Contro l’insostenibile soavità del #presepe

Roma: un’attivista di Femen (una 25enne ucraina) ha provato a strappare la statua di Gesù Bambino dal presepe in piazza San Pietro. La donna si è tolta il cappotto rimanendo in topless, ha scavalcato la transenna e si è precipitata sul presepe prendendo in braccio la statua del Bambinello e urlando in inglese «God is woman», ovvero “Dio è donna”: lo stesso slogan che era dipinto anche sulla sua schiena nuda.

A Vatican’s Gendarme carries away a Femen activist as she protests in St. Peter’s Square at the Vatican, 25 December 2014. ANSA/ RICCARDO ANTIMIANI

Montalbano, frazione di Santarcangelo di Romagna: il presepe realizzato (da oltre 25 anni) dagli abitanti sulla scarpata sotto la chiesa lungo la provinciale 11 che da Savignano porta a Borghi e a Sogliano al Rubicone, è stato devastato: statue decapitate, spaccate, addirittura appese agli alberi a testa in giù dall’altra parte della provinciale, Gesù bambino rubato.

Lucca: il presepe realizzato dal gruppo Fratres di Massa Pisana vicino alla chiesa parrocchiale è stato preso di mira da uno o più vandali, che hanno spaccato alcune delle statue a grandezza naturale che componevano la raffigurazione, le altre colpite, rovesciate sull’erba. 3.000 euro di danni.

Truccazzano (Milano): il presepe in legno allestito dall’associazione Opera Verde in prossimità del cimitero cittadino con sagome di legno ritagliate è stato distrutto.

Tessera (Venezia): nella chiesa di Santa Maria Assunta di Tessera i ladri hanno depredato il presepe realizzato da tre abitanti con statuine e scenografie interamente artigianali, e quindi dal grande valore, anche affettivo.

Scaltenigo (Venezia): il presepe realizzato nel giardino della chiesa, con statue in legno alte più di un metro e costruite a mano dai fedeli, è stato vandalizzato: san Giuseppe ritrovato dentro al fossato con l’asinello e una pecora, Maria gettata al fondo della capanna e l’angelo sopra l’auto del parroco. Una pecorella è stata bruciata.

Norbello (Oristano): il presepe realizzato dagli abitanti di Norbello in piazza delle Donne è stato distrutto.

Lodi: il presepe realizzato sul sagrato del santuario delle Grazie in piazza Zaninelli è stato danneggiato: statue buttate a terra.

Brescia: il presepe del Centro Sportivo Padre Marcoli del paese è andato distrutto nel corso di una incursione notturna. Statuette e sagome di compensato prese a calci e colpi di bastone; tutte le luci natalizie trafugate.

Cogollo del Cengio (Vicenza): il presepe allestito dal Gruppo ricreativo e sportivo Casale, davanti alla propria sede, è stato vandalizzato: il Bambinello Gesù è stato spogliato e fatto a pezzi.

Naso (Messina): Il bambinello del presepe è stato distrutto proprio all’interno della capanna allestita in piazza Roma.

Reggio Calabria: il presepe in piazza Matteotti allestito dagli scout che operano sul territorio del quartiere Catona è stato ridotto in cenere da un raid vandalico.

Il presepe preso di mira dai vandali a Dorga (foto di Luciano Ferrari)

I giornali di tutte le località traboccano di notizie simili, archiviate indistintamente come atti vandalici, gesto di ragazzi maleducati, unanimemente condannati da cittadini e istituzioni.

Non saprei che dire, sicuramente in questi gesti si riscontrano almeno tre diversi comportamenti: il furto, il danneggiamento casuale, la distruzione mirata. Forse (e dico forse) qualcuno potrebbe rubare statue di un certo valore solo per rivendersele e ricavare quattro soldi, forse (e ripeto forse) qualche compagnia di mezze teste potrebbe decidere di concludere una serata alticcia dando due calci ad una statua. Ma davvero mi volete dire che spogliare e fare a pezzi la statua di Gesù Bambino sia un gesto senza un significato altro?

Da parte di giornalisti e istituzioni ci si domanda un po’ attoniti chi mai potrebbe aver partorito una simile idea, così scortese e sgarbata, insensata; ci si figura già di inquadrare qualche ragazzotto di provincia, di trovare il solito vuoto pneumatico di valori, esasperato dalla noia nel contrasto tra l’atmosfera natalizia e il proprio cupo malessere; ci si immagina superficialità, maleducazione, idiozia.

Oppure si sottolinea il dispiacere di chi quel presepe aveva allestito: il gruppo di scout delusi, i parrocchiani rattristati, i proprietari delle statue contrariati.

Per il momento l’unico colpevole che abbiamo è la femen di piazza San Pietro, urlante “Dio è donna”, sai che messaggio rivoluzionario. Abbastanza deludente come spiegazione del gesto, non c’è che dire.

