Erica, mi riconosci? Sono Cristina…

di Cristina Marginean Cocis

Cara Erica,

la-porta-giallaTi scrivo e cerco di immaginare il tuo volto, la tua voce, le tue mani. Non è facile scrivere ad una persona sconosciuta che ha camminato per gli stessi corridoi e ha aspettato davanti alle stesse porte alle quali ho aspettato anch’io. Siamo lontane eppure così vicine, siamo due sconosciute che però, hanno provato la stessa intensità di angoscia e dolore, la stessa qualità di speranza nella disperazione e lo stesso gusto della battaglia ardua con il pensiero della malattia. È più forte di me questa ricerca di te e vorrei alzare il telefono e chiamarti per comprimere il tempo e la mia pazienza, per conoscerti meglio, ma mi fermo, mi fermo e non lo faccio. Rileggo invece in silenzio le tue parole e ripasso le righe del tuo libro: rimango per un po’ nel tuo testo, nel tuo lavoro liberatorio e nella tua fatica, cercando di arrivare così, più vera, più autentica da te.

Sono Cristina Marginean Cocis, 40 anni, mamma, moglie, insegnante. Sono arrivata in Italia con una borsa di studio. Qui ho conosciuto mio marito e, in seguito, siamo stati mandati a Udine in missione. Vivo in Italia da quindici anni ormai. Cara Erica, sai, ho scritto anch’io un libro ispirato da un’esperienza simile alla tua: il suo titolo, Zero Positivo. L’ho scritto per ricordare che potevo ancora essere in grado di arrivare da me, arrivare fino in profondità dove risiedono i pensieri più dolorosi e più spaventosi e perché no, quelli più importanti. L’ho scritto perché non volevo scrivere una lettera d’addio alla mia piccola che pensava di non rivedere mai più la sua mamma, ho scritto per non morire.

Avevo 33 anni e aspettavo il nostro secondo figlio. Il giorno del nostro anniversario di matrimonio ci siamo vestiti elegantemente per uscire e festeggiare insieme. Ci siamo fermati in ospedale solo per un emocromo di controllo… Quel giorno mi è stata diagnosticata una leucemia promielocitica acuta e mi davano solo 3 giorni di vita. Mi ricordo tuttora la manina della mia bambina (quattro anni) come mi stringeva forte, tremante, spaventata. Mi hanno trattenuta lì, senza la possibilità di tornare a casa. Così è cominciato il mio cammino e così è cominciata la mia ricerca. Qualcuno di molto caro mi diceva che i libri si devono parlare. Credo che sia proprio questo il caso. Il romanzo Zero Positivo comunica segretamente, attraverso emozioni e fatiche intense, con il tuo libro. Premetto però che Zero Positivo, non è un libro su “io ho vinto la malattia” anche perché non penso di avere meriti per cui ora sono bene e sono accanto ai miei cari: la professionalità dei medici della Clinica Ematologica di Udine, il sostegno concreto e costante della mia famiglia e degli amici mescolato con l’amore di Dio, hanno fatto tutto. Io, ho solo cercato di vincere me stessa.

Ho sempre pensato che, per scrivere un libro, bisognasse essere… attempati, pieni di ricordi ben organizzati, già masticati e “digeriti” da tempo! Le idee si prendono a pugni per poi far pace e, di nuovo – divertite dalla mia incapacità di guidarle – gironzolano indisturbate nel profondo dell’anima. Si immergono e risalgono senza un ordine preciso. Vengono alla luce, spinte da qualche battito irrequieto, da qualche impressione con profumo di ricordo, da qualche distante flashback. Potrei giurare che i miei pensieri mi prendono per mano per portarmi via con loro tra i meandri della memoria, nel cuore di tenebra della sofferenza per poi schizzare su, su fino all’infanzia felice e soleggiata che, annidata nel mio cuore, mi protegge dalle paure. Mi sento tremare dentro e avverto quasi il gusto della paura. Chiudo gli occhi e…

Cute-Girl-Rain-Window-Background.jpgQuesta è la mia partenza, così inizia la mia strada, la mia strategia sviluppata tra domande edificatrici e paure frastornanti.

Che triste e imponente testimonianza della Vita. Che illusoria diventava la mia esistenza nell’imminenza della morte; eppure, nonostante la gravità della situazione, continuavo, caparbia a farmi domande senza risposta: «È questo quello che siamo? Esseri fatti di gioie e disperazioni, esseri minuscoli creati per un secondo? È questo quello che siamo?… Piccoli orologi equipaggiati di un’anima, dai quali scorre via il tempo? È questo quello che siamo, finissime linee tra due mondi – la vita e la morte – paralleli eppure così vicini da trovarsi in qualsiasi momento a rischio di collisione? Può anche darsi… Eppure siamo gli unici che osiamo a farci domande anche quando ci troviamo schiacciati, anche quando di caldo, dentro, si trova soltanto il cuore. Mirabile e dolente, la nostra esistenza che brucia tra domande e stati d’animo, tra imponderabili ipotesi e infime ambizioni di “esseri superiori”! Ah, che ridicolo! Superiori a cosa? Siamo capaci di essere superiori al nostro orgoglio? Siamo noi capaci di sognare con animo puro? Siamo capaci di lasciarci bruciare fino all’ultimo respiro per amore?».

Il mio dialogo con Dio mi teneva in vita. C’erano troppe domande da fare ed erano troppe le risposte da trovare. Non potevo andare via così, con il cuore di mio figlio tra le mani!

9788875414894_0_0_1499_80.jpgRiconosco che mentre leggevo il tuo libro le parole si staccavano dalle pagine, facendomi rivivere tante paure e mi pareva di tornare lì, nella mia stanza asettica d’ospedale. Questo però, mi ha spinta a considerare quel periodo come il mio deserto da attraversare con la fede in Dio e con la speranza che un giorno, sarei riuscita a trovare la mia oasi.

Continua a lottare e a sorridere cara Erica perché

non c’è niente che possa produrre il buio; c’è un sole immenso che produce la luce… e allora, perché aver paura?

 

Sperando che un giorno anche tu potrai leggere la mia storia
per incontrarmi tra le righe
così come io ho incontrato te,
ti abbraccio
con affetto.

Tua,
Cristina


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1 commento

  1. Molto intenso, Cristina, grazie. Dio conceda la forza ad ogni persona che si ammala di cancro di non soccombere fisicamente e spiritualmente.

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