Il tempo storico proiettato verso l’Ottava escatologica

Può trascorrere lentamente in una monodica congerie di giorni che veleggiano verso il nulla; o smarrirsi in un dedalo di intensi attimi, irripetibili ma franti; o ancora scandirsi nelle tappe di una progettualità condivisa. Può essere ingabbiato in sofisticatissimi orologi che ne misurano il trascorrere, o stratificarsi nelle incommensurabili profondità dell’anima. Il tempo ha sempre affascinato l’uomo proprio per questa sua vaga incomprensibilità.

Ci sfugge il tempo, ogni definizione che proviamo a darne ci pare inadeguata appena lasciati i lidi del nostro pensiero per divenire linguaggio, comunicazione intellegibile, discorso pubblico. Rinunciamo, quindi, a definire il tempo e proviamo a raffigurarlo tracciando su due fogli un cerchio e una linea. Il cerchio allude alla concezione greca della cronicità, in cui ogni evento, ogni persona, ciascuna situazione, sempre di nuovo riappaiono indefinitamente; la linea simboleggia la concezione cristiana della cronicità per cui il tempo ha una direzione procedendo da un punto iniziale, rappresentato dalla creazione, verso un punto finale, icasticamente effigiato nel “giudizio universale”. E tra questi due punti si snoda la storia.

Una concezione quella cristiana di cui il marxismo, che ha ben guardare ha immanentizzato il giudizio finale, rappresenta una secolarizzazione più che una smentita. Sì, perché il contrario della concezione lineare non va cercato dopo la Rivelazione ma prima: non è un caso che Bruno nel Rinascimento e più tardi Nietzsche riprenderanno il concetto ellenico della cronicità, ma per farlo, dovranno finalmente annunciare l’avvento di un uomo nuovo. Un uomo capace di sostenere ciò che ai più fa orrore, ciò che la morale degli schiavi aborre: il fatto che ogni gioia, ogni dolore, ogni attimo, ogni palpito, torneranno. È questo l’annuncio del profeta dell’oltreuomo, un annuncio che non ha nulla a che spartire con l’ateismo ottimistico, conciliato, progressivo e progressista, di chi, secondo l’autore della “nascita della tragedia”, si è limitato a sostituire Dio con un suo surrogato.

E i surrogati sono molteplici: la scienza, la classe, oggi potremmo dire la tecnica che, almeno secondo alcuni, non pensa. Ma potremmo anche citare l’acquisto compulsivo, l’idolatria capitalistica del consumo non più confinata ai beni, ma ormai estesa anche alle persone. Con il suo slanciarsi, con quel succedersi di punti sinuosi ma ordinati, la linea nega tutto questo: ci dice lo scandalo supremo che il mondo ha un senso, rintracciabile in un vagito, o in un lamento, nel silenzio della Croce. Un senso che balugina nell’indicibile gioia del Natale. La linea sussurra ancora che il senso della storia è oltre la storia, che la nostra vicenda è una domanda, un rinvio, un cercare pertugi verso un’ulteriorità che sempre ci sfugge..

Ed è per questo inquieto cercare che Agostino, fine indagatore del tempo, non individua le classiche tre dimensioni della cronicità – ciò che non è più; ciò che non è ancora; ciò che, in qualche modo, misteriosamente è –; ma ne aggiunge una quarta: l’eterno. Come il senso della storia si trova oltre la storia, così il senso del tempo si trova oltre il tempo: trapela certo qui, come i raggi di un tiepido sole che faticano a valicare una fitta boscaglia; ma un giorno ci sarà definitivamente intellegibile.

E quel giorno sarà appunto l’ottavo giorno: quando terminerà la linea, quando finiremo la corsa.

Informazioni su Alessio Conti 54 articoli
Nato a Frascati nel 1974, Alessio Conti è attualmente docente di storia e filosofia presso il Liceo Scientifico statale Bruno Touschek di Grottaferrata. Dottore di ricerca in discipline storico filosofiche, ha pubblicato con l'editrice Taυ due libri (Fiat lux. Piccolo trattato di teologia della luce [2019], e Storia della mia vista [2020]). Già docente di religione cattolica per la Diocesi di Roma, è attivo nel mondo ecclesiale all'interno dell'Azione Cattolica Italiana di cui è responsabile parrocchiale del gruppo adulti. Persona non vedente dalla nascita, vive la sua condizione filtrandola grazie a due lenti, quella dello studio, e quella di un'ironia garbata e mordace, che lo porta a vivere, e a far vivere, eventi e situazioni in modo originale.

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