare “un commento pacato” che un lettore mi ha affidato due giorni fa pregandomi di pubblicarlo qui su Breviarium. Lo faccio volentieri.


di Leone M.

[…] [Nella sua ormai famosa lettera,] il presule esprime concetti di carattere generale che in linea di principio si possono condividere, anzi, non ho difficoltà ad ammettere che molti di questi concetti mi sono vicini.

Si può concordare sul fatto che la società attuale dia poche ragioni vere per vivere, dato che il senso religioso, del sacro ma anche dell’umano è annacquato, e un laicismo ed un economicismo imperante dominano l’intera società.

È vero che molti di questi giovani hanno avuto molto, o tutto come dice il vescovo, e magari ci sarà anche qualcuno che andrà dallo psicologo per ogni minimo problema, ma non mi sembra la realtà maggioritaria.

Si può discutere, ma non generalizzerei.

Che il male esiste penso che qualsiasi genitore serio lo spieghi ai suoi figli, in diverse declinazioni a seconda delle proprie sensibilità, certo il male come lo intendiamo noi cristiani e cattolici, il diavolo, attualmente sembra sparito dall’orizzonte della nostra società…

Le critiche sui funerali di Dio mi sembrano infelici e ingenerose, ci sono tantissimi preti che si impegnano a diffondere la fede con fatica, impegno e costanza, le testimonianze laiche invece che tanto danno fastidio al monsignore sono appunto laiche, viaggiano sulla sensibilità del mondo moderno, possono non piacere ma non vedo nulla di esecrabile nei peluche o nei fiori a ricordo delle vittime…e i discorsi dei politici, sono discorsi di chi ha una visione laica dell’esistenza, che si può non condividere, ma eviterei toni di di disprezzo…

Sul fatto che non sia una guerra di religione, qui si può discutere, si tratta di una parte minoritaria della religione islamica, che deforma lo stesso credo del vero Islam, o la religione islamica negli ultimi decenni ha assunto toni sempre più aggressivi in parti minoritari ma comunque non inconsistenti dei suoi fedeli, tanto che appare necessaria un riforma seria dei suoi principi in un’evoluzione come quella che ha avuto la nostra religione, in modo da dialogare comunque in modo civile con il mondo moderno, anche avendo punti di vista diversi, ma non arrivare a soluzioni violente delle controversie?

Lascio ai lettori le risposte…

L’ultimo pensiero mi sento di condividerlo in toto, è un appello alla Santa Vergine. Dove ha sbagliato e non poco Monsignor Negri, è in tre frasi a mio avviso piuttosto pesanti, anche all’interno del contesto.

  1. Siete venuti al mondo, molte volte neanche desiderati
  2. Figli miei, siete morti così, quasi senza ragioni come avevate vissuto.
  3. Vite sprecate…

Qui si entra nel merito delle vite personali, nel mistero di ogni esistenza, e di fronte alle esistenze delle persone ci vuole rispetto… e anche le parole vanno pesate, ho visto in questi giorni persone arrampicarsi sugli specchi per giustificare queste affermazioni, il contesto, parlava in termini generali, forse è stato un po brusco, tu condanni una persona, Monsignor Negri difende i valori ecc.

Niente di tutto questo, le parole sono pietre talvolta e non puoi giudicare delle persone in questo modo, i figli che ne sappiamo noi se sono stati desiderati, ogni vicenda umana è talmente unica, che in certe occasioni anche al fine di evitare polemiche serve silenzio e preghiera, basterebbe osservare una semplice regola, quello che ho scritto è meglio che se fossi stato zitto? Atteniamo a questa regola e ne avremo tutti grandi benefici.

Ogni persona poi non è mai sprecata, anche se la colpa dovrebbe essere degli adulti, e nessuno vive senza ragioni, certo le ragioni di un ragazzo non maturo possono non essere le stesse di quando poi si matura, ma la vita è un processo un divenire e quanti di noi rivedendosi a 15 anni non vedrebbero le immaturità e le limitatezze delle ragioni che ci facevano emozionare nell’adolescenza.

