Verso il “Far West della ricerca” sui cadaveri degli italiani

Rembrandt, La lezione di Anatomia del professor Tulp, 1632

All’unanimità, con un solo astenuto, il Senato lunedì scorso ha approvato uno stringato disegno di legge dal titolo “Disposizioni in materia di utilizzo del cadavere per finalità di ricerca scientifica e di formazione professionale”: 5 articoli, una facciatina di testo e 200 pagine di pareri nel fascicolo.

La relazione introduttiva recita:

La possibilità di utilizzare il cadavere per finalità di ricerca e di formazione professionale costituisce un’opportunità di fondamentale importanza per la scienza medica; in particolare, la donazione del cadavere è funzionale allo studio anatomico (per una migliore conoscenza delle patologie preesistenti della persona), alla pratica chirurgica (come strumento di formazione medica, di sperimentazione di interventi di particolare complessità, di messa in opera di nuove tecniche e apparecchiature) ed anche alla ricerca scientifica (per i cadaveri che sono in condizioni di ottima conservazione).

In particolare, è evidente come un intervento chirurgico su un cadavere possa consentire ai medici chirurghi, sia a quelli più esperti, sia a quelli in fase di formazione, di acquisire o consolidare tecniche di intervento più mirate ed efficaci. In questa prospettiva, promuovere la donazione dei cadaveri a scopo scientifico offre molteplici vantaggi, sia sul piano etico (in quanto consente di evitare la sperimentazione sugli animali), sia sul piano scientifico (per la specificità dell’anatomia umana).

Sotto il profilo medico, tutti i cadaveri possono essere utilmente destinati alla ricerca scientifica, indipendente dall’età del defunto; anche i cadaveri di soggetti di età anziana possono, infatti, contribuire allo studio medico sulle patologie dell’età senile. Ciascun cadavere donato offre molteplici possibilità di utilizzo, in quanto gli interventi che possono essere effettuati sulla medesima salma sono circa un centinaio; inoltre, ciascun cadavere può essere conservato anche per un lungo periodo di tempo.

Quindi la legge si propone di incentivare la donazione del proprio corpo defunto alla ricerca, mediante una campagna pubblicitaria e magari qualche sconto sul trasporto esequie, come già fanno in Lombardia.

Sono tre le categorie di cadaveri che potranno essere utilizzati per scopo scientifici: quelli donati per volontà del defunto, quelli in stato di abbandono o le salme giacenti da oltre sei mesi presso l’autorità giudiziaria.

Vista l’eccezionale concordanza di pareri in parlamento sul disegno di legge, non pare esserci molto da dire a riguardo: sarà senz’altro un’ottima idea.

Oggi pomeriggio, però, sono stata ad un funerale e sono risuonate potenti in me le parole del celebrante a fine liturgia:

«Aspergiamo ora la salma del defunto come segno di benedizione e rispetto per un corpo chiamato a risorgere».

Ecco, nel disegno di legge 2198 non si usa mai la parola “corpo”, ma solo “cadavere”: forse è per questo che mi suscita un’istintiva avversione, come un moto di ripugnanza.

Le autopsie si sono sempre fatte, come pure gli studi e gli esperimenti su cadaveri di poveracci sconosciuti e invisibili, non reclamati da nessuno: anche grazie a queste pratiche la chirurgia si è sviluppata nella storia, soprattutto agli inizi, quando mancavano completamente gli strumenti diagnostici per investigare gli organi interni senza aprire brecce.

Il corpo è nostro, ma noi non siamo il nostro corpo: siamo noi anche senza un arto o con un organo trapiantato. Non possiamo assegnare al corpo un valore assoluto, come di cosa intoccabile, perché è evidente che ciò che conferisce valore al corpo è la persona nella sua interezza, con la sua intelligenza, coscienza e, per chi ci crede, anima. E proprio per questo, martoriare un corpo non gli toglie dignità.

Il problema non è permettere o no la ricerca scientifica sui cadaveri (anche perché su questo non c’è alcun dibattito: è permessa e basta), ma come garantire a quel cadavere tagliuzzato da un’orda di praticanti chirurghi un minimo di dignità e rispetto. Ad esempio, quando si è sfinita la salma, provandoci sopra di tutto (sono possibili circa un centinaio di interventi a cadavere, dice la relazione introduttiva), che fine fa quello spezzatino? Dice l’articolo 4:

Le università e le strutture sanitarie di cui al comma 1 conservano la salma, anche mediante l’utilizzo di metodiche di conservazione che mantengano nel tempo la disponibilità del cadavere e assicurano, al termine del periodo di utilizzo, congrua sepoltura, a proprie cura e spese.

Con apposita comunicazione alla AUSL, al Ministero della Salute e ai parenti.

Non si pongono limiti di tempo alla conservazione, né criteri circa la sepoltura: ad esempio, si potrà pretendere la tumulazione in un cimitero specifico? O il proprio congiunto potrà finire ovunque?

