Anche Mozart doveva aver letto Jo Croissant!

Di tutto questo mi arrivava un’insospettata conferma l’altro ieri, quando per l’ennesima volta riascoltavo quella straordinaria catechesi sull’amore che è Le nozze di Figaro (1786) di Mozart. Non ci avevo mai fatto caso, ma sarà che era venerdì sera, sarà che mi stava arrivando il “supplemento di anima”, sarà quel che sarà… per la prima volta ho notato che nell’aria della contessa Dove sono i bei momenti si riconosce distintamente in incipit la melodia dell’Agnus Dei della Krönungsmesse, scritto sette anni prima e per pura devozione da un Mozart ventitreenne.

Ho rapidamente controllato in rete se avessi per caso preso un abbaglio, e no: già diversi musicologi avevano notato la scelta di Mozart, dandone varie spiegazioni, che però non mi hanno convinto. A mio avviso queste citazioni interne all’opera di Mozart sono – oltre che segni di coesione del pensiero mozartiano – anche “passerelle esoteriche” per trascendere verso livelli di lettura non immediati. Ciò avviene ad esempio nel Don Giovanni, composto pochi mesi dopo il Figaro: l’ultimo momento scherzoso del secondo atto, prima che il dramma si sviluppi nello scontro tragico col Convitato di Pietra, vede l’orchestra privata di don Giovanni eseguire il motivetto del farfallone amoroso, scritto nel primo atto del Figaro, e don Giovanni commenta divertito “Questa poi la conosco pur troppo!”. Tutti sorridono, ma Mozart avverte il protagonista con una profezia: «Non più andrai, farfallone amoroso, / notte e giorno d’intorno girando, / delle belle turbando il riposo, / Narcisetto, Adoncino d’amor». E se Cherubino, nel Figaro, è “solo” un ragazzino con gli ormoni in esplosione, anche a lui Mozart aveva fatto fischiettare in cambio un’aria che fin da allora gli ronzava in testa per il Don Giovanni: quella in cui il seduttore, in vena di avventure, avverte il proprio tirapiedi dicendo “ah, la mia lista doman mattina / d’una decina devi aumentar!”. E pure qui la foga erotica del nobile, rapace, si rispecchia e si preannuncia come possibilità in quella acerba del paggio.

José Joaquín Magón (messicano attivo tra il 1750 e il 1783),
La Divina Pastora – tema mariologico fortunato nelle Americhe (in Europa ha avuto invece una qualche fortuna omiletica il topos di “Maria dolce agnella”).

Così nell’ottava scena dell’atto terzo del Figaro la Contessa riflette su come si sia arrivati al punto che serve da antefatto alla “folle giornata”: si era sposata per amore, non per dovere; il conte l’aveva presa dalla plebe e lei l’aveva ricambiato genuinamente, senza far caso al titolo. Insieme avevano vissuto momenti «di dolcezza e di piacer» che in nulla sembravano inautentici. Mozart insegna che come non si può disperare della propria storia per le sue condizioni di partenza così, viceversa, nessuno può presumere che – date a una storia d’amore condizioni pulite e oneste – esse permarranno tali senza un diuturno esercizio dei due. I quali, insegna il Figaro, non hanno nella coppia, nella storia, nella vita, il medesimo ruolo: il Conte si rende ben conto di essere ingiusto nel tradire la Contessa, e doppiamente perfido quando è lui a sospettare d’infedeltà lei1«[…] e l’onor mio… l’onore! / Dove diamine l’ha posto umano errore!» A. III s. I.; nondimeno, da sé non riesce a sottrarsi a quel ginepraio di vizio e menzogna che è l’ipocrisia donde s’arrugginisce il suo matrimonio.

La Contessa però, nelle sue stanze intona l’Agnus Dei poiché sa che un rimedio si potrà porre anche ai torti e ai tradimenti, e che ne varrà la pena perché il suo “intelletto d’amore” non è stato oscurato:

Perché mai, se in pianti e in pene
per me tutto si cangiò,
la memoria di quel bene
dal mio sen non trapassò?

