La legge invisibile della storia

Anche oggi, come in ogni tempo, gli uomini sperimentano la presenza del male nella storia e si interrogano su questo ospite inquietante dei loro giorni. Ma a differenza di un tempo, con grande facilità cadono vittime di quell’illusione che il sulfureo Julius Evola usava denominare «suggestione positivistica»: la convinzione che la storia umana sia determinata unicamente dai fatti economici, politici, sociali, culturali.

Si trascura così l’esistenza della “terza dimensione” della storia umana: la dimensione spirituale, coi suoi nessi invisibili.

Nella “terza dimensione” valgono leggi ben diverse. Per cominciare, in questa dimensione nessun uomo è un’isola separata, senza legami con la realtà circostante. Chi ha letto Dostoevskij – del quale papa Francesco è grande estimatore – sa bene dell’esistenza del mistero tenebroso della “solidarietà nel male” in virtù del quale nessuno di noi può mai dirsi veramente innocente del male del mondo, perché ciascuno, coi suoi peccati, ovvero con le sue mancanze d’amore, ha contribuito ad alimentare una misteriosa – ma non meno reale – disarmonia nel campo dello spirito. Il dolore, ha scritto Gustave Thibon, va considerato in questo senso una specie di «urto di rimbalzo del male che proiettiamo nel mondo».

Ognuno ha piantato un chiodo nella croce di Cristo. Perciò Pascal poteva dire che Cristo è in agonia fino alla fine del mondo. Tanto è vero che la causa per eccellenza, la causa causarum della Passione di Cristo, così recita il Catechismo del Concilio di Trento, «deve riscontrarsi», oltre che nella colpa ereditaria dei progenitori, «principalmente nei peccati commessi dagli uomini dall’origine del mondo sino a oggi e negli altri che saranno commessi fino alla fine del mondo».

In pieno Ottocento, nel secolo del progresso e delle filosofie positiviste, lo scrittore spagnolo Juan Donoso Cortés individua una legge fondamentale della storia: la correlazione inversa tra temperatura spirituale e temperatura politica. Secondo questa legge quando il termometro religioso sale, quello politico scende, e viceversa. Quando la forza interiore (religione) è bassa, allora cresce la forza esteriore (politica), e ciò vuol dire dispotismo, tirannia.

Con l’abbassamento drammatico della temperatura spirituale si perde inevitabilmente il senso di quello che Gilbert Keith Chesterton chiamava il “paradosso cristiano” (anche detto “paradosso della carità”). In un capitolo mirabile di Ortodossia Chesterton sottolinea un fatto storico di incalcolabile importanza: con l’avvento del cristianesimo il peccatore è stato diviso per sempre dal peccato. Il criminale va perdonato settanta volte sette, il crimine non deve essere perdonato affatto a imitazione del medico che, se davvero è mosso dalla pietà per il malato, non deve avere alcuna pietà per la malattia che lo consuma. Rispetto al pagano, che non aveva pietà alcuna per il criminale, il cristiano è ancora più intransigente verso il furto ma molto più clemente con i ladri.

Ciò è alquanto istruttivo: il cristiano può amare il peccatore solo nella misura in cui odia il peccato. Questo paradosso sta alla base della sollecitudine della Chiesa che, come spiega il grande teologo Réginald Garrigou-Lagrange, «è intransigente per principio, perché crede; è tollerante nella pratica, perché ama». Tutto all’opposto, «i nemici della Chiesa sono tolleranti per principio, perché non credono, e intransigenti nella pratica, perché non amano».

È una legge che non conosce eccezioni: comunisti e nazisti, il vertice del fanatismo politico nel Novecento, non si scagliarono forse allo stesso modo contro la carità cristiana e contro i “peccatori”? Cioè contro i dissidenti che ardirono ribellarsi al nuovo ordine che avevano innalzato? Non lo si ricorderà mai abbastanza: le ideologie totalitarie, rosse o brune che fossero, mostrarono un uguale disprezzo per la carità e la misericordia. Tutte elogiarono e praticarono, al contrario, la durezza di cuore e la ferocia (per esempi di questo ecumenismo dell’anticarità rimando a un mio articolo di qualche tempo fa). Di conseguenza, i totalitarismi politici come nessuno prima nella storia esaltarono tanto il peccato e schiacciarono tanto il peccatore.

È la prova provata che la storia umana è determinata, in ultima istanza, dalla legge dello spirito. Che è legge di libertà. Non dimentichiamolo: dove si eclissa lo spirito sparisce anche la libertà dell’uomo.

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