E il funerale? Si fa senza salma? O si fa dopo un numero non precisato di mesi, quando arriva la notifica di fine utilizzo? E l’esposizione alla camera mortuaria? Si potrà portare l’ultimo saluto dopo la morte per qualche ora? O “la ricerca” si porterà via il corpo subito?

Pare ovvio che chi vuole godere del conforto del rito funebre delle esequie difficilmente sarà disposto a cedere il corpo del congiunto ad una asettica “ricerca”, ma i congiunti non avranno, ahimé, voce in capitolo, qualora la volontà del defunto sia stata espressa nelle modalità previste. 

Questo provvedimento espunge la famiglia dall’orizzonte: ciascuno è solo, un individuo a sé stante, che esprime un consenso informato o una volontà testamentaria. Ciò che dopo di lui desidereranno i famigliari non ha alcuna importanza. Non è previsto che i parenti prossimi possano farsi mediatori di una volontà magari esistente ma non formalizzata, per cui non si può donare alla ricerca il cadavere di un congiunto senza il consenso previsto e, parimenti, non si può bloccare questa procedura se il consenso c’è.

La normativa vigente tutela il cadavere quale oggetto del sentimento di pietà, non in quanto soggetto di diritti o di altri legittimi interessi, perché la persona fisica cessa di essere un soggetto giuridico con la morte. Il codice penale prevede disposizioni relative ai delitti contro la pietà per i defunti: art. 407, violazione del sepolcro; art. 408, vilipendio delle tombe; art. 409, turbamento di un funerale o di un servizio funebre; art 410, vilipendio di cadavere; art.411, distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere; art. 412, occultamento di cadavere; art. 413, uso illegittimo di cadavere.

Il riscontro diagnostico, l’autopsia giudiziaria, l’iniezione conservativa, il prelievo di parti a scopo scientifico, didattico o terapeutico, l’imbalsamazione e la cremazione sono interventi lesivi del cadavere resi leciti da esplicite norme.

Al momento vale l’art. 32 del regio decreto n. 1592 del 31 agosto 1933, che recita: 

I cadaveri il cui trasporto non sia fatto a spese dei congiunti compresi nel gruppo familiare fino al sesto grado o da confraternite o sodalizi che possano aver assunto impegno per trasporti funebri degli associati e quelli provenienti dagli accertamenti medico-legali (esclusi i suicidi) che non siano richiesti da congiunti compresi nel detto gruppo familiare, sono riservati all’insegnamento ed alle indagini scientifiche.

In sostanza, finora i corpi spezzettati dalla ricerca non avevano parenti, a nessuno importava di loro. Con questa legge, tutto cambierà: potrà succedere che il corpo da sottrarre sia quello di tuo marito, di tua moglie, e neanche lo sapevi che avessero firmato un consenso a riguardo. Non basta lo shock della morte, magari improvvisa: pure il ratto del corpo.

Io capisco le necessità della scienza, ma credo che servano più di cinque articoli e venti righe per disciplinare questa materia: la pietà per il corpo di chi si è amato non è un sentimento da sopprimere, deridere, ignorare. Lo so, si tratta di un cadavere, ormai la vita non c’è più, ma il modo con cui viviamo gli ultimi riti è molto importante per incanalare nella giusta direzione il dolore di una perdita. Ho conosciuto una anziana coppia che ha fatto cremare il figlio morto in un incidente, seguendo le sue volontà, e poi ha sparso le sue ceneri in giro per il mondo, come da lui richiesto. Ora non si dà pace, perché non ha una tomba su cui deporre un mazzo di fiori, una foto, una lacrima. Se da millenni l’uomo usa tanta cura per la sepoltura dei defunti, ci sarà un perché, nel profondo del suo spirito.

Bodyworlds Berlino1Un ottimo approfondimento di Giovanni Marcotullio su una mostra che, in nome della scienza,
fa del corpo un oggetto da esposizione e una fonte di profitto: www.academia.edu/4039294/Il_corpo_intramondano._Note_antropologiche_ed_estetiche_sulla_mostra_Body_worlds_prospettiva_persona_79_2012_19-22
One of the specimens in “Body Worlds 2” is seen at the Museum of Science in Boston in 2006. (Michael Dwyer/Associated Press)

Note

Note
1 Un ottimo approfondimento di Giovanni Marcotullio su una mostra che, in nome della scienza,
fa del corpo un oggetto da esposizione e una fonte di profitto: www.academia.edu/4039294/Il_corpo_intramondano._Note_antropologiche_ed_estetiche_sulla_mostra_Body_worlds_prospettiva_persona_79_2012_19-22

1 commento

  1. Non dimentichiamo che il nostro corpo è templo dello Spirito Santo dunque va rispettato….
    io sono contraria a questa legge, come in tanti legge di morte, senza cuore.

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