Leucippo e Democrito: la forza dell’atomismo degli Abderiti

Verità sono gli atomi, il movimento ed il vuoto, per il resto abbiamo solo vane opinioni. È questa la lezione dell’atomismo antico che cercò di conciliare il grande principio parmenideo – solo l’essere, immobile ed ingenerato, esiste – con l’evidenza attestata dai sensi del mutamento non casuale delle cose su cui aveva insistito Eraclito.

Fu questo il problema brillantemente affrontato da Leucippo e Democrito complessivamente detti Abderiti, perché fondatori di una scuola nella città di Abdera. Siamo attorno al 460 a.C. quando Democrito inizia una vita intrisa di viaggi e scoperte che dovette essere lunghissima, forse oltre un secolo. Dopo un soggiorno in Magna-Grecia, da cui il suo maestro Leucippo apprese le dottrine eleatiche, Democrito si stabilì ad Abdera continuando però a viaggiare ed acquisendo una vastissima cultura, probabilmente una delle più imponenti per un uomo del mondo antico. Percorse un duplice itinerario: quello geografico alla scoperta di mondi lontani, e quelllo interiore, nel tentativo di risolvere i problemi che l’eleatismo non aveva affrontato, restando comunque in un ambito naturalistico.

Con gli atomisti il razionalismo ellenico diviene veramente potente: senza alcuno strumento di osservazione, ma solo con il dirompente rigore del logos, questa scuola di pensiero postulò l’esistenza di alcuni principî logici. Tale ipotesi, se in senso proprio non trasforma Leucippo e Democrito in precorritori della scienza moderna, tuttavia riesce ad offrire una spiegazione delle origini dei mondi, mirabile per coerenza ed organicità.

Non essendo facile ricostruire le dottrine dei singoli esponenti la denominazione Abderiti, riferita tanto a Leucippo quanto al suo discepolo Democrito che probabilmente ne completò il pensiero, resta la più calzante non solo dal punto di vista storiografico. La loro ipotesi è suggestiva: e se, al fondo del reale, quali suoi costitutivi essenziali non vi fossero che un numero infinito di corpi, invisibili per piccolezza e volume, non ulteriormente divisibili, detti per questo atomi? Questi elementi sarebbero capaci di fluttuare nel vuoto e, aggregandosi e disgregandosi, causerebbero il nascere ed il morire dei singoli enti.

L’atomismo, se non incrina il principio parmenideo, riesce a non contraddire l’esperienza dei sensi, giustificando il mutamento e offrendo con il concetto di vuoto, uno spazio che possa spiegare il dinamismo della realtà in cui ciascun ente diviene incessantemente, al pari del complesso degli infiniti mondi contemporaneamente esistenti. Attinti con il solo pensiero, partendo dall’intuizione che la divisibilità all’infinito dello spazio postulasse necessariamente l’esistenza di atomi non ulteriormente scindibili, tali costituenti della materia posseggono alcune caratteristiche strutturali: come l’essere eleatico che si frantuma in infiniti rivoli, questi atomi sono ingenerati, incorruttibili, differenziati l’uno dall’altro per numero figura e posizione.

Visibili unicamente all’intelletto, questi enti piccolissimi, suppongono il vuoto, non mera assenza di essere, in cui essi fluttuano e si differenziano. Gli atomi che la scienza moderna osserverà sono qualitativamente diversi perché suppongono un altro paradigma ermeneutico che ha il suo fulcro nella dimensione sperimentale propria della fisica post-galileiana. Per questo solo ellenica resta la grandezza di aver scoperto tali costituenti della materia con l’invisibile forza dell’intelletto.

Forse, anche i nostri manuali di filosofia, dovrebbero aiutare gli studenti a comprendere questa grandezza, invece di trasformare gli Abderiti in precursori di concezioni epistemologiche successive. Così si attingerebbe realmente la forza non già di un astratto pensiero, ma di una ragione storicamente situata, tanto potente da immaginare ciò che, in altro contesto e con diversi strumenti, i posteri vedranno. E questo, a ben guardare, è l’omaggio più profondo che si possa tributare alla stessa ricerca scientifica, i cui risultati, provvisori e sempre rivedibili, sono però validi fino a prova contraria. Ed in questa forza, debole e disarmata, risiede il senso ultimo di ogni umana indagine che ultimamente è domanda a quel mistero costituito dalla nostra stessa esistenza.

Informazioni su Alessio Conti 27 articoli
Nato a Frascati nel 1974, Alessio Conti è attualmente docente di storia e filosofia presso il Liceo Scientifico statale Bruno Touschek di Grottaferrata. Dottore di ricerca in discipline storico filosofiche, ha pubblicato con l'editrice Taυ due libri (Fiat lux. Piccolo trattato di teologia della luce [2019], e Storia della mia vista [2020]). Già docente di religione cattolica per la Diocesi di Roma, è attivo nel mondo ecclesiale all'interno dell'Azione Cattolica Italiana di cui è responsabile parrocchiale del gruppo adulti. Persona non vedente dalla nascita, vive la sua condizione filtrandola grazie a due lenti, quella dello studio, e quella di un'ironia garbata e mordace, che lo porta a vivere, e a far vivere, eventi e situazioni in modo originale.

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