Il mondo come diceva bene Flannery O’ Connor è incompiuto, e la sua compiutezza la avremo solo nell’aldilà, quelli che pensano che la felicità è di questo mondo sbagliano e di grosso, e anche quelli che vedono tutto negativo, qui ci sono attimi, barlumi di felicità, anche la contrapposizione che alcuni portano sempre avanti tra progressisti e tradizionalisti non ha molta ragione di essere, Vi è una bellezza della tradizione che rimane duratura nei secoli, il brutto è che a noi tante volte hanno insegnato il tradizionalismo che è la deformazione della tradizione…

Concludo con una battuta del mio amico benedettino Elmar Salman ad un convegno di Manager…e la mandiamo al Vescovo Negri e la teniamo anche per noi a scanso di equivoci…

DIO ESISTE E NON SEI TU!! RILASSATI!!
Rilassiamoci tutti e lasciamogli fare il suo mestiere…


Meno male che c’è ancora qualche profeta

Mi vengono in mente anzitutto le lezioni di Salman, che anche io ho seguito (e avevo Giuliano Ferrara come compagno di banco in quei corsi), ma poi una citazione di De André e una di Agostino. La prima mi pare sintetizzare il discorso dell’amico Leone:

E io ho la faccia usata dal buonsenso
ripeto «Non vogliamoci del male»
e non mi sento normale
e mi sorprendo ancora a misurarmi su di loro
e adesso è tardi, adesso torno al lavoro.

Fabrizio De André, La bomba in testa, 1973

La seconda è la risposta che mi sgorga dal cuore, che con le parole del Vescovo di Ippona retoricamente chiede se possa esistere un cristianesimo “tranquillo”, “rilassato” “che non si voglia del male”:

E vorresti che io non sia preoccupato quando leggo che la vita dell’uomo sulla terra è una tentazione 1? Vorresti che io non sia preoccupato quando ancora mi si dice: Vegliate e pregate per non cadere in tentazione 2? Vorresti che non sia preoccupato quando la tentazione è così diffusa che la stessa nostra preghiera ci obbliga a pronunciare quelle parole: Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori 3? Ogni giorno supplici, ogni giorno debitori. E vorresti che io resti tranquillo, quando ogni giorno debbo chiedere perdono per i peccati e aiuto di fronte ai pericoli? Riguardo ai peccati commessi dico: Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori. E subito dopo, in vista dei pericoli imminenti, aggiungo: Non ci indurre in tentazione. E come fa a trovarsi nella serenità il popolo che, unendosi a me, grida: Liberaci dal male 4?

Agostino, Discorso 256
(sull’Alleluia nei giorni di Pasqua)

Già: se questo è quello che grida il popolo. Ecco che cosa è parlare cristiano, Leone. Parole costanti che lumeggiano quelle di Emiliano, e di Costanza, e di monsignor Negri – tutti gelosamente consci della Grande Speranza infusa nei loro cuori.

Il resto è trambusto, temo, che ben si allea con le ipocrite processioni di “We love Manchester”, la cui profana liturgia, per domenica, sarà già stata diabolicamente compiuta stanotte. Ma ricordiamoci la Rivelazione di Patmos:

La voce degli arpisti e dei musici,
dei flautisti e dei suonatori di tromba,
non si udrà più in te;
ed ogni artigiano di qualsiasi mestiere
non si troverà più in te;
e la voce della mola
non si udrà più in te;
e la luce della lampada
non brillerà più in te;
e voce di sposo e di sposa
non si udrà più in te.
Perché i tuoi mercanti erano i grandi della terra;
perché tutte le nazioni dalle tue malìe furon sedotte.
In essa fu trovato il sangue dei profeti e dei santi
e di tutti coloro che furono uccisi sulla terra.

Apocalisse 18,22-24

Apocalisse: significato e fine della storia

Sì, Leone: non temo di dirlo: il grande concerto dovrà finire strozzato in gola – una o l’altra di queste domeniche – perché dentro Babilonia viene versato ogni giorno il sangue del piccolo Charlie.