Poi la musica passa repentinamente dall’Andantino malinconico all’Allegro: la Contessa ha capito che una soluzione potrà esserci.

Ah, se almen la mia costanza
nel languire amando ognor
mi portasse una speranza
di cangiar l’ingrato cor…

Misteriosa, mistica (le parole esprimono un auspicio, è la musica a sottolineare la risoluzione): se abbandonerà ogni ombra di vittimismo e si consegnerà apertamente alla vicenda come Vittima2Due precisazioni s’impongono, a scanso di equivoci su ciò che penso: sono ben consapevole del fatto che che, in date circostanze, alcuni uomini hanno pensato e agito come la Contessa (il che non toglie che una delle due parti sia, almeno principalmente, quella che si immola, e l’altra quella che immola); tutto quanto è scritto qui non può assolutamente valere da puntello per le missioni suicide delle aspiranti crocerossine (anzi, la Contessa si offre in un sacrificio fecondo proprio perché i suoi atti muovono da un bene che almeno in principio era stato dato – le crocerossine si innamorano degli spostati, non c’è paragone)., se scorrerà il suo sangue, quello laverà il torto del Conte (e di tutti gli altri). Ciò che appunto avverrà alla fine. E se il coro finale del Don Giovanni lancia un severo monito sul “fin di chi fa mal”, quello del Figaro ricorda che quando una coppia riesce a rinsaldare il proprio vincolo se ne giovano tutti quanti. Misticamente e (cioè) realmente: «Ah, tutti contenti / saremo così… / saremo così…».

Che questo lo si deva anzitutto all’azione della donna, che sulle tracce di Maria – la Figlia di Sion – “muta la sorte di Eva”, è la sintesi della tesi di Jo Croissant. Tesi audace, sfrontata, “umile ed alta”. Troppo perché non sia (almeno un poco) vera.

[…] Sumens illud “Ave”
Gabrielis ore
funda nos in pace
mutans “Evæ” nomen. […]

Note

Note
1 «[…] e l’onor mio… l’onore! / Dove diamine l’ha posto umano errore!» A. III s. I.
2 Due precisazioni s’impongono, a scanso di equivoci su ciò che penso: sono ben consapevole del fatto che che, in date circostanze, alcuni uomini hanno pensato e agito come la Contessa (il che non toglie che una delle due parti sia, almeno principalmente, quella che si immola, e l’altra quella che immola); tutto quanto è scritto qui non può assolutamente valere da puntello per le missioni suicide delle aspiranti crocerossine (anzi, la Contessa si offre in un sacrificio fecondo proprio perché i suoi atti muovono da un bene che almeno in principio era stato dato – le crocerossine si innamorano degli spostati, non c’è paragone).
Informazioni su Giovanni Marcotullio 296 articoli
Classe 1984, studî classici (Liceo Ginnasio “d'Annunzio” in Pescara), poi filosofici (Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, PhD RAMUS) e teologici (Pontificia Università Gregoriana, Pontificio Istituto Patristico “Augustinianum”, Pontificia Università “Angelicum”, PhD UCLy). Ho lavorato come traduttore freelance dal latino e dal francese, e/o come autore, per Città Nuova, San Paolo, Sonzogno, Il Leone Verde, Berica, Ταυ. Editor per Augustinianum dal 2013 al 2014 e caporedattore di Prospettiva Persona dal 2005 al 2017. Giornalista pubblicista dal 2014. Speaker radiofonico su Radio Maria. Traduttore dal francese e articolista per Aleteia Italiano dal 2017 al 2023.

1 commento

  1. “Ci colpisce tanto, nelle sere di šabbat, quando ci troviamo tutti riuniti attorno alla tavola per rendere grazie a Dio, per gioire insieme della sua presenza, il vedere la bellezza dei volti. Si dice che alla sera dello šabbat si riceva un supplemento di anima, cioè un supplemento della presenza di Dio, e questo si vede sul viso dei fratelli e delle sorelle. Sono molto belli, in quelle sere. I visi che potrebbero essere i più ingrati sono luminosi, come trasfigurati. Il mondo ha bisogno della testimonianza di codesta bellezza interiore.”

    Bello e vero!

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