Sicuramente qualche profanatore ha voluto sfidare Dio in persona, nella distruzione pianificata del Bambinello, ma anche questa azione ha già in sé la sua sconfitta: come Erode che uccide solo per paura, così chi vandalizza una raffigurazione di Dio rivela tutta la sua fottuta fifa, nonché la miserevole pochezza di fronte al mistero divino. Chi davvero non ha paura di Dio, semplicemente non se ne cale, ma si sa che gli atei veri non esistono (o magari qualcuno si ritiene tale per un periodo della propria vita, prima di tracollare in un odio disperato o in una liberante fede).

Nell’udienza generale del mercoledì, in Vaticano, Papa Francesco, benedicendo i bambinelli del presepe tenuti in mano da alcuni bambini, aveva detto:

Ai nostri tempi, specialmente in Europa, assistiamo a una specie di “snaturamento” del Natale: in nome di un falso rispetto di chi non è cristiano, che spesso nasconde la volontà di emarginare la fede, si elimina dalla festa ogni riferimento alla nascita di Gesù.

Da noi invece, più che una soppressione della santa nascita, è andata in scena la sagra delle strumentalizzazioni politiche: la Meloni ha diffuso un video dove invita tutti gli italiani a fare il presepe al posto dell’albero, perché la Natività incarna i nostri valori culturali e da essa discende anche la nostra visione di rispetto per l’uomo e per la vita. Nessuna traccia di Dio nel messaggio, naturalmente.

La sinistra è corsa ai ripari riempiendo i presepi di immigrati, bambinelli di colore (anche con Maria e Giuseppe bianchi, magia della genetica divina), ambientazioni in gommoni, campi profughi, scenari di guerra, eccetera.

Forse anche per questo si sono visti tanti atti vandalici: assegnare alla Natività significati che non ha, spogliandola dell’unico vero e originario messaggio di salvezza per tutta l’umanità, non può certo ridarle lustro in società, bensì più facilmente ne attira le antipatie diffuse. Non riesco a capire come si possa pensare che esista un contenuto più scioccante di Dio che si incarna in un bambino indifeso, partorito di notte in una catapecchia, da una Vergine. Scusate, ma chissenefrega della cultura, ma che cos’è la cultura in confronto allo tsunami metafisico che travolge chiunque si fermi un attimo a riflettere sull’assurdità di questo evento? Il presepe non incarna la mia cultura, ma la mia fede, che è tutta un’altra cosa.

La Natività non ha alcun bisogno di essere salvata: siamo noi che abbiamo bisogno di questo evento, che ne facciamo memoria con gioia e commozione mediante l’allestimento materiale della scena; siamo noi che costruiamo un’atmosfera che faciliti la nostra comprensione del mistero, perché siamo spesso ottusi e anestetizzati, per cui ci serve anche vedere il Bambinello, sentire le musiche natalizie, lasciarci abbacinare dalle lucette intermittenti.

Anche se le piazze comunali un domani negassero lo spazio per gli allestimenti più importanti, ugualmente il presepe non morirebbe: sono stata in centro due giorni prima del Natale e, percorrendo cento metri di via tra le vetrine, ho contato tre presepi e due allestimenti multipli, dentro i negozi, tra gli abiti, gli orologi e i tubetti di colore, nelle gallerie delle banche. Per un presepe vandalizzato in un prato, altri migliaia restano intonsi negli angoli di tutte le chiese, o nelle case, o nei negozi. E se questo fatto è palpabile in una città rossa e anticlericale come la mia, non oso immaginare cosa si respiri a passeggiare per Assisi, per esempio.

Dispiace tanto vedere un presepe distrutto, per i mille motivi pratici e religiosi che possono esserci, ma l’unico vero grave rischio che in Italia corre il presepe è di essere sfrattato dal nostro cuore, sostituito con le “vasche” al centro commerciale, con una montagna di pacchetti regalo e una gita fuori porta. La contrapposizione violenta non è mai stata una minaccia per il cristianesimo in occidente, bensì un’occasione per rinverdire le proprie motivazioni. È il secolarismo che ci ammazza, il relativismo, la tolleranza indistinta verso tutte le filosofie, l’idea che va bene uguale qualunque cosa.

Ogni volta che osservo il raccapriccio che mi sorge davanti ad uno scempio su un presepe, riscopro la tenerezza per quel Bambino Signore della Vita, la meraviglia attonita di fronte al fatto che possiamo sentirci importanti a raccattare cocci di una statua, che possiamo essere miseramente utili a ricomporre una scena, come la Veronica che asciuga il volto di Cristo.

Questo sentimento confuso, un misto di pietà per Gesù e per noi stessi, ci rassomiglia agli umili pastori che credono all’annuncio e corrono e offrono: i cittadini di Santarcangelo hanno ricostruito il presepe in due giorni, con una soddisfazione simile al soccorritore della croce rossa che medica un ferito. La gente ha lavorato sui manichini come fossero persone, con quella cura, quell’urgenza, quell’amore che solo al figlio di Dio si può riservare.

Vien proprio da dire, con San Paolo:

Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.

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