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Scena da Metropolis di Fritz Lang, 1927

E tutti stavamo commovendoci al pensiero di Ariana Grande che scrive su Twitter di essere commossa. Il sangue di Abele grida vendetta dal suolo, ed è miserabile la “civiltà” che ride di questo antico mito sacramentale.

In realtà, la visione di Giovanni mostra con chiarezza qual è il momento in cui Babilonia è troppo anestetizzata per percepire il richiamo alla conversione:

E gli uomini bruciarono per il terribile calore e bestemmiarono il nome di Dio che ha in suo potere tali flagelli, invece di ravvedersi per rendergli omaggio.
[…] Gli uomini si mordevano la lingua per il dolore e bestemmiarono il Dio del cielo a causa dei dolori e delle piaghe, invece di pentirsi delle loro azioni.
[…] La grande città si squarciò in tre parti e crollarono le città delle nazioni. Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa di vino della sua ira ardente. Ogni isola scomparve e i monti si dileguarono. E grandine enorme del peso di mezzo quintale scrosciò dal cielo sopra gli uomini, e gli uomini bestemmiarono Dio a causa del flagello della grandine, poiché era davvero un grande flagello.

Apocalisse 16,9-11.21 passim

Ecco: quando il male non interroga l’uomo riportandolo nel proprio intimo – quando non lo spinge a un’autentica conversio – quel male potrà solo indurirne il cuore. Ed è lì l’anticamera della dannazione.


*: Aggiornamento delle 23. Le macchine non verranno spente stanotte. Lo spegnimento è rimandato di una settimana per permettere alla Corte Suprema di studiare il caso (superfluo ricordare che il caso esiste da mesi).

Informazioni su Giovanni Marcotullio 296 articoli
Classe 1984, studî classici (Liceo Ginnasio “d'Annunzio” in Pescara), poi filosofici (Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, PhD RAMUS) e teologici (Pontificia Università Gregoriana, Pontificio Istituto Patristico “Augustinianum”, Pontificia Università “Angelicum”, PhD UCLy). Ho lavorato come traduttore freelance dal latino e dal francese, e/o come autore, per Città Nuova, San Paolo, Sonzogno, Il Leone Verde, Berica, Ταυ. Editor per Augustinianum dal 2013 al 2014 e caporedattore di Prospettiva Persona dal 2005 al 2017. Giornalista pubblicista dal 2014. Speaker radiofonico su Radio Maria. Traduttore dal francese e articolista per Aleteia Italiano dal 2017 al 2023.

3 commenti

  1. Il “pacato commento” di Leone è sconcertante.
    Se dunque “il monsignore” (visto che non è Dio) non dovrebbe infastidirsi per nulla di ciò che insegna alle nuove generazione la “visione laica” di chi controlla i modelli di vita nella società contemporanea; se il medesimo “monsignore” (visto che non ha nessun Potere) non dovrebbe pubblicamente manifestare alcun “disprezzo” per i vuoti miserabili messaggi di un apparato politico che sta distruggendo il futuro e la vita di milioni di nostri ragazzi, cosa dovrebbe fare? Andare a giocare a golf?

    • È un’opzione.
      Però Leone ha il duplice pregio di sintetizzare diversi argomenti del pensiero comune e di esporli in una forma cordiale. Non è scontato che si arrivi a un’interlocuzione così.

  2. Si, le buone maniere fanno sempre la differenza fra il civile e il villano, ed è certamente apprezzabile la cortesia con la quale il signor Leone sta tirando le orecchie al “monsignore”. C’è in effetti un discreto spessore nel velluto dei modi col quale egli cerca di rendere accettabile la durezza dei contenuti.
    Sappiamo bene però cosa s’intende oggi in politica per “visione laica” dell’esistenza, significa la pretesa di orientare tutte le forze sociali verso un impegno collettivo per l’edificazione di una civiltà non semplicemente atea ma anticristiana, dunque antiumana. E dispiace sempre apprendere da un sincero cattolico che, in un momento di svolta così drammatico della storia umana, non si dovrebbe reagire altrettanto drammaticamente.

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